Nanotecnologie

Una nano-sonda in grado di raccogliere informazioni sul corpo umano

I ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) hanno studiato un metodo non invasivo basato sulla dispersione della luce. Si tratta di una nano-sonda, con tecnologia a DNA, in grado di ricavare informazioni dagli organi e dai tessuti umani senza bisogno di un intervento chirurgico. Lo studio è stato effettuato da Giancarlo Ruocco coordinatore del Center for Life Nano- & Neuro-Science – CLN²S dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma in collaborazione con Marco Leonetti, ricercatore dell’Istituto di Nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec) di Roma e affiliato ad IIT, insieme ai colleghi dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e dell’European Laboratory for Non-linear Spectroscopy (LENS). L’applicazione di tale tecnica potrà estendersi a vari campi della diagnostica, soprattutto per quei casi in cui i raggi x e la risonanza magnetica non riesco ad intervenire. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.

Credits: Lorenzo Pattelli, INRiM – LENS

Come sfruttare la diffusione della luce

Un concetto fondamentale dietro a questo lavoro di ricerca è la dispersione della luce all’interno di mezzi tridimensionali. Una superficie riflettente, una volta illuminata, mostra una figura punteggiata, delle macchioline che vengono definite in fisica ‘speckle‘. Ciò è dovuto all’interferenza con rugosità, seppur invisibili, presenti sulla superficie. L’analisi di tale fenomeno non è agevole, in quanto l’accesso fisico risulta essere difficoltoso. I ricercatori del Cnr e dell’IIT sono riusciti ad effettuare misurazioni mediante stringhe (nanoruler) di DNA decorate alle estremità con mezzi fluorescenti (emettitori). Questo ha permesso loro di accedere alle informazioni dei cosiddetti speckle bulk.

Speckle pattern. Credits: Wikimedia Commons

Le proprietà, infatti, sono state ottenute raccogliendo l’emissione diffusa dagli emettitori. Per ogni esperimento effettuato, al variare del mezzo 3D o delle dimensioni del nanoruler, i ricercatori hanno osservato la distribuzione dell’intensità ottenuta. Hanno confrontato le varie distribuzioni ed analizzato come si modificassero al variare dei parametri di partenza. Lo scopo del lavoro era dunque la possibilità di sondare il comportamento della luce all’interno di un sistema bulk. Questo promette importanti applicazioni nel futuro, in quanto si potranno sviluppare dispositivi fotonici e materiali in grado di esplorare tessuti inesplorati fino ad ora.

Come è nata la nano-sonda

Marco Leonetti, primo autore del paper, ha affermato che la nano-sonda “si comporta come un satellite inviato nello spazio che raccoglie le informazioni nelle sue vicinanze e le trasmette sulla Terra. Misura le proprietà della luce nelle vicinanze e riesce a mandarle agli strumenti di misura dei ricercatori oltre il ‘muro opaco’.” In particolare, la nano-sonda, presenta dimensioni 10.000 volte inferiori al diametro di un capello. Si inserisce in un sistema in grado di lavorare a contatto con i tessuti del corpo umano. Tale sistema, a base di ossido di zinco, è illuminato da una luce verde.

La nano-sonda capta la luce verde ed emette a sua volta fluorescenza, luce rossa. L’ossido di zinco è un materiale fortemente biocompatibile e riflettente. Le fluttuazioni nello spazio e nel tempo della luce rossa indicano la presenza di aggregati di proteine in prossimità della nano-sonda. Tali aggregati, infatti, hanno un indice di rifrazione diverso rispetto al tessuto circostante.

La nano-sonda rileverà patologie

Un sistema di questo tipo, più avanzato, potrà essere in grado di rilevare la presenza di alterazioni a livello tissutale, come tumori o patologie neurodegenerative, ad esempio l’Alzheimer.Con questa tecnica riusciamo a vedere cosa accade all’interno dei tessuti senza avere delle vere e proprie immagini, ma ricostruendo il sistema in base all’angolo di rifrazione della luce” ha affermato Giancarlo Ruocco. Si potrà intervenire su zone del tessuto biologico normalmente inaccessibili, nelle quali possono insorgere aggregati di proteine, tipiche delle malattie neurodegenerative.

Published by
Raffaella Lobello