Tumore al seno: i mammografi italiani obsoleti o efficienti?
Ottobre è il mese della prevenzione al tumore al seno, prima causa di mortalità nelle donne con un tasso pari al 17% e, si stima che 1 donna su 8 nell’arco della propria vita è costretta ad affrontarlo perciò, una precoce diagnosi implica maggiori probabilità di successo ma, i mammografi italiani sono davvero efficienti oppure no?
Infatti, il primo strumento di diagnosi ma, soprattutto di prevenzione è la mammografia, test radiologico a cui la paziente si sottopone ad intervalli regolari nel tempo, solitamente ogni 2 anni, per rilevare precocemente eventuali alterazioni che possono indurre in tumore al seno.
Mammografia: come funziona
I principali componenti del mammografo sono la sorgente di raggi X e una pellicola radiografica, sulla quale si formerà l’immagine dell’oggetto in base ai RX che saranno riusciti ad attraversare il corpo.
Il principio di funzionamento alla base è: posizionare il seno nel mezzo tra i due componenti principali, colpirlo con un’opportuna quantità di radiazioni (circa 0.7 mSv) e, successivamente osservare la pellicola radiografica dove viene ricreata l’immagine in scala di grigi.
È da sottolineare che, un apposito macchinario provvederà a “comprimere” il seno per uniformare il tessuto al fine di aumentare la qualità dell’immagine in quanto la riduzione dello spessore del tessuto che i raggi X devono penetrare fa diminuire la quantità di radiazione diffusa, responsabile della degradazione del risultato.
Inoltre, ogni tessuto ha una capacità differente di interazione con le radiazioni, infatti corpi radiopachi appaiono bianchi perché assorbono completamente i RX mentre, le parti che le trattengono parzialmente o per nulla appariranno più scure.
In particolare, il tessuto adiposo appare più scuro, mentre le microcalcificazioni o i noduli densi a margine irregolare appaiono più chiare.
Ovviamente, una diagnosi precoce permette maggiori probabilità di recupero dal tumore al seno ma, ciò può avvenire solo se si effettuano regolarmente visite e le apparecchiature nelle strutture sanitarie non sia obsolete.
I mammografi in Italia
Il primo censimento sulle apparecchiature mediche in Italia, effettuato dal Ministero della Salute, risale al 2002 e, si è stimato che il 23% dei mammografi censiti supera i 10 anni e il 44% ha oltre 8 anni di età.
Dall’ultimo, invece, nel 2017 è emerso che, i mammografi con più di 10 anni sono diventati circa il 29.3%.
In questi dati, non vengono distinti i due tipi di mammografi presenti negli ospedali italiani: analogici e digitali.
Quest’ultimi, di cui si contano circa un migliaio in Italia, sono più efficienti rispetto ai primi perché garantiscono una definizione dell’immagine più precisa, una migliore capacità diagnostica e minor esposizione alle radiazioni.
Tuttavia, si registrano ancora attivi ben 865 mammografi analogici, di cui la maggior parte con un’età di oltre 10 anni, ciò implica che l’84% di essi sono considerati inefficienti perché non in grado di individuare le piccole lesioni.
Per evitare inutili allarmismi, mi sento comunque di sottolineare che il programma di controlli di qualità su questo tipo di apparecchi, sia analogici sia digitali, è serratissimo: prevede test sia quotidiani sia mensili e ogni 6 mesi il macchinario viene fermato per verifiche più approfondite sia riguardo alla qualità delle immagini sia per quanto concerne la quantità di radiazioni emesse
afferma il dottor Panizza, primario dell’Unità di Radiologia Senologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Mammografi obsoleti significa maggiori rischi
Avere delle apparecchiature mediche con una scarsa efficienza implica un maggiore costo per il sistema sanitario nazionale e cure più lunghe per la paziente.
Infatti, strumenti non adeguati comportano l’esposizione a maggiori radiazioni non necessarie con annessa riduzione della capacità diagnostica che, comporta maggiori falsi negativi e un ritardo nella diagnosi del tumore al seno.
L’auspicio è che lo stesso Ministero prenda l’iniziativa per un miglioramento in questa direzione. Per tornare al paragone con le automobili: oggi vengono promossi incentivi per chi passa ad auto meno inquinanti. Perché non fare lo stesso con i mammografi ed incentivare con una serie di vantaggi quelle strutture che si impegnano a sostuire periodicamente i propri apparecchi?
conclude Panizza.