Da qualche settimana i reparti pediatrici degli ospedali sono in allerta per l‘aumento di casi di bronchiolite nei bambini. La bronchiolite è infatti un’infezione che colpisce l’apparato respiratorio inferiore e negli infanti può essere pericoloso. I medici sono preoccupati, in quanto quest’anno la bronchiolite dovuta al virus sinciziale è giunta con due mesi di anticipo, cogliendo molte persone impreparate. Vediamo nello specifico in cosa consiste la bronchiolite.
Per bronchiolite s’intende un processo infiammatorio acuto, caratterizzato dall’ostruzione dei bronchioli, ovvero le ultime diramazioni bronchiali. La bronchiolite può colpire adulti e bambini, ma nei bambini, specie nei neonati, presenta una sintomatologia più severa. Nello specifico, il grado di severità dell’infezione è inversamente proporzionale all’età.
I lattanti, fino a 6 mesi di vita sono certamente la categoria più a rischio. Infatti, si osserva che, annualmente, ogni 100 bambini, 11 si ammalano di bronchiolite. Nell’11-13% dei malati, la malattia si presenta in una forma così aggressiva da richiedere il ricovero ospedaliero. La bronchiolite non è una malattia stagionale ma nel periodo invernale si registra un maggior numero di casi. Ogni anno 150 milioni di persone vengono colpite da bronchiolite.
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Negli adulti, la bronchiolite è spesso scambiata per un semplice raffreddore e, a volte invece, il paziente ne è affetto in maniera asintomatica. Generalmente, la bronchiolite si manifesta, in primis, con difficoltà respiratoria. Si ha poi secrezione nasale sierosa, starnutazione ed inappetenza.
Il direttore della Struttura complessa di Pediatria dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, Lorenzo Iughetti, spiega: “È una infezione alle vie respiratorie, si tratta di un virus che si diffonde molto facilmente, per il quale non c’è un vaccino. Lo scorso anno era praticamente scomparso, perché con le misure di contenimento del Covid avevano fatto sì che non ci fossero in circolazione in Italia casi di bronchiolite. Tenga presente che noi ricoveriamo, da gennaio a marzo, mediamente dai 120 ai 150 casi di bambini.
Lo scorso anno ne abbiamo ricoverato uno, significa che le misure adottate per il lockdown, come le mascherine e il lavaggio frequente delle mani, hanno influito molto. Quest’anno la cosa è molto diversa: forse ci sentiamo più liberi, circoliamo di più, forse siamo meno attenti alle misure di protezione, sta di fatto che abbiamo visto una recrudescenza di questi casi”.
Il principale elemento eziopatologico responsabile della bronchiolite è un virus: in particolare, si tratta del Respiratory Syncytial Virus (Virus Respiratorio Sinciziale, o VRS). Tale tipologia di virus risulta fortemente resistente alle comuni sostanze disinfettanti, così come alle classiche tecniche di sterilizzazione dell’ambiente.
Il VRS sembra non essere il solo responsabile della bronchiolite, sono stati isolati altri possibili microorganismi direttamente o indirettamente correlati con la manifestazione della bronchiolite: virus influenzale di tipo B, virus parainfluenzali di tipo 1, 2 e 3 (agenti causali principali del comune raffreddore e delle malattie simil-influenzali e polmoniti), Adenovirus di tipo 1, 2 e 5. Altri responsabili sono i rinovirus, e Mycoplasma pneumoniae che è un microorganismo responsabile di una particolare forma di bronchiolite che colpisce i bambini in età scolare.
La bronchiolite può scaturire anche da un batterio, la clamidia. Il suddetto batterio è responsabile di una tipologia di bronchiolite particolarmente feroce, soprattutto per i neonati ed i lattanti sino ai 3 mesi. Secondo alcuni studi i figli di madri fumatrici sono più soggetti a bronchioliti nei primi mesi di vita, in quanto il loro parenchima polmonare risulta fortemente alterato, soprattutto in termini di elasticità, in seguito ad un’esposizione intrauterina al fumo di sigaretta.
Per ridurre al minimo i rischi di contagio da bronchiolite è bene seguire alcune norme. Infatti, l’infezione si può contrarre per via aerea, attraverso saliva e/o secrezioni nasali di pazienti infetti. Anche le micro-goccioline di saliva che si disperdono nell’ambiente a seguito di starnuti o tosse sono perfetti veicoli. Anche per la bronchiolite è previsto un tempo di incubazione dopo il contagio. Dopo circa 4 giorni si manifestano i primi sintomi e i bambini infetti possono trasmettere la bronchiolite anche dopo una settimana/10 giorni dal contagio. Il Dr Lorenzo Iughetti si raccomanda “In questi mesi occorre un’assoluta precauzione, una scrupolosa igiene delle mani e l’uso della mascherina se entrano estranei in casa. Rischiamo veramente di avere un brutto inverno.”
La bronchiolite non ha una vera e propria cura, se ne combattono perlopiù i sintomi. Se il paziente non ha una forma aggressiva di bronchiolite può curarsi da casa seguendo le istruzioni del pediatra (in caso di bambini) e del medico (in caso di adulti). Non esistono ancora vaccini, ma ve ne sono alcuni in via di sperimentazione per il virus sinciziale. In particolare, Moderna ad agosto di quest’anno ha annunciato la sua ricerca in merito al suo vaccino a mRNA per gli over 60 e Pfizer nel settembre 2020 ha comunicato l’inizio di uno studio di terza fase denominato.
Coinvolgerà circa 30mila volontari over 60. Per i bambini purtroppo è ancora presto per un vaccino, mentre sono stati studiati dei monoclonali. Uno studio di terza fase su oltre duemila bambini mostrava risultati promettenti, ma attualmente la American Academy of Pediatrics (AAP) raccomanda il palivizumab per i bimbi a rischio di ospedalizzazione. Il monoclonale è riconosciuto anche dall’AIFA, ed è l’unico attualmente in commercio nel nostro Paese.
Per combattere i sintomi della bronchiolite si ricorre a frequenti lavaggi nasali con aspirazione delle secrezioni e terapia aerosolica, che aiuta il paziente a ridurre le abbondanti secrezioni mucose catarrali.
Si può anche optare per farmaci broncodilatori, efficaci nel dilatare i muscoli dei bronchi, favorendo la respirazione. La terapia deve essere sospesa se non risulta efficace. In alcuni casi si prescrive al paziente del cortisone per bocca, ma la più recente letteratura scientifica non dimostra che i bambini sottoposti a questa terapia vanno incontro ad un miglioramento. L’uso routinario degli antibiotici non è raccomandato, tranne in bambini immunocompromessi o in caso si sospetti un’infezione batterica concomitante. A causa dell’inappetenza determinata dalla bronchiolite, si può ricorrere al frazionamento dei pasti, aumentandone la frequenza e diminuendo le quantità.
Il ricovero ospedaliero deve essere valutato caso per caso. Nei casi di cattiva ossigenazione o rifiuto dell’alimentazione da parte del paziente dovrà essere valutato dal pediatra del Pronto Soccorso un eventuale ricovero. Ci sono alcuni fattori di rischio da considerare per un eventuale ricovero, ovvero prematurità o l’età inferiore ai due mesi, la concomitanza di patologie croniche (broncodosplasia, cardiopatie congenite, immunodeficienze, patologie neurologiche), la minor reattività, la difficoltà assistenziale a domicilio da parte dei genitori.