Le norme sul Covid si stanno alleggerendo e la vita sembra pian piano tornare alla normalità. Eppure il virus circola ancora, e la ricerca non si ferma per comprendere anche quei meccanismi ancora non chiari dopo questi lunghi anni di pandemia. La prima importante scoperta è stata quella sul sistema complementare, un meccanismo cruciale del sistema immunitario. È stato infatti visto come la sua iperattivazione, che è alla base di una potente risposta infiammatoria, sia causa di sintomi gravi, che conseguono in danni anche importanti agli organi. I ricercatori del CEINGE-Biotecnologie hanno però cercato di analizzare l’aspetto contrario, ovvero i casi asintomatici di Covid, o comunque con pochi sintomi e non gravi. Fondamentale in questi pazienti sembra essere una sorta di predisposizione genetica.
È risaputo che alcuni fattori predispongono a sintomi gravi da Covid. Età, sesso, peso e presenza di malattie pregresse, ad esempio, possono incidere sulla severità della malattia. Esistono però anche fattori genetici da tenere in considerazione. Proprio partendo da questa idea un gruppo del CEINGE-Biotecnologie di Napoli ha condotto un importante studio.
Per la ricerca il team del CEINGE ha analizzato il genoma di quasi 800 pazienti asintomatici over 60. Questo è poi stato confrontato con quello di 56885 individui europei e poi con quello di 147 altri pazienti che erano stati ricoverati a causa del virus.
Grazie a potenti sequenziatori di ultima generazione è stato dunque possibile raccogliere importanti dati genetici. In particolare l’analisi si è concentrata sulle cosiddette qualifying variants, modifiche rare ad alcuni geni. Il processo è stato implementato dai bioinformatici del centro. Dal confronto è quindi stato possibile individuare che delle particolari mutazioni genetiche rare risultano molto più presenti nei pazienti asintomatici.
I tre geni coinvolti in questo arricchimento di qualifying variants sono MASP1, COLEC11 e COLEC 10, tutti appartenenti alla famiglia della lectina e notoriamente coinvolti nei processi infettivi. Dall’analisi dell’attività del sistema complementare in questi individui è stato poi notata una ridotta attività del pathway della lectina. In pratica delle mutazioni alterano la funzione di questi geni e la cosa, inaspettatamente, ha effetti positivi sui sintomi del Covid, che risultano quindi più lievi e non vanno a danneggiare altri organi. Va poi sottolineato che i tre geni trovati grazie alla ricerca sono anche coinvolti nei processi di coagulazione, notoriamente un fattore di rischio nei casi di virus Covid.
I dati sono stati resi disponibili in un database online, consultabile da tutti. I ricercatori del CEINGE vogliono infatti che il loro lavoro possa tornare utile anche ad altri gruppi per lo sviluppo di ulteriori studi in questo campo. Questa scoperta, però, non è importante solo per la conoscenza aggiunta al quadro generale sul Covid. I dati trovati potrebbero infatti essere utilizzati come importanti marcatori prognostici della malattia grave. Dai livelli sierici dei tre geni, quindi, sarebbe possibile prevedere gli esiti dell’infezione a livello di sintomatologia. Non solo: le nuove conoscenze su ulteriori basi biologiche possono aiutare nella formulazione e nello sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici.
Questo nuovo risultato si inserisce in un contesto di continuo sviluppo e analisi dei meccanismi alla base del Covid. Va ricordato che è proprio grazie a questi studi che è stato possibile sviluppare i vaccini e i farmaci che stanno aiutando nella lotta al virus. Questo ultimo risultato tutto italiano aggiunge dunque un tassello al quadro generale di conoscenza del Covid. Si tratta di un’analisi importante sui casi asintomatici e sulla loro predisposizione genetica, cosa che non era mai stata appropriatamente analizzata prima.
L’articolo completo è stato pubblicato sulla rivista internazione Genetics in Medicine, mentre il database ESPOSITO-COVID con i risultati è libero e consultabile online.