Oggi parliamo dell’impegno dell’Università di Bologna nella realizzazione di un dispositivo al plasma freddo per sanificare l’aria dal Covid19 con l’obiettivo di rendere sicuri ambienti chiusi.
Le temperature diminuiscono, l’inverno si avvicina e la diffusione del virus Covid19 non sembra rallentare ma, anzi, continua inesorabilmente il trend positivo di crescita dei contagi da ormai un mese abbondante. Inoltre, la “convivenza invernale” con il coronavirus presenta più problematiche della stagione calda: il primo motivo è l’influenza, tipica di questo periodo, mentre il secondo è l’assembramento inevitabile nei locali chiusi.
Dunque, se per il primo aspetto la soluzione è il vaccino antinfluenzale che esperti suggeriscono possa aiutare anche contro il Covid19, la seconda situazione risulta più complicata da gestire se non si opta per ingressi contingentati ma, ingegneri di tutto il mondo stanno lavorando per realizzare dei filtri per ambienti in grado di inibire il virus, tra cui troviamo iUTA.
Dunque, in un ambiente indoor, l’attività umana è la causa principale della formazione di bioaerosol che potrebbero diffondere malattie come l’influenza e le sindromi respiratorie e nel nostro caso il Covid19 perciò, il dispositivo VIKI (VIrus KIller), finanziato dalla regione Emilia-Romagna, ha il compito di purificare l’aria inattivando le goccioline di bioaerosol sospese in essa, dalle dimensioni di 0,001 ai 100 μm, che possono contenere organismi viventi come batteri, virus, funghi e polline.
La tecnologia utilizzata per combattere il Covid19 è quella della ionizzazione a plasma freddo che sfrutta i campi elettrici e la loro interazione con le sostanze in sospensione, infatti, un campo elettrico oscillante conferisce un incremento dell’energia cinetica alle molecole nell’aria, le quali, mettendosi in agitazione, aumentano la probabilità di collisione tra di loro e ciò determina la cessione/acquisizione di elettroni.
Dunque, dopo questa trasformazione chimica “a freddo” l’aria diviene plasma, ossia un gas parzialmente ionizzato composto da una grande varietà di particelle, ora, le molecole di ossigeno ionizzate sono in grado di disaggregare molti inquinanti e di danneggiare le membrane cellulari di virus e batteri, annientandoli.
In particolare, il setup sperimentale (Fig. a) prevede:
Dunque, il funzionamento è semplice: un flusso di aria viene fatta fluire attraverso lo spazio tra gli elettrodi ed esposta alla scarica di plasma con un tempo di permanenza stimato di circa 0.18 s, calcolato come rapporto tra il volume tra gli elettrodi e la portata volumetrica.
Un puntatore laser viene utilizzato per illuminare il flusso di aerosol all’uscita della sorgente di plasma; non si tiene conto dell’influenza dei diversi livelli di umidità relativa (RH) in quanto la RH della linea di aria compressa utilizzata per generare l’aerosol che alimenta la sorgente di plasma è fissata stabile intorno al 7%.
Il dispositivo al plasma freddo per purificare l’aria da potenziali goccioline di Covid19 presenti è ancora un prototipo ma è in grado di inattivare il 99,9% dei batteri contenuti nel bioaerosol in appena 0.3 secondi e, gli stessi risultati si raggiungono per bioaerosol con RNA purificato di SARS‐CoV‐2.
Le prime prove con virus vitale sono programmate presso l’Ausl Romagna, a Pievesestina, in questi giorni e si ritiene che l’interazione del plasma direttamente con il coronavirus SARS-CoV-2 possa indurre una destabilizzazione della sua struttura e quindi una riduzione, fino alla totale scomparsa, della sua capacità infettiva.
L’obiettivo è raggiungere una capacità di sanificazione superiore al 99,9% per poi passare alla fase di scale-up del prototipo per adeguarlo ad una futura industrializzazione come prodotto.
I risultati di questo progetto renderanno possibile lo sviluppo su scala industriale di una gamma di prodotti da utilizzare in scuole, uffici pubblici, ospedali, studi dentistici e attività commerciali
prof. Vittorio Colombo