L’udito è l’ultimo senso a lasciarci: lo studio con i potenziali evocati uditivi
Quando una persona cara sta lentamente morendo di morte naturale, viene spontaneo continuare a parlarle come se volessimo farle compagnia fino alla fine facendo sentire la nostra vicinanza ma, in quei momenti può davvero ascoltare? Secondo uno studio canadese basato sui potenziali evocati evento-correlati (ERP) sembrerebbe di sì perchè l’ultimo senso ad abbandonarci è l’udito.
Dall’EEG ai potenziali evocati: cosa sono
L’elettroencefalografia standard (EEG) serve per valutare e studiare l’attività cerebrale di un soggetto mediante l’acquisizione di potenziali elettrici tramite elettrodi posizionati sullo scalpo. In particolare, il segnale elettroencefalografico rispecchia il numero di neuroni corticali piramidali attivati in seguito a uno stimolo, in quanto la struttura più vicina allo scalpo è la corteccia cerebrale.
Il fenomeno fisico alla base è che, nel punto in cui avviene la sinapsi, si ha un flusso entrante di cariche positive che crea un circuito ad anello in cui tali cariche tenderanno a percorrere il dendrite e spostarsi in corrispondenza delle regioni basali, formando una configurazione a dipolo la cui differenza di potenziale tra polo negativo, sink, e polo positivo, source, può essere rilevata dagli elettrodi superficiali.
Il risultato dell’EEG sono onde che rispecchiano i ritmi cerebrali spontanei associati ai diversi stati mentali e/o patologici del soggetto, tuttavia, risulta interessante capire cosa succede nel cervello quando viene stimolato da eventi esterni, studiando i cosiddetti “potenziali evocati” che possono distinguersi in potenziali evocati stimolo-correlati (SRP) e i potenziali evocati evento-correlati (ERP).
I primi dipendono dalle caratteristiche fisiche dello stimolo (visivo, somoestetico o uditivo) mentre i secondi, oltre ad essere oggetto dello studio canadese, sono legati ad aspetti più cognitivi e riflettono il livello di attenzione che il soggetto presta a quel determinato stimolo.
In realtà, gli ERP sono presenti nel segnale EEG ma, siccome queste variazioni di potenziale hanno ampiezza davvero piccola, circa 2 µV, sono “nascosti” e poco visibili a primo impatto, tuttavia, il fatto che siano “time-locked”, ovvero che si presentano con un ritardo fisso rispetto all’evento stimolante, permette di utilizzare la tecnica dell’averaring per estrarle.
Il risultato è un’onda che riflette solo il potenziale evocato medio associato a quello specifico stimolo e in quella determinata condizione sperimentale perché tutti i segnali EEG acquisiti precedentemente sono stati mediati e, siccome sono fluttuazioni mai costanti, molte componenti tenderanno a elidersi lasciando solo la componente di ERP.
Tra i parametri importanti utilizzati nello studio troviamo:
- Potenziale evocato P3: si manifesta 300 ms dall’evento ed è definito endogeno perché non dipende da un attributo fisico dello stimolo (forma, colore) ma dalla reazione della persona allo stimolo stesso, spesso è associato alla capacità dell’individuo di valutare e categorizzare ciò che si è appena verificato;
- Negatività di discordanza (MMN): compare quando il cervello riceve uno stimolo diverso rispetto a una sequenza di stimoli simili.
Nel cervello accade sempre qualcosa: l’udito ci abbandona per ultimo
Un team di ricercatori di Vancouver ha studiato i tracciati ERP di soggetti sani e malati, sia quando erano ancora coscienti sia quando erano entrati in uno stato di non risposta, dimostrando che il cervello era in grado di continuare a elaborare stimoli uditivi.
Premesso che i malati dell’Hospice hanno esplicitamente esteso il consenso a partecipare allo studio al momento in cui non avrebbero più risposto, i ricercatori hanno sottoposto ai soggetti 4 sequenze in cui gli stimoli consistevano in due diversi tipi di schemi uditivi a cinque toni: sequenze piatte caratterizzate dalla stessa frequenza (A) e sequenze con 4 toni uguali e 1 diverso (B).
Come si può vedere dall’immagine, in 2 sequenze le corse piatte erano comuni e le corse di cambiamento erano obiettivi rari e nell’altra metà era il contrario, perciò, ai partecipanti di controllo è stato chiesto di premere un pulsante quando sentivano un cambiamento mentre i pazienti hanno contato silenziosamente, in quanto le acquisizioni sarebbero state effettuate nuovamente durante lo stato di morte attiva durante la quale premere un pulsante non era possibile.
I risultati hanno dimostrato che, in tutti i gruppi di controllo e non, nei tracciati ERP comparivano picchi MMN, dimostrando che il cervello elaborava il cambio di tono presente nelle sequenze sottoposte, e picchi P3 sottolineando l’attivazione del processo cognitivo legato allo stimolo uditivo.
Tuttavia, i ricercatori non hanno potuto confermare se le persone morenti fossero anche coscienti di ciò che sentivano:“Non possiamo sapere se stanno ricordando, identificando la voce o capendo il linguaggio pur rispondendo allo stimolo uditivo, ma dobbiamo continuare a parlare alla gente quando sta morendo perché accade sicuramente qualcosa nel loro cervello“.