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Virus zombie risvegliati dopo 50mila anni

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Alla fine del 2022, tra i risultati scientifici, si è fatto presente come alcuni virus congelati si siano risvegliati. Tra questi, il più antico è il pandoravirus. Ad aggiungersi a tale agente patogeno, vi è un nuovo virus zombie, emerso dallo scongelamento di un permafrost. Si analizza cos’è e lo studio che ha portato a tale scoperta.

Cosa sono i virus?

I virus sono organismi di microscopiche dimensioni (0,02-0,3 micrometri), essi dipendono esclusivamente dalle cellule ospiti per permettere la sua riproduzione. Avvolti da una membrana composta da proteine e lipidi, all’interno vi è il genoma ad RNA o a DNA ed hanno un corredo enzimatico che consente di avviare i meccanismi della replicazione virale.

Cos’è un permafrost

Ancora prima di analizzare l’avvenuta scoperta dei nuovi virus zombie, è necessario comprendere cosa sia un permafrost e come esso sia collegato a tale avvenimento. Il permafrost è un terreno gelato, composto da suolo, roccia, sedimenti e ghiaccio, presente per un quinto dell’emisfero settentrionale comprendendo zone del Canada, Siberia, dell’Alaska e della Groenlandia. Vi sono tre tipologie di permafrost: la prima, composta da uno strato superficiale, fonde in estate permettendo la vegetazione; la seconda comprende un permafrost che si è formato tra 1,8 milioni e 10.000 anni fa che ha molto materiale organico e la terza tipologia è un permafrost sempre gelato.

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Quando un permafrost è soggetto ad una fusione, comporta la creazioni di depressioni e laghi, inoltre, se avviene lo scongelamento velocemente, ciò può causare incendi nella tundra, che portano all’emissione di metano ed altri gas, aumentando l’effetto serra. Inoltre, il disgelo può rilasciare rifiuti chimici e radioattivi che possono danneggiare la fauna selvatica e sconvolgere gli ecosistemi.

Lo studio sui virus zombie

Dato l’aumento delle temperature ed il conseguente cambiamento climatico, i permafrost sono soggetti a sollecitazioni maggiori che comporterebbero un pericolo di riemersione di batteri ed altri organismi, risvegliando malattie antichissime e letali.

A dare l’annuncio sulla scoperta di nuovi virus zombie è stato il professore Jean-Michel Claverie dell’Istituto di Microbiologia, Bioenergia e Biotecnologia presso l’Università di Aix – Marsiglia, il quale insieme ai colleghi dell’Istituto Zoologico dell’Accademia Russa delle Scienze di San Pietroburgo, del Centro Helmholtz per la ricerca polare e marina di Potsdam, i cui virus sono stati rinvenuti da un permafrost siberiano.

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Un virus di 30mila anni, simile a quello di 50mila anni recentemente risvegliato. Credit: Jean–Michel Claverie/IGS/CNRS–AMU

Tali patogeni sono in totale 13 specie che appartengono ai gruppi tassonomici: i Pandoravirus, i Pithovirus, i Megavirus, i Pacmanvirus ed i Cedratvirus, che sono stati estratti da carcasse di animali preistorici di età compresa tra i 27mila ed i 50mila anni.

Il ceppo Pandoravirus yedoma è il più remoto, datato grazie alla tecnica del radiocarbonio nel terreno, risale a 48.500 anni fa ed capace di infettare amebe. Vi sono anche virus più recenti che riescono anche a causare il contagio.

I virus zombie sono letali per l’uomo e gli animali?

La microbiologia Birgitta Evengård, professoressa presso il Dipartimento di microbiologia clinica dell’Università di Umea, ricorda come la nostra difesa immunitaria si è sviluppata tramite il contatto con l’ambiente microbiologico. Inoltre dichiara:

“Se c’è un virus nascosto nel permafrost con cui non siamo stati in contatto per migliaia di anni, è possibile che la nostra difesa immunitaria non sia sufficiente. È giusto avere rispetto per la situazione ed essere proattivi e non solo reattivi. E il modo per combattere la paura è avere conoscenza.”

I ricercatori consigliano di valutare attentamente i rischi legati al risveglio di questi virus, che potrebbero essere una minaccia per la salute pubblica, come accadde nel 2016, che un’epidemia di antrace, causata da un batterio, colpì 2mila renne e decine di esseri umani.