A quasi due mesi dall’uscita dell’album Exuvia di Michele Salvemini, in arte Caparezza, abbiamo deciso di riprendere un singolo del 2017 per parlare di un disturbo ancora poco conosciuto, seppur molto comune: l’acufene. Larsen è il terzo brano di Prisoner 709 in cui l’artista racconta il tormento dell’acufene e il suo impatto a livello artistico e intellettuale. Il disturbo “conosciuto nel 2015” apre una serie di interrogativi sulla qualità della vita dell’artista che, come molte altre persone affette da acufene, ha imparato a convivere con queste sensazioni sonore anomale.
L’acufene, o tinnito, è la percezione soggettiva di un suono in assenza di rumori esterni. Solitamente si tratta di una sensazione sonora molto acuta simile a un fischio o un ronzio, che può essere percepita in modo continuo, discontinuo o intermittente. E’ molto comune pensare all’acufene come una malattia. Tuttavia, si tratta di un sintomo aspecifico, manifestazione di un’alterazione a livello fisiologico nel nostro organismo (proprio come la febbre). Al giorno d’oggi circa il 20% della popolazione soffre di tinnito, nella maggior parte dei casi relazionato a perdita dell’udito. Le cause di questo disturbo sono molteplici e molto difficili da individuare, motivo per cui non esiste ancora un trattamento specifico del sintomo acufene. Fortunatamente le anomalie che scaturiscono l’acufene sono lievi, originate nell’apparato uditivo o nei centri nervosi direttamente collegati, tra cui:
Caparezza personifica il disturbo dell’acufene con Larsen, cognome del fisico acustico Soren Absalon Larsen a cui si attribuisce la scoperta dell’omonimo effetto. L’effetto Larsen, o feedback acustico, descrive quel fischio fastidioso che si innesca quando il microfono è troppo vicino all’altoparlante, o quando il guadagno del sistema audio è troppo elevato. Il testo ricco di metafore paragona l’acufene ad una stanza piena di cori, un fischio che distrae continuamente e priva perfino del sonno.
Una prima grande distinzione riguarda l’acufene oggettivo da quello soggettivo. Il primo, detto anche extra-uditivo, interessa meno dell’1% dei casi. Questo si verifica quando il suono percepito è udibile dall’esterno, derivante da un’attività biologica interna come turbolenza vascolare, pulsazione o spasmo muscolare. Infatti, l’acufene oggettivo è misurabile dal punto di vista medico con uno stetoscopio. L’acufene soggettivo o intra-uditivo invece, è molto più frequente e si origina nella via acustica, percepibile solo dai pazienti stessi. Una seconda classificazione prende in considerazione la durata del disturbo. Il tinnito si definisce acuto quando il paziente percepisce il fischio per un periodo di tempo non superiore ai 3 mesi. Si parla invece di subacuto se il disturbo rimane dai 3 ai 6 mesi e cronico se persiste per periodi più lunghi.
Nelle sue forme più invalidanti, l’acufene ha delle notevoli ripercussioni nella vita di tutti i giorni. Il sonno viene compromesso, così come la capacità di concentrazione: tutte le normali attività quotidiane perdono la percezione di reale che avevano in precedenza. Affinché il paziente riesca ad adattarsi ad una nuova realtà abitata da un ronzio costante è fondamentale un adeguato percorso terapeutico, che prevede anche un affiancamento psicologico. Infatti, accade spesso che le persone che soffrono di tinnito manifestino disturbi d’ansia o sintomi di depressione. Tra i trattamenti comunemente proposti per la cura dell’acufene vi sono farmaci aspecifici che tendono a non garantire effetti a lungo termini. Si utilizzano regolatori ed attivatori del microcircolo, protettori delle pareti microvascolari, vasoattivi, vitamine, antistaminici, sedativi o corticosteroidi.
La terapia più accreditata nel trattamento dell’acufene è la TRT, o Tinnitus Retraining Therapy. Questa metodologia prevede l’erogazione continua di un suono per abituare il paziente ad un sottofondo costante, fino a dimenticarsi del tinnito. La TRT prevede la riprogrammazione dei filtri cerebrali con lo scopo di attenuare o eliminare completamente la percezione dell’acufene. Il suono viene erogato da un generatore in modo continuo e trasmesso al timpano tramite un piccolo ricevitore posto nel canale auricolare, stimolando le cellule nervose uditive. In questo modo, grazie alla plasticità cerebrale, è possibile riprogrammare i filtri cerebrali facilitando l’abitudine all’acufene.