Il 16 novembre 2020 la casa farmaceutica Moderna Biotech Spain, controllata dall’azienda statunitense Moderna, ha annunciato l’efficacia del proprio vaccino contro il Covid-19 pari al 94.5%. E’ il secondo vaccino a mRNA con efficacia superiore al 90% in fase 3 di sperimentazione, dopo quello prodotto dalla Pfizer-BioNTech. Inutile dire quanto le premesse siano incoraggianti nel pieno della seconda ondata.
La Biotech, con sede nel Massachusetts, ha ricevuto 2.4 miliardi di dollari come finanziamento dal governo USA grazie all’operazione Warp Speed: un’iniziativa di collaborazione tra la sanità pubblica e privata per lo sviluppo di vaccini, terapie e strumenti di diagnostica per contrastare il Covid-19. La mossa successiva prevede la richiesta di approvazione d’urgenza all’agenzia federale Food and Drug Administration (FDA).
L’Agenzia Europea del Farmaco EMA (European Medicines Agency) ha iniziato la valutazione sul primo lotto di di dati del vaccino mRNA-1273 sviluppato da Moderna. Dal risultato pubblicato oggi emerge un sano entusiasmo condiviso dalla comunità scientifica e non solo: un’efficacia del 94.5% è un primo esito che fa ben sperare. Si tratta di una stima effettuata in fase preliminare del vaccino, basata su dati non clinici (studi di laboratorio) e clinici su un gruppo di 30.000 volontari negli Stati Uniti. Come di consueto i partecipanti sono stati divisi in due gruppi in maniera casuale e a doppio cieco: né i volontari né i medici sanno a chi è stata somministrata la dose di vaccino e a chi il placebo. I partecipanti hanno ricevuto una prima iniezione intramuscolare di 100 microgrammi di mRNA-1273 il giorno 1 e il giorno 29, per poi essere confrontati con il gruppo ricevente il placebo (cloruro di sodio allo 0.9%).
Se la persona vaccinata dovesse contrarre il virus, il suo sistema immunitario sarebbe in grado di riconoscerlo e attaccarlo, distruggendo le cellule infette. Questo perché nei vaccini a mRNA si introduce l’informazione genetica specifica per produrre la proteina responsabile dell’infezione direttamente nella cellula: nel nostro caso è la proteina Spike. L’indagine ha confermato come il vaccino stimoli la produzione di anticorpi e cellule immunitarie di tipo T contro il virus SARS-CoV-2 dopo il riconoscimento della proteina come estranea.
In questa prima analisi ci sono stati 95 casi infettati, di cui solamente 5 erano vaccinati. Il vaccino sembra anche favorire un live decorso della malattia negli infetti. L’Agenzia Europea del Farmaco ha comunque avviato la cosiddetta “rolling review” per accorciare i tempi di approvazione del vaccino: vediamo cosa significa.
L’analisi anticipata dei dati rappresenta il primo step dell’iter di approvazione. Si tratta di una procedura accelerata avviata dal Comitato per i Medicinali ad Uso Umano, la CHMP (Committee for Medical Products for Human Use), per anticipare i tempi di approvazione del vaccino. Il tutto senza comprometterne la sperimentazione in termini di efficacia, sicurezza e immunogenicità. Il termine utilizzato dall’EMA è “rolling review” per indicare il processo di continua revisione non appena nuovi dati diventino disponibili, anche senza la presentazione di una domanda formale. Solo quando il Comitato valuterà sufficiente il numero dei dati raccolti, la società farmaceutica produttrice del vaccino potrà presentare una domanda di verifica formale. L’obiettivo è quello di prevenire l’accumulo di dati per procedere in maniera più rapida e scorrevole di una regolare valutazione.
Uno degli ostacoli riscontrati nel vaccino Pfizer è proprio la sua conservazione. La necessità di essere preservato ad una temperatura di -80 °C rende difficile il trasporto ed il mantenimento del prodotto, appunto per l’esigenza di creare luoghi capaci di raggiungere una temperatura così rigida. L’Italia ne è un esempio lampante, infatti sono solo due gli aeroporti certificati per ricevere farmaci: Fiumicino e Malpensa. Tuttavia, non dispongono di refrigeratori sufficientemente potenti.
Il vaccino mRNA-1273 invece può essere conservato tra i 2 e gli 8 gradi per 30 giorni, rispetto ai 7 della Pfizer. L’azienda Moderna sostiene che il vaccino possa resistere per 6 mesi ad una temperatura di -20°C. Questo è un aspetto chiave nello sviluppo di un vaccino. La catena del freddo deve essere garantita dal momento in cui il farmaco esce dal sito produttivo a quando viene somministrato.
Anche il vaccino della Janssen è entrato in fase 3, come conferma il Segretario di Stato per la salute del Regno Unito Matt Hancock. L’azienda fa capo alla multinazionale della chimica Johnson&Johnson. La sua procedura di sperimentazione prevedere l’impegno di 7000 volontari britannici e 23000 in altri paesi.
Al momento i vaccini in fase 3 sono 8. Cosa succederà con così tanti vaccini? Il professor Giuseppe Remuzzi lo spiega in un intervista rilasciata al Corriere della Sera: “E’ ragionevole pensare che ne arrivino almeno un paio in contemporanea. È importante perché non sappiamo se ognuno di essi sarà efficace al cento per cento, ma nessuno sarà prodotto in quantità così grandi da soddisfare l’intera popolazione mondiale. Averne più di uno ci aiuterà ad avvicinarci all’obiettivo di coprire l’intero pianeta, e intanto permetterà agli scienziati di perfezionarli in corso d’opera”.