È da mesi che sentiamo parlare di vaccino, di test in vitro, di sperimentazioni cliniche e, finalmente, dopo una lunga attesa, uno dei vaccini sotto esame, quello di Pfizer-BioNTech, ha ottenuto il via libera da parte della Commissione europea sulla base delle valutazione effettuate dall’Agenzia europea per i medicinali. Insieme alle prime somministrazioni di Comirnaty, nome commerciale del vaccino Pfizer-BioNTech, sono stati sollevati diversi dubbi riguardo la sua sicurezza, gli effetti collaterali e il tempo di sperimentazione. Come è stato possibile realizzare un vaccino e metterlo sul mercato in tempi così brevi? A fare chiarezza sulla questione è stata proprio l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), che ha risposto alle domande più frequenti sul nuovo vaccino.
Il vaccino di Pfizer-BioNTech è ora sul mercato e il 27 dicembre è stato il giorno di inaugurazione della vaccinazione di massa. Con l’inizio delle vaccinazioni sono aumentati i dubbi riguardanti la sicurezza del vaccino, soprattutto sui tempi molto ridotti con cui è stata condotta la sua sperimentazione e la successiva approvazione ad entrare sul mercato. Dubbi legittimi per chi non se ne intende, soprattutto considerando che dalla scoperta del coronavirus alla sua autorizzazione sono passati circa 10 mesi e perchè nell’ultimo periodo non abbiamo fatto altro che leggere notizie su quanto le tempistiche per approvare un vaccino siano lunghe.
In una situazione generica e di normalità, per sviluppare un nuovo vaccino possono passare degli anni. Stiamo parlando di tempi molto lunghi, che possono arrivare fino a 10 anni. Il punto di inizio è la ricerca preliminare, nella quale si cerca un metodo adatto per creare un vaccino per la patologia sotto esame. Questa fase richiede molto tempo e uno studio approfondito. Dopodichè, si passa agli studi in vitro e in vivo. Una volta superati anche questi test, iniziano i trial clinici. Mentre gli studi in vitro e in vivo possono essere realizzati nei laboratori di un centro di ricerca, per la parte clinica è necessario trovare strutture apposite, interessate alla sperimentazione. Una volta trovati centri disponibili, è necessario trovare persone che si offrano per questi studi (i pazienti reclutati sono volontari). Superato anche lo scoglio dei trial clinici, i dati raccolti dallo studio vanno presentati alle autorità (FDA o EMA) per essere analizzati e valutati.
La prima cosa da tenere in conto è che si tratta di una situazione di emergenza e, come tale, è previsto che i processi di verifica vengano accelerati. In questa situazione, per quanto riguarda la ricerca preliminare, ci si è basati sulle conoscenze raccolte durante l’esperienza della prima Sars. Per quell’occasione, nel 2003, fu messo a punto un vaccino, che poi non fu mai utilizzato poichè quel tipo di coronavirus si estinse velocemente. In questo modo si sono risparmiati molti anni di studio. Inoltre, nel caso di questo vaccino, non si è realizzato lo studio in vitro su colture cellulari, per cui si è risparmiato ancora più tempo. Si è passati agli studi in vivo e poi, una volta ottenuti buoni risultati, i migliori ospedali e le migliori università del mondo hanno accettato subito a prendersi carico della sperimentazione clinica.
Lo stesso discorso vale per i volontari reclutati per l’avvio dei trials. Moltissime persone hanno dato il proprio consenso per partecipare a questa fase, un numero circa dieci volte superiore al normale. In particolare, per contenere l’emergenza e riuscire a sviluppare un vaccino in tempi rapidi, le fasi di sperimentazione sono avvenute in contemporanea.
Ciò non vuol dire assolutamente che non siano stati rispettati gli standard di sicurezza, ma che la produzione di alcune dosi è iniziata quando la sperimentazione era ancora in corso. Se il vaccino non avesse superati questa fase, la produzione sarebbe stata interrotta immediatamente. Quello che di fatto è successo è che le aziende si sono prese un rischio finanziario notevole che uno degli step dei trails fallisse. Quindi la procedura sì, è stata accelerata, ma pur sempre rispettando tutte le fasi (i dati sperimentali ci sono). Tutto il mondo era al lavoro da mesi alla ricerca di un vaccino e, ospedali, centri di ricerca e case farmaceutiche hanno impiegato moltissime menti e finanze per velocizzare i tempi per trovare un vaccino anti-Covid.
E ora è tutto finito? Nonostante siano partite le prime vaccinazioni, le autorizzazioni ad oggi temporanee devono diventare definitive, cosa che avverrà in maniera ufficiale al termine della conclusione dei trials (nel 2023). In ultimo occorrerà anche realizzare uno studio di farmacovigilanza, sull’osservazione degli effetti avversi nel tempo su un numero di persone ancor più vasto rispetto a quello della fase III.