Non è vero che i vaccini non sono stati sperimentati
Tra i fattori che spiegano l’esitazione verso i vaccini c’è la sfiducia nella scienza. Covid-19 è stato uno “stress test” per la relazione scienza e società. Era già una relazione fragile, ma si è ulteriormente incrinata nei lunghi mesi di lotta contro la pandemia. Rispetto a marzo 2020 il livello di fiducia degli italiani nella scienza biomedica è diminuito del 14% (dal 79% di chi dichiarava piena fiducia al 65%). Questo atteggiamento è uno dei principali predittori dell’intenzione vaccinale delle persone. C’è addirittura chi pensa che i vaccini non siano stati sperimentati.
Si ricorda mesi fa quando diversi Stati europei avevano sospeso la somministrazione del vaccino AstraZeneca a causa di eventi avversi segnalati. L’Agenzia europea del farmaco (EMA) aveva quindi studiato tali eventi, concludendo che non vi fossero elementi per sospettare che il vaccino non fosse sicuro, revocando di fatto l’allarme e le restrizioni all’uso. Lo stop ha però rinnovato e forse amplificato paure diffuse legate ai vaccini anti-covid, che possiamo sintetizzare in queste due affermazioni: “i vaccini sono ancora in via di sperimentazione” e “chi si vaccina è una cavia da laboratorio”.
Questi timori sono in parte associati alla brevità dei tempi impiegati per la sperimentazione vera e propria, che in molti ha alimentato l’idea che la fase di controllo e sorveglianza, nota come farmacovigilanza sia una fase di sperimentazione in cui la popolazione viene coinvolta, utilizzata come cavia.
Cos’è la Farmacovigilanza (o vaccinovigilanza)?
Dopo la commercializzazione, ogni sostanza con proprietà curative/preventive viene monitorata tramite attività di controllo permanente, per la verifica di diverse criticità, come il corretto uso del farmaco, le eventuali reazioni avverse (ADR, Adverse Drug Reaction) o gli eventuali eventi avversi che seguono l’immunizzazione (AEFI, Adverse Events Following Immunization), nel caso di un vaccino. L’obiettivo della farmacovigilanza è quello di monitorare, in maniera costante e continuativa, il rapporto rischio/beneficio, in modo tale da assicurare che il beneficio sia sempre superiore.
Questa attività è svolta sia dalle case produttrici, sia da enti nazionali ed internazionali: in Italia ne è responsabile l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ed è regolamentata da diversi decreti legislativi nazionali e dalle direttive e dai regolamenti UE.
Come è stato possibile sviluppare così rapidamente vaccini contro il COVID-19? Al contrario di quello che si pensi i vaccini sono stati sperimentati
L’attuale pandemia di COVID-19 non ha precedenti, per questa ragione l’OMS ha attivato un progetto di ricerca e sviluppo per accelerare la diagnostica, i vaccini e le terapie per il nuovo coronavirus, che nonostante tutto sono stati sperimentati. Il progetto mira a migliorare il coordinamento tra scienziati e professionisti della salute globale, accelerare il processo di ricerca e sviluppare nuove norme e standard per imparare e migliorare la risposta globale. Il 30 gennaio 2020, a seguito delle raccomandazioni del Comitato di emergenza, il Direttore generale dell’OMS ha dichiarato che l’epidemia costituisce un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale.
Gli studi sui vaccini contro il COVID-19 sono iniziati nella primavera 2020 e in meno di un anno (a dicembre 2020) l’EMA ha raccomandato di concedere un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata a un primo vaccino a RNA messaggero: mRNA (Comirnaty, della ditta BioNTech/Pfizer). E subito dopo, il 6 gennaio 2021, ne ha concessa una seconda per il vaccino prodotto da Moderna. Il processo di sviluppo ha subito un’accelerazione senza precedenti a livello globale. Eppure nessuna tappa del processo è venuta meno, grazie al concorso di diversi fattori:
- ingenti risorse umane ed economiche messe a disposizione in tempi stretti
- conduzione parallela delle varie fasi di valutazione e di studio
- produzione del vaccino parallelamente agli studi e al processo di autorizzazione
- ottimizzazione della parte burocratica/amministrativa
- valutazione da parte delle agenzie regolatorie dei risultati ottenuti, man mano che questi venivano prodotti (rolling review) e non, come generalmente si usa fare, solo dopo il completamento di tutti gli studi.
Inoltre, basandosi sulla risposta ai recenti focolai di malattia da virus Ebola, SARS-CoV e MERS-CoV, il progetto di ricerca e sviluppo ha facilitato una risposta coordinata e accelerata al COVID-19, compreso un programma senza precedenti per lo sviluppo di un vaccino, la ricerca su potenziali trattamenti farmaceutici e canali rafforzati per la condivisione delle informazioni tra i paesi.
La valutazione dell’EMA: rolling review e autorizzazione condizionata
Per essere approvato nell’Unione Europea (UE), un vaccino deve essere sottoposto a rigorose sperimentazioni e ad una solida valutazione scientifica da parte delle autorità regolatorie. L’EMA valuta i vaccini contro il COVID-19 in base agli stessi standard (norme, procedure e protocolli) utilizzati per autorizzare qualsiasi altro farmaco o vaccino.
Nel caso della rolling review o dell’autorizzazione condizionata queste procedure vengono effettuate in tempi e con modalità molto più agili del normale: l’EMA offre alle aziende orientamento e supporto per presentare la domanda di approvazione, e si avvale di procedure rapide di analisi, valutando i dati che via via si rendono disponibili. Nelle situazioni di emergenza, questa procedura, garantisce una valutazione il più veloce possibile e, al contempo, completa e approfondita di tutti i requisiti necessari in termini di sicurezza, efficacia e qualità del vaccino.
Al termine del processo di valutazione, l’EMA può raccomandare un’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio: un tipo di approvazione per i farmaci che rispondono a esigenze medico-sanitarie non ancora soddisfatte, in particolare in situazioni di emergenza come appunto nel caso della pandemia da SARS-CoV-2. Quindi i vaccini sono stati sperimentati.
I quattro vaccini Covid-19 non sono più in fase di sperimentazione!
Con la sentenza del 10 settembre 2021, n. 261, il Tar del Friuli Venezia Giulia prende posizione su una serie di cavalli di battaglia dei no-vax contro l’obbligo vaccinale: tra cui la natura ancora “sperimentale” del siero e l’indennizzo da parte dello Stato in caso di danni da vaccinazione.
Per i giudici, i quattro vaccini attualmente disponibili per l’infezione da Covid-19 non sono in “fase di sperimentazione” perché non può considerarsi tale la procedura di autorizzazione condizionata da parte della Commissione, previa raccomandazione dell’EMA.
È uno strumento collaudato che arriva a valle di un “rigoroso processo di valutazione scientifica” che non consente alcuna equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali”.
Massima del TAR del Friuli Venezia Giulia
Si tratta di un’autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari. Inoltre il diritto alla corresponsione di un indennizzo da parte dello Stato a fronte di ogni “danno permanente della integrità psico-fisica” conseguente ad una vaccinazione obbligatoria, deve senz’altro ritenersi esteso agli operatori sanitari, essendo la vaccinazione prescritta da una legge (articolo 4 del Dl 44 del 2021).
I vaccini sono stati sperimentati: infatti non sono sperimentali dalla loro immissione in commercio
La ricerca del vaccino contro il Covid 19 divenendo una una priorità assoluta per tutte le potenze mondiali, ha potuto beneficiare di ingenti risorse umane ed economiche, di procedure valutative rapide e ottimizzate, della partecipazione di un elevatissimo numero di volontari circa dieci volte superiore a quello di studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini.
La sperimentazione dei vaccini si è dunque conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica. Non è dunque corretto affermare che la sperimentazione sia ancora in corso solo perché l’autorizzazione è stata concessa in forma condizionata.
La decisione richiama poi l’ultimo rapporto della farmacovigilanza sui vaccini Covid-19 (il settimo, disponibile qui), aggiornato al 26.07.2021 e ricavato dalla somministrazione di 65.692.591 dosi di vaccino. Gli eventi avversi sono stati 84.322, con un tasso di segnalazione pari a 128 ogni 100.000 dosi. Di queste, solo il 12,8% ha avuto riguardo ad eventi gravi. Di tutte le segnalazioni gravi (16 ogni 100.000 dosi somministrate), solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione.
Il Tar conclude la decisione sostenendo che si tratta di dati comparabili a quelli emersi in esito all’attività di farmacovigilanza condotta sugli altri vaccini esistenti, che sono parimenti consultabili sul sito dell’AIFA, nello specifico rapporto (qui). Le risultanze statistiche evidenziano dunque l’esistenza di un bilanciamento rischi/benefici assolutamente accettabile. I danni conseguenti alla somministrazione del vaccino per il Covid 19 devono ritenersi, considerata l’estrema rarità del verificarsi di eventi rari e correlabili, rispondenti ad un criterio di normalità statistica.