Un bambino ha ricevuto il primo impianto cerebrale per curare l’epilessia: ci sono nuove possibilità per il trattamento di questa malattia resistente ai farmaci.
Il nuovo dispositivo impiantato nel cervello di Oran Knowlson segna una svolta nel trattamento delle forme più gravi di epilessia. Questo neurostimolatore, sviluppato dalla società britannica Amber Therapeutics, è progettato per emettere impulsi elettrici in grado di interrompere le anomalie neuronali che scatenano le crisi epilettiche. L’impianto, posizionato direttamente nel cranio, rappresenta un’innovazione rispetto alle tecnologie precedenti, che richiedevano un posizionamento nel torace con fili che correvano fino al cervello.
La tecnologia di stimolazione cerebrale profonda non è nuova nel trattamento dell’epilessia, ma questo approccio è unico. Questo dispositivo, infatti, è particolarmente indicato per i bambini, riducendo complicazioni come infezioni e fallimenti del sistema. Il neurostimolatore ha sia migliorato la vita di Oran, sia aperto la strada a nuove sperimentazioni mediche.
L’operazione per l’inserimento del neurostimolatore è durata circa otto ore e ha richiesto tanta precisione. I neurochirurghi hanno posizionato due elettrodi nel talamo di Oran, una regione del cervello che agisce come un nodo di trasmissione per l’attività neuronale.
Una volta posizionati gli elettrodi, il neurostimolatore è stato fissato all’interno del cranio, in una cavità creata appositamente dove prima c’era l’osso. Il dispositivo è stato poi ancorato alla struttura ossea circostante per evitare movimenti. Questa innovazione nella tecnica chirurgica riduce al minimo il rischio di infezioni post-operatorie e di altre complicazioni che in passato rendevano più problematico l’utilizzo di dispositivi simili.
Dopo l’operazione, Oran ha dovuto attendere un mese per riprendersi prima che il dispositivo venisse attivato. Da quel momento, le sue crisi epilettiche diurne sono diminuite dell’80%. I medici hanno sottolineato come, sebbene Oran non senta gli impulsi elettrici emessi dal neurostimolatore, il miglioramento nella sua condizione è stato evidente e costante.
La madre di Oran, Justine, ha condiviso la sua gioia nel vedere il figlio più sveglio e vigile, con crisi epilettiche meno frequenti e meno gravi durante la notte. Questo cambiamento ha dato a Oran la possibilità di riprendere attività che gli erano state precluse per anni, come le lezioni di equitazione.
Il successo dell’operazione su Oran ha generato interesse per l’espansione del progetto. Il neurostimolatore fa parte del progetto CADET, una serie di sperimentazioni cliniche condotte in collaborazione tra diversi ospedali e università del Regno Unito. L’obiettivo è testare l’efficacia della stimolazione cerebrale profonda in bambini affetti da sindrome di Lennox-Gastaut e altre forme di epilessia resistente ai farmaci.
Il piano è quello di impiantare il neurostimolatore in altri tre bambini con epilessia grave, monitorando i risultati per determinare se la tecnologia possa diventare un trattamento standard. Nonostante il dispositivo non rappresenti una cura definitiva, i miglioramenti riscontrati nel caso di Oran offrono speranze concrete per il futuro.
Il neurostimolatore attualmente impiantato in Oran emette impulsi costanti, ma gli scienziati stanno lavorando a una versione più avanzata. L’obiettivo è sviluppare un dispositivo che possa monitorare l’attività cerebrale in tempo reale e rispondere automaticamente ai segnali che indicano l’inizio di una crisi epilettica. Questo approccio proattivo potrebbe consentire al dispositivo di bloccare le crisi prima che si manifestino.
La madre di Oran è entusiasta di questa fase della sperimentazione, che potrebbe rappresentare un vero cambiamento nella gestione della malattia. Per ora, la famiglia è consapevole che il trattamento non è una cura, ma sono ottimisti che Oran continuerà a migliorare.
Nonostante questo neurostimolatore sia stato progettato per il trattamento dell’epilessia, il suo potenziale va oltre. Dispositivi simili sono già stati utilizzati per trattare il morbo di Parkinson, una patologia neurodegenerativa caratterizzata da tremori e difficoltà motorie. Se questa tecnologia si dimostrasse efficace, potrebbe essere adattata per affrontare altre malattie neurologiche.