Il famoso divulgatore scientifico Dario Bressanini, nonché chimico, docente e autore di moltissimi libri, ha annunciato sul suo canale YouTube la rara forma di tumore che lo ha recentemente colpito. Si tratta di una forma tumorale molto rara che colpisce solamente 5 persone su un milione: il melanoma uveale.
Uno dei primi segnali di allarme fu la comparsa di macchie che oscuravano la vista, con conseguente riduzione del panorama visivo. Il melanoma uveale è spesso asintomatico, tuttavia i sintomi che più comunemente si possono presentare sono:
La diagnosi necessita di una visita oftalmologica specialistica. Una volta diagnosticato il melanoma sono necessari altri esami per scoprire immediatamente se il tumore si sia diffuso in altri distretti corporei, ed intervenire il più tempestivamente possibile. Tra le indagini diagnostiche troviamo:
Il melanoma uveale è un tumore maligno che coinvolge l’iride, il corpo ciliare o la coroide, tre strutture che formano l’uvea.
L’uvea è un tessuto vascolare che costituisce la tunica media dell’occhio, uno strato pigmentato tra la tonaca fibrosa e la retina. La struttura è principalmente composta da vasi sanguigni e melanociti, le cellule deputate alla produzione di melanina. Le funzioni sono molteplici e molto importanti:
Il melanoma uveale tende a crescere sia all’interno del bulbo, invadendo i tessuti intraoculari, sia all’esterno, diffondendosi tra i tessuti orbitari.
Fino a pochi anni fa la terapia prevedeva esclusivamente l’asportazione dell’occhio, per scongiurare il rischio di ulteriori metastasi nel resto dell’organismo. Questo tipo di melanoma è radioresistente. Il che significa essere capace di resistere a qualsiasi radioterapia clinica. Per questo motivo le scelte terapeutiche risultavano molto limitate. Oggi, si è studiata una cura che prevede di bersagliare la massa tumorale con un fascio di protoni. Il centro specializzato che ha preso in cura Dario Bressanini è la Fondazione CNAO di Pavia, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica. Ad oggi è l’unico polo in Italia che propone trattamenti per i tumori inoperabili o radioresistenti, proprio come il melanoma uveale.
La radioterapia convenzionale utilizza raggi X o elettroni, mentre l’adroterapia prevede l’uso di protoni o ioni carbonio. Questi, grazie alle loro peculiarità fisiche ed essendo molto più pesanti degli elettroni, riescono ad agire con molta più precisione sulla massa tumorale risparmiando i tessuti sani.
Prima di sottoporre l’occhio alla terapia protonica al paziente vengono impiantate delle clip in tantalio, un metallo radiopaco necessario per isolare la zona da colpire col fascio. Il trattamento, per quanto fisicamente indolore, ha un grande impatto psicologico sul paziente. Innanzitutto la testa della persona deve essere immobilizzata e protetta per evitare che il fascio colpisca altre parti del corpo. La maschera costruita in resina è dotata di due retrattori che mantengono le palpebre dell’occhio in questione aperte per 30 minuti. Una condizione estremamente stressante e inusuale, che mette a dura prova la resistenza psicofisica del paziente.
Purtroppo lo sviluppo di metastasi ha ancora un tasso di incidenza molto alta: circa il 50% dei casi. Gli organi più colpiti sono:
Il tempo di comparsa è molto variabile: dai 2 mesi fino a 30 dopo la diagnosi del melanoma. Una volta terminata l’adroterapia sarà infatti necessario sottoporsi a controlli periodici per tenere sotto controllo la formazione di metastasi.