Tra le tecniche diagnostiche per immagini che, utilizzando onde meccaniche, leggasi ultrasuoni, rientra l’ecografia. Il connubio ultrasuoni ed ecografia è operato per ottenere bioimmagini con un’ottima risoluzione temporale e innocuità per il paziente.
Prima ancora di comprendere l’utilizzo degli ultrasuoni, è necessario capire cosa sono le onde elastiche, che si propagano in un mezzo essenzialmente in due modi: in maniera longitudinale, ovvero l’oscillazione avviene lungo la direzione del moto e in modo trasversale, cioè con un’oscillazione perpendicolare alla direzione del moto. Per quanto riguarda gli ultrasuoni, sono onde elastiche dette anche meccaniche sonore con una frequenza di propagazione superiore a 2-15 MHz. Esse si propagano in modo longitudinale nei fluidi ed in maniera trasversale nei solidi solo se di grandi dimensioni.
Gli ultrasuoni adoperati in imaging hanno una frequenza compresa tra 1 e 20 MHz poiché quelli a bassa frequenza penetrano più in profondità generando un’immagine di scarsa qualità, al contrario di quelli ad alta frequenza che generano un’immagine di alta qualità.
La velocità di propagazione di un’onda sonora dipende sia dalla densità atomica, cioè dalla capacità di un corpo di resistere all’impatto sonoro e sia dalle proprietà elastiche del mezzo. Ogni mezzo attraversato oppone una resistenza che prende il nome di impedenza acustica. Ogni tessuto avrà quindi una sua impedenza acustica e una velocità con cui si propaga l’onda, portando alla formazione del contrasto.
Dal momento che gli ultrasuoni non riescono a propagarsi nell’aria, poiché subiscono un processo di rarefazione e si disperdono, quando vengono adoperati per eseguire un’ecografia, si adopera un gel fra la sonda e la cute. Bisogna considerare che, avendo l’osso una densità atomica elevata, l’onda viene completamente riflessa e questo ci fa comprendere come sia impossibile adoperare gli ultrasuoni sulla scatola cranica.
Perciò, gli ultrasuoni, una volta a contatto con la cute, si propagano in maniera longitudinale, quando però si trovano con l’interfaccia del secondo mezzo vengono attenuati secondo i seguenti fenomeni: attenuazione, trasmissione e/o rifrazione, diffusione o scattering. Ciò si traduce in una maggiore attenuazione in caso di frequenze maggiori ed una minore attenuazione con frequenze minori.
Parlando di ultrasuoni in imaging si parla di ottenere un’ecografia, ma come si ottengono gli echi? Quando gli ultrasuoni iniziano a penetrare nel mezzo arrivano alla prima interfaccia dove una parte dell’onda è riflessa e torna indietro, invece l’altra continua a penetrare nei vari tessuti, continuando cosi per tutte le interfacce, fino a quando il segnale non sarà completamente attenuato. Ciò che viene riflesso e ritorna alla sonda prende il nome di eco di ritorno, che permette di calcolare quando tempo ha impiegato l’onda a tornare indietro. Inoltre è importante conoscere anche il tempo di eco: più è elevato, maggiore sarà la profondità del tessuto. Tramite l’eco di ritorno ottenuto dalle varie riflessioni si otterrà l’immagine finale.
Lo strumento adoperato per effettuare l’ecografia prende il nome di ecografo, è articolato in tre parti:
Esistono differenti tipi di sonde: sonde lineari con le quali si ottengono immagini grandi quanto la sonda stessa, sonde convex che hanno una superficie convessa e sonde endocavitarie o a corona, dove l’immagine che si ottiene sarà solo laterale ed al centro non si avrà nulla, sonde 3D che permettono di ottenere immagini in 3D.
L’ecografia si ottiene con l’ausilio della sonda con la quale è adoperato un gel per permetterne il passaggio sul tessuto. Le onde sono generate da un cristallo piezoelettrico, tramite una differenza di potenziale. Il cristallo, quando subisce una differenza di potenziale, si deforma. Quando invece subisce un urto dovuto all’onda di ritorno genera la differenza di potenziale, per tale motivo è anche definito trasduttore perché converte una forma di energia in un’altra.
Per questo motivo, quando si vogliono generare gli ultrasuoni, si applica una differenza di potenziale e quando l’onda torna indietro genera un segnale elettrico che verrà campionato e convertito in segnale digitale, ottenendo l’immagine.
Gli echi prodotti possono essere visualizzati in differenti modalità:
L’Eco-Color-Doppler sfrutta il principio dell’effetto Doppler e viene utilizzato in ambito clinico per valutare la velocità del flusso sanguigno e la qualità del moto. Le particelle che si muovono nel sangue sono i globuli rossi e tramite tale esame diagnostico si può comprendere se la velocità aumenta oppure diminuisce, cioè se si sta allentando dalla sonda oppure se si sta avvicinando. Per capire come si muovono i globuli rossi, è adoperata una mappa di colori: il rosso identifica un allentamento ed il blu invece un avvicinamento.
L’ecografia rientra tra le tecniche diagnostiche innocue che non sono invasive, inoltre è a basso costo ed è la migliore per quanto riguarda la risoluzione temporale riuscendo a ottenere 25/30 frame per secondo. Presenta delle problematiche in presenza di aria e osso, ma ha un’ottima visione in caso di tessuti molli infatti è adoperata per visualizzare il feto nelle donne incinte. Ci si augura che in futuro prossimo vi siano sviluppi riguardo le sonde e la strumentazione adoperata, permettendo di ottenere un’immagine con una maggiore risoluzione.