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Da tempo la stampa e il web –social network inclusi- hanno avanzato ipotesi sull’ipotetica pericolosità che le reti wireless Wi-Fi potrebbero rappresentare nei confronti dell’uomo, pericolosità dovuta all’esposizione del corpo ai campi elettromagnetici (danni irreversibili al cervello, malformazioni, aborti spontanei, tumori). Come di solito avviene sul web (molto spesso per ricevere centinaia –o migliaia- di clic in più), sono stati utilizzati titoli sensazionalistici e con argomentazioni prive di scientificità.
La tecnologia Wi-Fi è tra le più diffuse per connettere tra loro dispositivi di diverse tipologie: computer, tablet, smartphone, e-book reader, stampanti, smart TV e tanto altro. Le reti Wi-Fi sfruttano frequenze dell’ordine dei GHz, e più precisamente: 2.45 GHz (standard IEEE 802.11b e 802.11g) e 5 GHz (standard IEEE 802.11a).
La teoria dei campi elettromagnetici ha dimostrato che essi sono in grado di penetrare all’interno del corpo; e la capacità di penetrazione è inversamente proporzionale alla frequenza del segnale: più la frequenza è elevata, minore è lo spessore di penetrazione (ovvero, il percorso che l’onda effettua all’interno del corpo). Dunque, un campo di 5 Ghz penetrerà di pochi millimetri all’interno del corpo.
Gli studi fino ad ora condotti hanno evidenziato che l’unico effetto rilevabile è l’aumento della temperatura corporea della zona esposta al segnale. Tale aumento è però compensato dai meccanismi fisiologici di autoregolazione termica, esattamente come accade quando si suda facendo attività sportiva.
Valori di campo elettromagnetico molto elevati potrebbero superare i meccanismi di regolazione (raggiungimento del valore di soglia), provocando danni. Ma non è il caso degli apparati Wi-Fi che utilizzano emissioni così basse da non provocare neanche un lieve aumento della temperatura corporea.
Il parere dell’ICNIRP
L’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) –come si può leggere in una nota del Consorzio Elettra 2000, la cui mission è quella di supporto per Enti e Amministrazioni nella costruzione del rapporto informativo e comunicativo con i cittadini, legato alla gestione delle problematiche connesse con lo sviluppo delle reti di telecomunicazione- da anni sta portando avanti una revisione critica della letteratura scientifica, prodotta sia da gruppi afferenti ai Programmi Quadro della UE, sia da gruppi indipendenti, prestando attenzione alle considerazioni emerse in merito agli apparati Wi-Fi. La sua posizione riguardo agli effetti che la tecnologia Wi-Fi avrebbe sul corpo umano sono espressi nello “Statement on the Guidelines for limiting exposure tot ime-varying electric, magnetic and electromagnetic fields (up to 300 GHz)”.
In questo importante documento gli scienziati affermano che i dati epidemiologici sui possibili effetti dell’esposizione cronica a corpo intero ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi da apparati lontani dal corpo (stazioni radiobase, access point Wi-Fi) sono poco significativi e non rivelano alcun effetto sulla salute derivante da questa tipologia di esposizioni.
Intervista al prof. Capone, Politecnico di Milano
“Tanti articoli bufala citano studi che non sono stati scientificamente provati”. E’ quanto spiega a Close-up Engineering il prof. Antonio Capone del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano. “Per quanto riguarda l’esposizione ai campi elettromagnetici, non è stato rilevato alcun effetto sul corpo umano se non l’aumento di temperatura. Ma si parla di esposizioni ad elevati campi come ad esempio quello prodotto dai cellulari. Ma anche in questo caso si deve tener conto che si parla di livelli di potenza di 1 Watt per i cellulari e di qualche decina di Watt per le torri radiomobili (in Italia i limiti sono più bassi rispetto alla media internazionale).
A ciò si aggiunge anche che è una tecnologia che emette solo quando c’è trasmissione (ad esempio il download di un file). Un fattore da tenere conto è, tra l’altro, che la quantità di onde assorbite dipende dalla distanza dalla sorgente. Infatti il campo si attenua con una legge quadratica, quindi basterebbe allontanarsi di un paio di metri dalla sorgente per avere un abbattimento dei livelli di esposizione. E’ esattamente il motivo per cui i nostri genitori ci dicevano di tenerci lontani almeno 2-3 metri dalle vecchie TV a tubo catodico”.
Di recente sono sorti anche dubbi in merito all’installazione di sistemi Wi-Fi nelle scuole elementari. Ma anche in questo caso, i limiti di esposizione sono bassissimi e gli access point sono sempre posizionati a grande distanza (sotto il soffitto, a qualche metro di altezza).
In conclusione, si tratta di una tecnologia low cost, che non ha motivo di essere attaccata e per la quale non c’è e non deve esserci alcuna preoccupazione.
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