La tecnologia del bioprinting 3D offre un grande potenziale nel trattamento dei danni ai tessuti e agli organi. Il bioprinting in sito, all’interno di un corpo vivente, è una soluzione potenzialmente trasformazionale in quanto il corpo funge da eccellente bioreattore. Si è progettata una biostampante 3D multifunzionale e flessibile (F3DB), che presenta una testina con alto grado di libertà integrata in un braccio robotico flessibile che fornisce biomateriali in sito.
Per le procedure chirurgiche, le suture sono utilizzate principalmente per promuovere la guarigione dei tessuti. Tuttavia, il fallimento della chiusura della ferita o dei difetti del tratto gastrointestinale o di altre superfici può portare a complicazioni inaspettate, come le infezioni. La lesione della parete gastrica è tra le malattie più comuni nel tratto gastrointestinale ed è dovuta alla debolezza della mucosa creata da H. pylori. Il trattamento tipico per questa malattia include principalmente farmaci e interventi di chirurgia endoscopica. Mentre l’efficacia del metodo farmacologico è normalmente lenta, la chirurgia è associata a complicazioni. Anche se l’uso del colloide attraverso l’irrorazione con un endoscopio è attualmente utilizzato per fermare il sanguinamento, questo metodo non ricostruisce la struttura 3D della ferita.
Recentemente è emersa la tecnologia del bioprinting 3D con biomateriali che incorporano cellule viventi (bioinks) e farmaci per creare costrutti viventi 3D (ad esempio: cerotto cardiaco o cerotto gastrointestinale) per il trattamento di una varietà di condizioni. Gli approcci di bioprinting 3D hanno il potenziale per molte applicazioni biomediche tra cui la riparazione senza sutura del difetto gastrointestinale e la medicina rigenerativa. Attualmente, i costrutti 3D vengono realizzati al di fuori del corpo umano e vengono incubati in vitro prima dell’impianto o stampati esternamente in 3D e poi impiantati in vivo utilizzando la chirurgia.
Poiché i biomateriali sono normalmente costituiti da strutture morbide e fragili, possono verificarsi danni strutturali durante il processo di manipolazione manuale, trasferimento e trasporto. Anche gli elevati rischi di contaminazione dovuti all’esposizione diretta alla piattaforma di fabbricazione e all’ambiente circostante sono problemi importanti. Inoltre, gli ambienti di stampa 3D esterni non sono paragonabili al corpo vivente che funge da eccellente bioreattore per i biomateriali. Si richiede un intervento chirurgico in campo aperto per l’introduzione di materiali stampati nel corpo; ciò può portare a un tempo di recupero più lungo ed a un costo medico più elevato.
Per superare queste sfide si utilizzano dei biomateriali viventi che vengono depositati in sito con le tecniche di bioprinting. Uno degli approcci più semplici è l’uso di uno strumento portatile che fornisce direttamente i biomateriali nel tessuto difettoso. Sebbene questo metodo consenta il bioprinting in sito, è limitato alle aree danneggiate, alle superfici esterne della pelle o ai siti accessibili che richiedono un grande intervento chirurgico in campo aperto. Gli strumenti portatili limitano l’accesso a molti altri organi e tessuti, come: cuore, colon, intestino e rene e a loro volta. Inoltre, rappresentano un alto rischio di infezione e tempi di recupero più lunghi. Oltretutto, gli strumenti portatili si controllano manualmente, dunque portano ad una bassa precisione delle strutture stampate e/o ad una bassa velocità di risoluzione.
Recentemente, in uno studio si è introdotto un approccio di bioprinting in cui si è iniettato il biomateriale vivente direttamente sulla superficie della pelle o vicino ad essa. Si è poi erogata la luce del vicino infrarosso attraverso la pelle per indurre la fotoreattività dei biomateriali. Sebbene questo metodo di iniezione offra benefici minimamente invasivi, ha una penetrabilità superficiale della luce che è insufficiente per la reticolazione dei biomateriali. Quindi questa procedura è limitata solo ai siti di stampa in cui la profondità è inferiore a 5 mm.
In un altro studio si è recentemente sviluppato un ago robotico morbido, controllato da un computer, in grado di stampare in sito. Nonostante i progressi, questo approccio richiede grandi magneti permanenti e una complessa schermatura magnetica per controllare la punta dell’ago. Questo, inoltre, ha accesso al sito bersaglio solo tramite un’incisione cutanea. Il controllo di flessione della punta è limitato a causa dell’uso di campi magnetici esterni, che non sono adatti a operare vicino a materiali ferromagnetici o a raggiungere siti complessi all’interno del corpo.
Per affrontare le problematiche, si è progettata una nuova biostampante 3D miniaturizzata e flessibile (F3DB) in grado di fornire direttamente biomateriali sulle superfici di organi e tessuti interni. Si compone di: una testina di stampa ad alto grado di libertà e di un braccio robotico morbido, ambedue montati su un corpo lungo e flessibile serpentiforme. Il dispositivo può accedere ad aree confinate e difficili da raggiungere all’interno del corpo attraverso piccole incisioni cutanee o gli orifizi naturali umani. L’F3DB condivide un’architettura simile con i sistemi chirurgici flessibili esistenti tramite una configurazione master-slave.
Si è sviluppato il braccio robotico utilizzando funzionalità avanzate in attuatori idraulici morbidi, mentre la testina di stampa 3D si è montata sul braccio robotico morbido per formare una biostampante 3D completa. Il dispositivo è azionato utilizzando muscoli artificiali morbidi e controllato da un modello di inversione cinematica. L’area di lavoro, la risposta in frequenza, la durata e la generazione di forza dell’F3DB sono convalidati sperimentalmente.
Le capacità di stampa si sono valutate con un rene suino e un colon artificiale utilizzando vari materiali come: cioccolato alimentare, elastomero di silicone liquido e composito gel. Questo si è valutato con diversi modelli e su molteplici superfici. I ricercatori hanno dimostrato come il nuovo dispositivo riesca a stampare biomateriali multistrato con dimensioni e forme diverse in aree difficili da raggiungere, grazie al braccio flessibile. Per dimostrarne le potenzialità, il team di ricerca ha testato la vitalità delle cellule presenti nel biomateriale appena stampato. Dalle analisi si è scoperto che le cellule non sono state influenzate dal processo. Inoltre, oltre ad essere vive, hanno continuato a proliferare nei 7 giorni successivi con un numero di 4 volte superiore dall’esecuzione della stampa.
Il team ritiene che F3DB potrebbe essere utilizzato come strumento chirurgico endoscopico all-in-one, poiché in grado di svolgere contemporaneamente più funzioni. Potrebbe, per esempio, diventare fondamentale per rimuovere alcuni tumori, in particolare nel cancro del colon retto.