Seppur in Italia la pandemia da Covid19 sembri sotto controllo per il momento, quello che più spaventa è l’ipotesi della famosa “seconda ondata” di contagi con l’arrivo della stagione fredda durante la quale si è già costretti, abitualmente, a combattere contro la cosiddetta influenza stagionale che causa sintomi simili al Sars-Cov2 negli stadi iniziali, motivo per cui un sensore in grado di discriminare in tempi rapidi l’una o l’altra malattia potrebbe essere vantaggioso per una serie di motivi.
Dall’Università del Texas ad Austin, i ricercatori si sono messi a lavoro su un sensore 2 in 1 in grado di individuare in tempi record se il soggetto è affetto da Covid19 o influenza, l’importanza di questo dispositivo emerge in ipotesi della famosa seconda ondata di cui tutti gli esperti ci ricordano, sottolineando come questa avverrà in un periodo in cui potenzialmente saremo esposti alla classica influenza stagionale.
Infatti, proprio questo è stato un aspetto che è stato sottovalutato nei primi giorni di marzo, quando tutti confondevano i propri sintomi con una banale influenza o, al contrario, credevano al peggio quando avevano un po’ di mal di gola.
Ad oggi, l’unico metodo per sapere al 100% se sei positivo è sottoporti al tampone naso-faringeo ma, i tempi dei risultati sono di almeno 2 giorni, motivo per cui l’idea di avere un sensore che immediatamente ti dica cosa tu abbia permette di snellire i tempi di diagnosi e intervenire con un trattamento adeguato.
Il sensore ha le dimensioni di un’unità micro USB ed è infuso con anticorpi di COVID-19 e influenza, perciò una parte del dispositivo è sensibile solo all’influenza, mentre un’altra parte reagirà solo al coronavirus, essendo ancora un prototipo, il team non ha ancora stabilito come sarà condotto il test, ma potrebbe essere eseguito tramite campioni di saliva.
Il materiale utilizzato è il grafene costruito su un transistor ad effetto di campo con elettrolita come elementi di rilevamento, inoltre, lo spessore atomico del grafene crea un’estrema sensibilità a qualsiasi cosa abbia una carica, comprese le biomolecole come i virus, rendendolo ideale come parte di un sensore, come infatti è stato già fatto in precedenza, per rilevare la carenza di ferro (ferritina) nei bambini.
È diventato chiaro che solo cambiando l’anticorpo, potevamo trasformare la piattaforma per concentrarci sul coronavirus
afferma Akinwande, professore del dipartimento di Ingegneria
I ricercatori stanno pianificando di utilizzare campioni inattivi di COVID-19 e influenza per i test iniziali del dispositivo e misureranno il modo in cui il sensore si collega alle proteine dei picchi del coronavirus, che lo aiutano a entrare nelle cellule umane legandosi con loro.
Alcuni scienziati paragonano questa pandemia a quella della Spagnola che flagellò il mondo nel 1918-1920 con una seconda ondata più devastante della prima in autunno ma, a parte sottolineare che l’avanzamento tecnologico e sanitario attuale è ben diverso da quello di 1 secolo fa, ancora non sappiamo con certezza questo virus come si comporta.
Si è spesso parlato dell’azione del caldo, portando a pensare che lo indebolisca ma questo non spiega migliaia di contagi negli Stati Uniti, ad esempio in California, o forse è necessario che sia un caldo-secco rispetto ad un caldo-umido o, semplicemente non c’è nessun tipo di correlazione.
Inoltre, parlare di seconda ondata lascia pensare che la prima sia effettivamente conclusa ma, nella realtà dei fatti non è così e la dimostrazione sono i focolai che, seppur sotto controllo, continuano a scoppiare in Italia.
Dunque, nessuno può sapere con certezza l’evoluzione della situazione la cui unica soluzione per scongiurare una possibile “seconda ondata” rimane il distanziamento sociale e l’uso di mascherine qualora non fosse possibile.