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Valore SAR dei cellulari: a cosa serve?

onde elettromagnetiche

in questa immagine sono illustrate le onde elettromagnetiche emesse da un dispositivo mobile

Tutti noi viviamo costantemente, e a strettissimo contatto, con la tecnologia.
Vive intorno a noi, ne siamo completamente assuefatti, nessuno di noi può più farne a meno.

Riuscireste ad immaginare la vostra vita senza di essa? Personalmente, io credo di no.

Eppure, di recente, sono in molti ad affermare la pericolosità dei nostri “amici” elettronici, si parla di un sensibile aumento della possibilità di contrarre un tumore, di danni irreversibili per il nostro cervello, o più in generale del nostro organismo, e di un pericoloso aumento di deformazioni di quest’ultimo, a causa delle onde elettromagnetiche emesse da questi dispositivi.

C’è chi punta il dito contro il wi-fi, chi contro le stazioni radiofoniche, ma il nemico numero uno resta sempre lo stesso, colui che ci sta accanto ogni giorno, che impegna e segue le nostre giornate, passo passo, utilizzato ora per il lavoro, ora per divertimento: lo smartphone.

Effettivamente, se pensiamo a quanto tempo trascorriamo con lui e alla pericolosità calcolata per esso, verrebbe quasi da inorridire.

Anche la Cassazione, ha confermato questa ipotesi, supportando Innocente Marcolini, ex dirigente di azienda, che, contraendo un tumore al cervello, ha fatto causa, vincendola, per invalidità professionale, in quanto trascorreva dalle cinque alle sei ore al telefono, a causa del lavoro.

Ma quanto sono realmente dannose queste onde elettromagnetiche e cosa sono esattamente?

A spiegarlo è il Presidente della Lega contro i Tumori di Siena, il Dott. Franco Nobile.

“Le radiazioni elettromagnetiche, in base alla loro frequenza, si dividono in radiazioni non ionizzanti e radiazioni ionizzanti. Sgombriamo subito il campo da queste ultime, come ad esempio i raggi X e le radiazioni gamma sicuramente cancerogeni, perché si tratta di radiazioni in grado di trasferire agli elettroni presenti negli atomi della materia colpita, un’energia superiore a quella che li lega al loro atomo di appartenenza, distaccandoli. A causa di tale distacco l’atomo non risulterà più elettricamente neutro, perché è stato alterato l’equilibrio tra le cariche positive del nucleo, rappresentate dai protoni e le cariche negative degli elettroni, dando origine a uno ione. Quando una radiazione elettromagnetica possiede un’energia tale da colpire la materia producendo ioni, prende il nome di radiazione ionizzante, ed è in grado di innescare la cancerogenesi. Quando invece le radiazioni elettromagnetiche non hanno energia sufficiente a staccare le cariche elettriche dall’atomo, vengono definite radiazioni non ionizzanti, che oggi presentano un vasto campo di applicazioni, in continuo aumento. Basti pensare agli impieghi dell’energia elettrica, alle onde radiotelevisive, ai radar, alle apparecchiature mediche (dalla marconiterapia alla risonanza magnetica), alla telefonia fissa e mobile. (Per frequenze  300 GHz l’interazione dei campi elettromagnetici con i sistemi materiali non può produrre variazioni permanenti di struttura atomica o molecolare, poiché il valore del salto energetico ΔEs necessario è di gran lunga superiore all’energia del fotone (hf= 1.2 10-3 eV); al limite si può attenere un’eccitazione degli strati traslazionali, rotazionali e al limite vibrazioni delle particelle, ndr).”

Così spiega il Dott. Nobile, poi continua:

“Da tempo la ricerca scientifica si è intensamente attivata per scoprire se l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti comporti dei rischi per la salute, in particolar modo se possa provocare l’insorgenza di tumori. Ma i risultati di questa infinità di ricerche non consentono ad oggi di affermare con certezza, ma neanche di escludere con altrettanta certezza, l’esistenza di tali rischi. Siccome questa incertezza scientifica è causa di crescente apprensione nell’opinione pubblica fino a provocare reazioni emotive esagerate rispetto ai dati in nostro possesso, gli scienziati consigliano di predisporre misure preventive anche in assenza di prove certe sui danni alla salute, specie per le esposizioni a lungo termine. Ad esempio, il rilevamento epidemiologico di una aumentata incidenza della leucemia infantile conseguente all’esposizione ai campi magnetici, anche se non è stato scientificamente dimostrato un rapporto causa-effetto, ha indotto autorevoli organismi internazionali come lo IARC (Agenzia Internazionale Ricerche sul Cancro) a classificare tali campi come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. In presenza quindi di studi discordanti, fra chi sostiene l’innocuità e chi la pericolosità dei campi elettromagnetici, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) consiglia di applicare il cosiddetto “principio di precauzione”. Questa modalità di intervento preventivo nei confronti di un rischio potenzialmente grave, in attesa dei risultati delle ricerche in corso, è mirato a fornire risposte provvisorie ma “precauzionali” fino a che non saranno disponibili dati sicuri e scientificamente comprovati.”

Dunque, secondo quanto detto, non è dimostrato scientificamente che le onde elettromagnetiche siano così pericolose e, come rilevato da parecchi studi, e come riportato in un precedente articolo su Close-up Engineering, sembrerebbe che il pericolo reale non sia imputabile all’onda elettromagnetica in sè, quanto all’aumento di temperatura che si sviluppa nella zona sottoposta al segnale e che, se protratto per un tempo molto lungo, innesca irrimediabilmente un processo di lisi cellulare del tessuto biologico in questione.

Come prevenire e cercare di “evitare”, il più possibile, l’esposizione elettromagnetica?

Si consiglia di utilizzare gli auricolari semplici, durante le telefonate, o quelli bluetooth, di spegnere il cellulare durante la notte, o impostarlo in modalità aereo, di tenerlo lontano da zone vicine ai genitali, dalla testa e dal cuore.

Ma i telefoni cellulari emettono tutti quanti la stessa quantità di onde elettromagnetiche?
La risposta è negativa.

Esiste infatti un valore specifico per ogni telefono cellulare in circolazione, che individua la quantità di radiazioni assorbita dal nostro corpo e dalla nostra testa. Questa quantità viene misurata tramite le cosiddette “prove SAR” o “test SAR“, effettuate con tecnologie all’avanguardia.

SAR: Specific Absorption Rate

Il SAR (Specific Absorption Rate), esprime la percentuale di energia elettromagnetica assorbita dai tessuti biologici esposti all’azione di un campo elettromagnetico a radiofrequenza (RF), e si misura in W/kg (Watt su chilogrammo).

SAR
Formula SAR

Da questa espressione, si ottiene il legame diretto tra SAR e campo elettrico, che ne permette la misura

Formula SAR
Formula per calcolare il valore SAR, considerando il campo elettrico.

Il SAR è direttamente legato all’incremento di temperatura di un corpo, mediante l’equazione del bio-calore.

Il calore complessivo accumulato per unità di volume di tessuto nell’unità di tempo è pari alla variazione di temperatura nell’unità di tempo, moltiplicata per la capacità termica di un metro cubo di tessuto:

Equazione del bio-calore
Il calore complessivo accumulato per unità di volume di tessuto nell’unità di tempo è pari alla variazione di temperatura nell’unità di tempo, moltiplicata per la capacità termica di un metro cubo di tessuto

Seguendo le norme definite dall’ICNIRP (International Commitee for Non-Ionising Radiation Protection), l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e l’Australia hanno definito norme armonizzate che stabiliscono i livelli di emissioni massimi consentiti per tenere entro un certo limite di sicurezza la tolleranza di assorbimento.

Il valore SAR consentito in Europa è al massimo pari a 2 W/kg su 10 grammi di tessuto (SAR localizzato per la zona della testa e del tronco), in Canada e Stati Uniti le normative hanno fissato il limite massimo a 1,6 W/Kg su grammo di tessuto.

Di seguito, una tabella con le più comuni marche e i più comuni dispositivi cellulari e il relativo SAR espresso in W/Kg.

Marca

Modello

SAR

SamsungGalaxy Note0.21
SamsungGalaxy A50.26
SamsungGalaxy S4 Mini0.33
SamsungGalaxy Note Edge0.33
SonyXperia Z Ultra0.34
SamsungGalaxy Note 30.36
HTCOne M80.42
OnePlusOnePlus One0.44
SonyXperia Z0.48
LGNexus 50.49
NokiaLumia 13200.56
SamsungGalaxy S3 Mini0.58
AppleiPhone 5s1
NokiaLumia5201.09
AppleiPhone 4s1.18
AppleiPhone 61.18
AppleiPhone 6 Plus1.19
NokiaLumia 5301.19
MotorolaMoto G 4G1.24
AppleiPhone 51.25
NokiaLumia 6301.52

I test SAR

Per calcolare il valore SAR di un dispositivo radiomobile vengono utilizzati molti strumenti, fra cui sensori, fantocci, sorgenti, sistemi di scansione e acquisizione, di calibrazione e procedura di misura e di valutazione dell’incertezza.

I tessuti biologici, che simulano tessuti ad alto contenuto idrico (muscoli, cervello e viscere in genere), utilizzati per questa sperimentazione, sono essenzialmente basati su soluzioni saline.

Ad essi sono addizionati gel o liquidi di varia natura e viscosità per fissarne in modo opportuno la consistenza; la formulazione più utilizzata è composta di polietilene sbriciolato miscelato ad una soluzione salina in gel.
Un composto meno viscoso è un gel ottenuto tramite una soluzione salina cellulosa idrossietilica (HEC); questo gel essendo trasparente, permette l’ ispezione visiva nel posizionamento delle sonde e nella ricerca di bolle d’ aria.
Il comportamento dello strato di pelle assieme a quello adiposo sottocutaneo è ben emulato tramite fibre di vetro.

Il comportamento delle ossa in un individuo vivo cambia notevolmente nel caso di un cadavere; infatti in un largo range di radiofrequenze, nel primo caso, le caratteristiche ricalcano quelle del grasso umano.
La simulazione di queste due componenti del corpo è solitamente realizzata tramite ossature costituite di resine poliestere riempite di carbone acetilene nero ed alluminio e titanato di bario polverizzati.

Si noti che l’ utilizzo di gel se da una parte apporta notevoli vantaggi, quale ad esempio il riassetto spontaneo della struttura a seguito del riposizionamento di sonde (non restano cioè vuoti d’ aria) o la possibilità di muovere senza problemi le sonde all’ interno tramite scanners meccanici (nel caso di viscosità molto bassa), dall’altra comporta molta cura nel mantenimento delle caratteristiche chimiche (infatti, tendono naturalmente a disidratarsi per evaporazione e a diventare purulenti qualora non siano trattati tramite battericidi).

Modelli teste prove SAR
Questi modellini di teste vengono utilizzati nelle prove SAR.
Braccio meccanico utilizzato durante le prove SAR
Braccio meccanico utilizzato nei test SAR della Sicom.

Le prove SAR vengono effettuate in Italia, ad esempio, da Sicom, realtà tutta italiana, situata a Trieste, che esegue test SAR per apparecchiature elettriche, elettroniche e di telecomunicazione, tramite una macchina composta da un braccio robotizzato, da una sonda di campo elettrico e da particolari vasche, la cui forma riproduce il modello della testa e del corpo umano. All’interno delle vasche è contenuto uno speciale liquido che permette di simulare le caratteristiche del tessuto dell’uomo. Il dispositivo su cui vengono effettuate le prove viene quindi posizionato al di sotto delle vasche in modo da simularne l’utilizzo nelle vicinanze della testa o del corpo. La misurazione avviene mediante una complessa procedura di test, al termine della quale il valore ottenuto dalle misure viene confrontato con i limiti previsti dalle normative di rifermento.