Protesi

Valvole cardiache: in via di sviluppo un’innovativa protesi tissutale

Il cuore presenta quattro valvole cardiache che assicurano l’unidirezionalità del flusso sanguigno durante le fasi del ciclo cardiaco. Ci sono due valvole atrioventricolari: la valvola mitrale tra atrio e ventricolo sinistro, e la valvola tricuspide tra atrio e ventricolo destro, che evitano il reflusso di sangue verso l’atrio quando il ventricolo si contrae. Le altre due valvole sono la valvola polmonare tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare, che porta il sangue alla circolazione polmonare, e la valvola aortica, tra il ventricolo sinistro e l’aorta, che porta il sangue alla circolazione sistemica.

Credits: plsaravanancardiologist.com

Le valvole cardiache possono andare incontro a disfunzioni (valvulopatie) che possono essere congenite o derivanti dallo sviluppo di alcune patologie, come l’infarto, la febbre reumatica, lo scompenso cardiaco, l’ipertensione arteriosa o infezioni. Come conseguenza la valvola può andare incontro a stenosi, ovvero restringimento della sezione per cui il sangue fa fatica a passare attraverso, o a insufficienza, per cui la valvola non chiude più bene, portando alla presenza flusso di sangue retrogrado. In questi casi può essere necessario l’impianto di una protesi che vada a ripristinare la funzionalità compromessa.  

Le protesi valvolari attualmente in uso

Le protesi valvolari tradizionali si dividono in due categorie: meccaniche e biologiche. Le protesi valvolari meccaniche sono realizzate in materiale sintetico biocompatibile, hanno una buona durabilità (in media 20 anni ma nei casi più fortunati la durata può essere molto maggiore), tuttavia richiedono al paziente l’assunzione di farmaci anticoagulanti a vita. Queste protesi solitamente sono realizzate in carbonio pirolitico.

Protesi valvolare meccanica (a sx) e protesi valvolare biologica (a dx) – Credits: HELP

Le protesi valvolari biologiche invece sono realizzate in tessuto di pericardio bovino o valvolare porcino, hanno durata minore (circa 10 anni) ma il loro vantaggio è che non devono essere accompagnate da una terapia anticoagulante a vita. Entrambi questi tipi di protesi richiedono un intervento a cuore aperto per essere impiantate. Nei pazienti che non possono essere sottoposti a questo tipo di intervento, nel caso di valvola aortica, si può eseguire l’impianto percutaneo transcatetere (procedura detta TAVI), in cui una protesi valvolare biologica, montata su un supporto espandibile detto stent, viene impiantata sopra quella originaria, accedendo tramite catetere dall’arteria femorale.

Lo sviluppo di un’innovativa protesi di valvola mitrale

Il progetto BIOMITRAL, avviato dall’UE nel settembre 2021, si è posto come obiettivo lo sviluppo di una protesi di valvola mitrale in tessuto ingegnerizzato, in grado di rigenerare il tessuto endogeno, di facilitare il rimodellamento e di crescere insieme al paziente. Ci si è focalizzati sulla valvola mitrale poiché è tra le più complesse da sostituire, essendo soggetta ad un alto carico di pressione. L’istituzione ospitante il progetto è la Fondazione Ri.MED di Palermo, in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo e l’Istituto Mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione ISMETT di Palermo. 

Credits: Innovabiomed

L’idea è quella di sviluppare una protesi su uno scaffold (ovvero un supporto) biodegradabile, seminato con cellule del paziente, che con il tempo verrà sostituito da tessuto prodotto dallo stesso paziente. In questo modo. si potrebbe annullare la dipendenza a vita dalle terapie anticoagulanti richiesta dalle protesi meccaniche, senza però dover ricorrere alla breve durata delle protesi biologiche.

Questo prototipo di valvola mitrale mira a replicare il più possibile quella nativa, per cui ha una sola cuspide a doppia apertura e non presenta la configurazione rigida ad anello delle valvole tradizionali a tre cuspidi.

Da Palermo il propulsore di queste nuove valvole cardiache

Ad aggiudicarsi il contributo dell’UE per lo sviluppo di questo ambizioso progetto è stato Antonio D’Amore, Research Assistant Professor in Biomedical Engineering dell’Università di Pittsburgh e Group Leader in Ingegneria Tissutale per la Fondazione Ri.MED di Palermo. Autore di oltre 150 pubblicazioni, ha al suo attivo 16 brevetti ed è co-fondatore della start-up “Neoolife”. La sua ricerca per le protesi valvolari cardiache ha favorito anche lo sviluppo di nuove tecnologie di lavorazione di polimeri che potranno avere un impatto positivo anche in altri settori.

Non resta che augurare un buon lavoro al gruppo di ricerca coinvolto in questo progetto, con la speranza che questo promettente prototipo possa essere traslato presto alla pratica clinica, migliorando il trattamento e la qualità della vita dei pazienti che devono essere sottoposti all’impianto di una protesi di valvola mitrale.

A cura di Elisa Maria Fiorino.

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