Medicina

Tumore dell’ovaio: pap test può diagnosticarlo fino a sei anni prima

Il tumore dell’ovaio, o carcinoma ovarico è una neoplasia maligna che attacca le ovaie, cioè le gonadi femminili. E’ il sesto tumore più diffuso fra le donne. In Italia, si registrano quasi 5 mila nuovi casi ogni anno. Si stima che nel corso della vita 1 donna italiana ogni 74 sviluppi un tumore dell’ovaio. I fattori di rischio possono essere diversi: dal menarca precoce e menopausa tardiva, dall’obesità, da storie di endometriosi. La storia familiare gioca un ruolo fondamentale, in quanto la presenza della mutazione dei geni BRCA 1-2 conferisce un aumento del rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio e della mammella. La sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi varia in funzione dello stadio di malattia, dal 80-95% nel I stadio al 60-65% nel II stadio, fino al 20% negli stadi III-IV. Purtroppo, però, non presentando sintomi specifici, il tumore dell’ovaio si muove silenzioso e, nella maggior parte dei casi, viene diagnosticato in stadi avanzati, riducendo la possibilità di sopravvivenza. In questo sta la forza del nuovo studio, condotto dagli scienziati dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, in collaborazione con l’ospedale San Gerardo di Monza e l’università di Milano-Bicocca: un pap test capace di diagnosticare il tumore dell’ovaio, fino a sei anni prima.

Come può il nuovo pap test diagnosticare il tumore dell’ovaio

L’analisi di pap test di donne che, in futuro, avrebbero sviluppato il tumore dell’ovaio ha condotto gli scienziati alla nuova scoperta, pubblicata, poi, anche su Jama Network Open. I ricercatori, infatti, hanno riscontrato, nei pap test effettuati in precedenza, la presenza della proteina P53 alterata. P53 è una proteina che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di soppressore tumorale, tanto da essere definita “guardiano del genoma“. Il team di ricercatori è fiducioso, visti i risultati ottenuti, ma il dirigente del Dipartimento di Oncologia del Mario Negri Maurizio D’Incalci spiega: “E’ uno studio retrospettivo che deve essere considerato con prudenza perché attuato in pochi casi, ma i dati sono estremamente incoraggianti. Tanto che attiveremo collaborazioni con i principali centri ricerche per valutare questo test su un grande numero di casi”.

Pap test – credits: youtube.com

Le ipotesi alla base del nuovo studio relativo alla diagnosi del tumore dell’ovaio

La ricerca è nata dall’ipotesi che si possano staccare, sin dalle prime fasi, cellule maligne dall’organo che collega l’ovaio alla cavità uterina, cioè la tuba di Falloppio. Nella tuba di Falloppio, in genere, nasce la maggior parte dei carcinomi sierosi di alto grado dell’ovaio (80% dei casi di tumore maligno dell’ovaio). Una volta che le cellule tumorali raggiungono il collo dell’utero, possono essere prelevate con un test di screening come il pap test, comunemente utilizzato per diagnosticare precocemente il tumore del collo dell’utero. I ricercatori sono andati quasi a colpo sicuro, andando ad analizzare immediatamente la P53, trovando conferma nelle loro ipotesi: risultava alterata. Questa proteina, in forma alterata, è causa di molti tumori, ma negli studi effettuati dagli scenziati, presentava la mutazione tipica dei tumori ovarici. D’Incalci dichiara: “Il dato più interessante è che abbiamo dimostrato la presenza di Dna tumorale da carcinoma ovarico in Pap Test prelevati in pazienti fino a 6 anni prima della diagnosi di tumore dell’ovaio. Ed è stata identificata in modo chiaro la stessa mutazione clonale della proteina p53 che si ritrova in quel tumore”.

La ricerca sul tumore dell’ovaio prosegue

Negli anni, molti studi sono stati portati avanti nel tentativo di individuare biomarcatori precoci del tumore dell’ovaio, ma senza ottenere buoni risultati. Perciò, la presente ricerca è importantssima e bisogna approfondire. E’ necessario effettuare ulteriori studi sui pap test effettuati a donne che hanno poi sviluppato il tumore dell’ovaio. Il docente Robert Fruscio di Ginecologia e Ostetricia dell’Università Bicocca di Milano afferma: “la scoperta fatta dai ricercatori italiani è di grandissimo significato”. Il dottor Fruscio è anche responsabile della sperimentazione presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, in cui è stata avviata in pazienti a rischio di tumore ovarico (con mutazioni Brca 1 o 2) una raccolta prospettica di pap test “per verificare la validità della metodica in tempi ragionevolmente brevi”.

Published by
Antonella Barone