Tumore del collo dell’utero: cos’è e come si cura
Il tumore del collo dell’utero (o della cervice uterina) è tra le neoplasie più diffuse tra le donne in tutto il mondo. Ad oggi, questo tumore rappresenta ancora problema importante per l’oncologia, soprattutto nei Paesi poveri. Secondo i dati raccolti ne I numeri del cancro in Italia 2020, si sono stimati 2.365 nuovi casi di tumore della cervice uterina, una neoplasia che occupa il quinto posto nella classifica dei tumori più comuni per le donne di età compresa tra 0 e 49 anni, dopo il tumore al seno e al colon-retto.
Nonostante si tratti di una forma tumorale largamente diffusa, quello al collo dell’utero può essere facilmente prevenuto. Lo strumento di prevenzione più semplice è uno screening ginecologico che può essere realizzato tramite test Hpv o Pap test. In particolare, dal momento che questo tumore non si forma immediatamente, ma potrebbe farlo a partire da lesioni note come precancerose, la diagnosi precoce risulta un elemento chiave nel trattamento di questa neoplasia. Proprio in occasione della giornata mondiale contro il Papilloma virus, in Emilia-Romagna è possibile usufruire di uno screening gratuito sottoponendosi a test Hpv o Pap test.: oltre un milione e 200mila donne, tra i 25 e i 64 anni, ne potranno usufruire.
Come si forma il tumore del collo dell’utero?
Il tumore del collo dell’utero o della cervice uterina colpisce la parte più esterna dell’utero, l’organo cavo che, insieme alle ovaie, alle tube di Falloppio, alla vagina e alla vulva costituisce l’apparato riproduttivo femminile. In particolare, l’utero gioca un ruolo chiave durante la gravidanza: accoglie l’ovulo fecondato, ne consente lo sviluppo ed infine permette l’espulsione del feto al termine della gravidanza.
Il tumore del collo dell’utero, proprio come suggerisce il nome, colpisce il segmento che mette in collegamento la cavità uterina e la cavità vaginale ed è noto come collo dell’utero. Essendo il suo rivestimento composto da due tipi cellulari, cellule squamose e ghiandolari, i tumori che si possono generare sono o il carcinoma a cellule squamose o l’adenocarcinoma. La giunzione tra l’epitelio squamoso e quello ghiandolare, la giunzione squamo-colonnare, può essere soggetta a delle infiammazioni per le quali si genera un terzo tipo di epitelio detto di “riparazione”. Quest’ultimo porta alla formazione di un’area detta zona di trasformazione, da cui ha origine la maggior parte dei tumori.
Quali sono i sintomi del tumore del collo dell’utero?
Partendo dal presupposto che il tumore del collo dell’utero può essere asintomatico, esistono alcuni sintomi caratteristici che possono rappresentare un campanello d’allarme. Tra questi ci sono, per esempio, perdite di sangue anomale (dopo un rapporto sessuale, intermestruale o in menopausa) o perdite vaginali senza sangue. Se la malattia è in stadio avanzato il sanguinamento può essere accompagnato da un dolore pelvico che può arrivare a riguardare anche gli arti inferiori. Inoltre, le forme tumorali più diffuse possono arrivare ad ostruire le vie urinarie, provocare dolori alla schiena e causare la formazione di edemi.
Fattori di rischio e diagnosi
Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’infezione da papilloma virus umano (HPV) che si trasmette per via sessuale. Oltre a quest’infezione, esistono altri fattori che possono intervenire nello sviluppo di questa forma tumorale. Alcuni esempi sono il fumo di sigaretta, la presenza in famiglia di parenti strette con questo tumore, l’obesità e malattie sessualmente trasmesse (infezioni da Chlamydia, Herpes Virus, etc.).
Gli HPV sono una famiglia di virus responsabili di un’infezione molto diffusa nella popolazione e che viene trasmessa prevalentemente per via sessuale. I ceppi del papilloma virus sono non solo molto numerosi, ma anche estremamente diffusi: circa il 75% delle donne è entrata in contatto con questo virus almeno una volta nella vita. Infatti, si tratta di un’infezione abbastanza comune che normalmente si presenta come asintomatica e si risolve spontantaneamente. In alcuni casi può provocare delle lesioni neoplastiche di tipo benigno (condilomi), chiamati anche verruche genitali, oppure può generare delle lesioni che, se non opportunamente trattate, possono generare tumori.
Il vantaggio grande di questa forma tumorale è il fatto di essere prevenibile. Basti pensare che colpisce un organo che può essere facilmente controllato ginecologicamente, tramite controlli effettuati regolarmente. Inoltre, esistono strumenti che permettono di rilevare le lesioni precancerose e l’infezione da Papilloma virus. La prevenzione è quindi la chiave nella lotta contro questa forma tumorale. Esistono due forme principali preventive:
- La vaccinazione contro gli HPV
- Esami di screening
La prevenzione primaria contro il tumore del collo dell’utero è la vaccinazione contro le forme più comuni degli HPV, come gli HPV16 e 18, responsabili del 70% dei casi di tumore cervicale. Questo vaccino si è dimostrato molto efficace nel prevenire i precursori del carcinoma. Il massimo beneficio si ottiene prima dell’esposizione all’HPV, mentre la sua efficacia diminuisce se è presente un’infezione da HPV16 o 18 al momento della vaccinazione.
La prevenzione secondaria, invece, è rappresentata dai test di screening come il Pap test o gli HPV test. Durante questi test di screening, l’operatore si avvale dello speculum, uno strumento in grado di dilatare leggermente l’apertura vaginale in modo da permettere una buona visualizzazione del collo dell’utero. Dopodichè, tramite una spatola, viene raccolta una piccola quantità di cellule e muco rispettivamente dal collo dell’utero e dal canale cervicale. A questo punto, il campione è pronto per essere analizzato in laboratorio, dove vengono verificate le caratteristiche delle cellule prelevate durante il test.
Si tratta infatti di un esame citologico, in cui, tramite osservazione al microscopio e appositi metodi di colorazione dei campioni di tessuto, si possono rilevare caratteristiche cellulari ben precise. Si possono osservare, ad esempio, cellule normali, cellule affette da alterazioni benigne, altre alterate a causa di un processo infiammatorio ed altre anomalie più sospette. Queste ultime rientrano in quello che viene definito concetto CIN (Cervical Intraepitelial Neoplasia): comprende tutte quelle anomalie che evidenziano una proliferazione cellulare atipica che potrebbe volvere verso il tumore al collo dell’utero.
Come si cura il tumore del collo dell’utero
La scelta del trattamento da utilizzare dipende dal grado di invasione del tumore e della sua estensione al momento della diagnosi. Generalmente, i metodi più comuni, presi singolarmente o combinati, sono: chirurgico, chemioterapico e radioterapico. Il primo approccio è quello chirurgico, in cui la porzione di tessuto malata viene rimossa senza intaccare l’organo. L’isterectomia radicale è, invece, la soluzione a cui si ricorre quando il tumore si è infiltrato negli strati più profondi della cervice uterina.
L’intervento chirurgico può essere combinato con altri trattamenti, come ad esempio la radioterapia interna. A seguito della rimozione del tessuto canceroso, è possibile avvalersi della brachiterapia, durante la quale si introduce una sorgente radioattiva direttamente nella cavità tumorale. Questo trattamento è piuttosto specifico, infatti, è in grado di colpire specificamente la zona situata intorno alle sorgenti di radiazione, risparmiando i tessuti sani. In ogni caso, la radioterapia non preclude per la donna la possibilità di rimanere incinta in seguito alla malattia, pur sempre nel caso in cui sia fatto un trattamento di preservazione della fertilità. La chemioterapia è invece meno utilizzata e trova più applicazione nelle forme più avanzate e infiltranti del tumore della cervice uterina.
Ad oggi, gli strumenti di screening hanno drasticamente ridotto la mortalità causata da questo tumore e, grazie alle campagne e agli strumenti di prevenzione, si può pensare che in futuro questa malattia possa diventare una patologia rara ed essere perfino eradicata.