In un mondo dove riscontrare il prima possibile delle variazioni potenzialmente patologiche è sempre più importante, gli impianti biomedici potrebbero rappresentare un importante alleato del medico. Diagnosticare prima, soprattutto se si tratta di patologie oncologiche, significa cambiare le sorti di un paziente. Per questo la ricerca è molto attiva nel cercare soluzioni che consentano di identificare prima possibile quei cambiamenti utili a rilevare la presenza di una malattia.
In aiuto del clinico arriva la biomedica. Dall’ETH di Zurigo arriva uno studio apparso sulla rivista Science Translational Medicine con il quale i ricercatori, tra i quali Aizhan Tastanova e March Folcher, hanno mostrato il loro tattoo bio ingegnerizzato contro l’ipercalcemia.
Uno dei segnali che la presenza di una neoplasia ci manda è, molto spesso, l’innalzamento della calcemia, ovvero della quantità di calcio circolante nel sangue. Il ruolo di questo ione nell’organismo è più che fondamentale, tanto che la natura ha pensato a meccanismi finissimi per mantenere i livelli di calcio in un range ben preciso (3.8-5.5 mg/dl per quanto riguarda il calcio libero). Si pensi che il calcio interviene nella regolazione della proliferazione cellulare, dell’apoptosi, del differenziamento, dell’adesione cellulare, della motilità. Uno ione, dunque, davvero imprescindibile.
I meccanismi alla base di questa regolazione sono più di uno e anche molto complessi. Il calcio è immagazzinato nelle ossa, sulle quali agiscono degli specifici ormoni che causano un rilascio o un riassorbimento del calcio stesso; tra questi troviamo il PTH o paratormone, prodotto dalle paratiroidi, e la calcitonina, prodotta dalle cellule parafollicolari della tiroide. Il primo ha un’azione ipercalcemizzante, il secondo una funzione opposta.
Le cellule cancerose sono in grado di minare le fondamenta della regolazione del calcio agendo sulle ossa, sui reni oltre che sull’intestino.
Nell’articolo originale i ricercatori partono dunque da questo presupposto: le neoplasie che colpiscono il seno, il colon, la prostata, i polmoni ed i reni sono stati messi in correlazione con l’aumento della calcemia da diversi studi (*).
Questo aumento, tuttavia, può risultare per molto tempo asintomatico e non costringere il malato a rivolgersi ad un medico per sottoporsi ad accertamenti.
I ricercatori sono stati in grado di modificare delle cellule in modo da renderle molto sensibili alle variazioni di concentrazione del calcio e capaci di rispondere a tali variazioni con una iper produzione di melanina, lo stesso pigmento che la nostra pelle produce quando ci esponiamo al sole e ci rende abbronzati. Si tratta di un pigmento dal colore scuro che, quindi verrebbe prodotto in grandi quantità qualora le cellule in questione venissero opportunamente stimolate.
Per fare questo sono state costruite delle cellule che esprimono alti livelli di un particolare recettore per il calcio molto simile a quello umano. Queste sono poi collegate una proteina G, ovvero una proteina che lega il GPT (Guanosin Tri Fosfato). Segue una cascata di reazioni biochimiche che porta all’attivazione di un enzima chiamato Tirosinasi che produce Melanina agendo sulla Tirosina.
L’altra fondamentale caratteristica di queste cellule è che sono impiantabili sottocute. In tal modo sarebbero visibili solo se la calcemia si dovesse innalzare. Questo potrebbe portare a controlli per spiegare il fenomeno e, essendo il cancro una delle principali fonti di ipercalcemia apparentemente immotivata, ad una diagnosi precoce della patologia.
Le implicazioni cliniche sono evidenti: diagnosticare la malattia prima che abbia tempo di svilupparsi cambierebbe le sorti di molti dei 14 milioni di nuovi pazienti che ogni anno ricevono questa triste diagnosi.
*Bibliografia:
Articolo a cura di Antonio Innocenzi.