Alzheimer, un nuovo farmaco previene la formazione di placche amiloidi
La malattia di Alzheimer è tra le più comuni forme di demenza senile, colpendo quasi 28 milioni di persone nel mondo. L’incidenza della malattia segue il progressivo invecchiamento della popolazione, registrando sempre più casi ogni anno. Malgrado il progresso medico-scientifico nello sviluppo di terapie farmacologiche e comportamentali, non esiste ad oggi una cura efficace. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California a San Diego e del Massachusetts General Hospital ha studiato un nuovo farmaco contro l’Alzheimer per combattere la formazione di placche senili, una delle principali caratteristiche microscopiche causa delle disfunzioni cognitive tipiche della malattia.
Le caratteristiche dell’Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è associato alla presenza di placche e “gomitoli” neurofibrillari, che interferiscono con la comunicazione neuronale, quindi la trasmissione di impulsi nervosi, portando ad una progressiva atrofia del cervello. L’Alzheimer è una patologia neurodegenerativa cronica caratterizzata dalla degenerazione e distruzione delle cellule nervose. La malattia comporta un’alterazione delle funzioni cognitive dell’individuo in modo consistente ed irreversibile, inducendo stati di confusione, cambiamenti d’umore e disorientamento. Esistono 7 diversi stadi della malattia a seconda della gravità dei sintomi. Perdite di memoria, difficoltà nei ragionamenti e uso improprio del linguaggio si associano agli stadi più lievi, fino alla completa perdita di autosufficienza in quelli più avanzati. Non si conoscono ancora con certezza le cause dell’Alzheimer, tuttavia i danni cerebrali si instaurano molto prima del manifestarsi dei primi sintomi.
Cosa sono le placche amiloidi
Microscopicamente vi sono due lesioni principali tipiche della malattia: le placche senili (o amiloidi) a livello extracellulare, e gli ammassi neurofibrillari, a livello intracellulare. Le prime sono gruppi densi e insolubili di peptidi, interposti tra cellule nervose. Nel dettaglio, si tratta di un accumulo del peptide β-amiloide (Aβ), un frammento della proteina APP (Amyloid Precursor Protein) situata nella membrana plasmatica. L’enzima γ-secretasi taglia la proteina APP producendo i frammenti peptidici di β-amiloide di diversa lunghezza: Aβ40 e Aβ42. Questi ultimi si aggrovigliano nelle zone dell’ippocampo, amigdala e neocorteccia, portando alla formazione delle placche senili. La combinazione di placche amiloidi e ammassi neurofibrillari va ad intaccare le sinapsi ostacolando la corretta trasmissione dell’impulso nervoso, nonché il flusso di sostanze nutritive.
Lo sviluppo del nuovo farmaco contro l’Alzheimer
Il nuovo farmaco contro l’Alzheimer messo a punto dai ricercatori dell’Università della California e del Massachusetts General Hospital è stato presentato il 2 marzo 2021 sulla rivista Journal of Experimental Medicine. Rispetto ai medicinali antidementigeni già in commercio che mirano all’inibizione dell’enzima γ-secretasi (GSI), questi optano per un’alterazione della sua attività in modo che generi una quantità minore di pepetidi β-amiloide, i “costruttori” delle placche. Sono a tutti gli effetti dei modulatori della γ-secretasi, detti GSM. L’introduzione dei GSM potrebbe aggirare le problematiche associate ai GSI, con l’obiettivo di impiegarli nella prevenzione primaria della malattia di Alzheimer ad esordio precoce. Il nuovo farmaco per il trattamento dell’Alzheimer riduce nettamente la produzione di Aβ42 e in parte anche quella di Aβ40, i principali responsabili della formazione delle placche.
I risultati dello studio
La fase preliminare di sperimentazione ha visto come protagonisti roditori, scimmie e macachi. Il modulatore GSM è stato sottoposto ripetutamente e a basso dosaggio agli animali affetti da Alzheimer precoce, prima, o subito dopo, la formazione delle placche mieloidi. Il risultato delle somministrazioni è più che soddisfacente: il farmaco ha eliminato completamente la produzione di Aβ42 in topi e scimmie, senza provocare effetti collaterali tossici. Nei macachi invece il GSM è in grado di ridurre la produzione del frammento Aβ42 del 70%, diminuendo comunque il rischio di infezione associato alle placche.
Dopo i promettenti risultati ottenuti nei test animali, la sperimentazione del nuovo farmaco contro l’Alzheimer sugli esseri umani è sempre più vicina. Si apre così un altro spiraglio nella cura di questa grave forma di demenza, che colpisce una fetta (ancora troppo grande) di popolazione.