Un passo avanti nella cura del tumore al rene: si basa sulla combinazione di due farmaci, nivolumab e cabozantinib, fino ad ora utilizzati come monoterapia in seconda linea e che ora sono stati presentati come trattamento di prima linea al posto della cura standard basata sul farmaco sunitinib. I risultati sono stati ottenuti dallo studio di fase 3 CheckMate-9ER e sono stati esposti al convegno della Società europea di oncologia medica (Esmo 2020) dall’Harvard Medical School.
I risultati con la terapia combinata sono stati statisticamente significativi e clinicamente rilevanti. Il rischio di progressione o di morte è stato ridotto di quasi il 50%, la morte è stata ridotta del 40% e il tasso di risposta è raddoppiato
Una scoperta di notevole importanza che diventerà un’importante opzione terapeutica per il trattamento di carcinoma a cellule renali avanzato.
Cosa troverai in questo articolo:
Il Carcinoma a cellule renali avanzato
Il carcinoma a cellule renali rappresenta la più diffusa neoplasia maligna del rene ed è responsabile del 90-95% dei tumori renali primitivi maligni. Questo tumore è piuttosto aggressivo e può scatenare la formazione di trombi nella vena renale, che occasionalmente si propagano alla vena cava. È possibile inoltre che metastatizzi in diverse parti del corpo tra cui linfonodi, polmoni, fegato, cervello e ossa.
Quello al rene è un tumore difficile da curare, soprattutto per l’alta percentuale di casi che lo scoprono in fase già avanzata. Globalmente, il tasso di sopravvivenza a cinque anni, nei pazienti con diagnosi di tumore del rene metastatico o avanzato, è del 12,1%. L’asportazione dell’organo o la resezione parziale della massa cancerosa rimangono la strategia di prima linea, seguite da chemoterapia e radioterapia. Tuttavia, questi trattamenti si sono dimostrati per lo più inefficaci nei casi di neoplasie con metastasi, e la ricerca sta studiando nuovi approcci terapeutici. Negli ultimi anni sono stati ottenuti risultati incoraggianti con l’immunoterapia, che adotta molecole capaci di stimolare il sistema immunitario del paziente contro il tumore, e con inibitori dell’angiogenesi tumorale, cioè inibitori della proliferazione dei vasi che vanno ad alimentare il tumore. Tra queste soluzioni sicuramente quella dello studio CheckMat-9ER rappresenta un punto di svolta.
Lo studio CheckMat-9ER
I risultati sono stati ottenuti dallo studio internazionale di fase 3 CheckMate-9ER e sono stati presentati recentemente all’ESMO 2020. Per poter partecipare allo studio, i pazienti dovevano avere almento 18 anni di età e dovevano presentare un tumore al rene in stadio avanzato o metastatico non trattato, in aggiunta ai criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi (RECIST). Una volta selezionati, i pazienti sono stati randomizzati 1:1 a ricevere la combinazione di nivolumab e cabozantinib o la cura standard sunitinib. I pazienti sono stati monitorati per un arco di tempo di 18 mesi durante i quali il trattamento è stato somministrato fino alla progressione della malattia o al raggiungimento di una tossicità inaccettabile. Gli endpoint dello studio che sono stati considerati sono: la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR). Durante lo studio PFS, OS e ORR sono stati monitorati e registrati. La sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata di 16,6 mesi con nivolumab/cabozantinib, mentre di 8,3 mesi per i pazienti trattati con sunitinib. La combinazione dei due farmaci è risultata anche avere un profilo di sicurezza gestibile con un basso tasso di interruzioni del trattamento in pazienti con RCC avanzato. L’ORR è stato raddoppiato con la somministrazione di nivolumab/cabozantinib rispetto a sunitinib. Infine, per quanto riguarda l’OS, la sopravvivenza globale non è stata raggiunta in nessuno dei due casi. Nonostante ciò, la combinazione di nivolumab/cabozantinib ha mostrato una riduzione del 40% del rischio di morte. Cabozantinib crea un microambiente tumorale che aumenta l’efficacia dell’immunoterapia, consentendo un’attività antitumorale sinergica in combinazione con nivolumab.
I risultati di questo importante studio, CheckMate -9ER, dimostrano chiaramente che la combinazione di cabozantinib e nivolumab offre un beneficio clinicamente significativo nelle misure chiave di efficacia in termini di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale in pazienti con tumore del rene non trattati precedentemente
I risultati sono impressionanti come notificano molti esperti, e nonostante la strada da percorrere preveda ancora alcuni accertamenti, questa cura potrebbe rappresentare un trattamento di prima linea per la cura del tumore al rene.
Ricercatrice presso l’Istituto Italiano di Tecnologia, classe 1993, laureata in Ingegneria Biomedica. Il laboratorio è la mia seconda casa. Appassionata da sempre, non solo alla scienza, ma anche alla danza, alla montagna e a viaggiare.