Secondo le recenti stime provvedute dall’Istituto Superiore di Sanità, le persone che nel nostro Paese convivono con il diabete superano i tre milioni e mezzo. Un dato preoccupante, che diventa ancora più implicante se si osserva la crescita del 60% nel numero di casi registrati dal 2000 al 2019 (a motivo della Pandemia da Covid-19, al momento non disponiamo di dati più aggiornati). Se si considera la nostra sola Nazione, una crescita del 60 per cento in vent’anni fa sorgere diversi spunti di interesse per ciascuno di noi.
Nel periodo di riferimento analizzato, i pazienti diabetici sono passati dal 3,8% della popolazione al 5,8%. Una tendenza che trova riscontro anche osservando i dati che riceviamo dalle altre Nazioni Europee. Tra il 2008 e il 2014 il numero di cittadini europei affetti da una forma di diabete è cresciuto di 4,6 milioni, ovvero del 28% in sei anni. Questi dati, che delineano il quadro generale, sono disponibili nell’Italian Diabetes Barometer Report, realizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, in collaborazione con Istat e Coresearch.
Tra le cause della propagazione delle diverse forme di diabete tra le persone considerate, notiamo certamente l’invecchiamento della popolazione. Questo è un evento naturale, ma bisogna evidenziare che questo fattore è affiancato in modo altrettanto naturale da stili di vita sempre più sedentari, dall’aumento di peso che determina un sovrappeso eccessivo o obesità. Si sta facendo molto in ordine di terapie per un approccio efficace alla malattia che renda chi ne è affetto il più autonomo possibile. Infatti, i dati statistici riportati tengono conto anche dei miglioramenti ottenuti in ordine di approccio, diagnosi più tempestive e cure. L’obiettivo attualmente resta prolungare l’aspettativa di vita dei pazienti diabetici.
Tuttavia, le attuali terapie tengono conto di un modello generale della malattia e non sono perfezionate sul metabolismo del singolo. Anche se è possibile calibrare tipo e dosaggio dei farmaci specifici per il diabete, ad oggi non è possibile intervenire in maniera mirata e specializzata per ciascuna persona affetta da questa malattia di carattere degenerativo. In pratica, gli studi sul diabete devono affrontare una carenza di modelli biologici di riferimento che siano il più autentici possibile. In questo tipo di patologia è fondamentale avere la possibilità di replicare, in ambiente di ricerca e test, le condizioni patologiche delle isole pancreatiche del singolo paziente.
Nel periodo più recente, abbiamo assistito ad una rivoluzione in campo bioingegneristico: è stato possibile replicare ‘versioni ridotte’ di diversi organi umani allo scopo di studiarne le reazioni a determinate cure o terapie. In ambito oncologico rappresentano una vera ‘manna’, permettendo di ingegnerizzare terapie mirate e calibrate tenendo conto della specifica patologia e della risposta organica peculiare del paziente.
Per quanto concerne la malattia del diabete, questi piccoli organoidi, prodotti ingegnerizzando tessuto in vitro, si comportano come repliche del tutto reali delle componenti del pancreas umano: le isole di Langerhans. Questi “ islet organoid ” riescono a fornire un modello autentico per lo studio di questa patologia. Altro fattore non affatto trascurabile è che lo studio degli organoidi pancreatici rende possibile anche uno screening farmaco-terapico per l’approccio personalizzato alla cura del diabete oppure per la sostituzione tessutale di aree compromesse dell’organo.
Il pancreas rappresenta una ghiandola vitale per l’organismo umano. È posizionato trasversalmente nella parte superiore e posteriore dell’addome. Questa è sicuramente una posizione strategica considerando le sue funzioni per l’omeostasi fisiologica. In virtù della sua complessa fisiologia il pancreas espleta numerose attività, perciò si distingue tra pancreas esocrino ed endocrino. Il pancreas esocrino provvede alla secrezione di alcuni enzimi utili per la digestione.
L’anatomia del pancreas include al suo interno cellule ad acino che producono enzimi che vengono riversati all’interno del duodeno. Tra questi enzimi, quelli più importanti sono le amilasi, la tripsina, le lipasi e anche degli ioni bicarbonato che hanno la funzione di aiutare l’intestino a contrastare efficacemente l’acidità presente all’interno dello stomaco. D’altra parte, il pancreas endocrino ha una funzione rilevante nella secrezione di alcuni ormoni.
La parte endocrina del pancreas è quella che si trova nella porzione terminale ed in quella centrale della ghiandola. Qui ci sono delle cellule acinose con funzione secretoria e le Isole di Langerhans, alle quali accennavamo prima, componenti fondamentali per la fisiologia pancreatica. Ogni isolotto rappresenta un cordone cellulare riccamente vascolarizzato al cui interno sono presenti una lunga serie di componenti cellulari (citotipi) impiegati per produrre la secrezione ormonale.
Il diabete può comportare una serie di effetti particolarmente severi su organi e tessuti. In particolare, per quanto riguarda il sistema cardiovascolare, un eccesso di zucchero nel sangue diminuisce l’elasticità dei vasi sanguigni e li fa restringere, impedendo il flusso sanguigno. Il National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) riporta che il diabete è un fattore di rischio per le malattie cardiache quanto il fumo o il colesterolo alto. Secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention), il rischio di ictus o di malattie cardiache aumenta dal 200 al 400% negli adulti con diabete.
Inoltre, le persone affette da diabete possono sviluppare una neuropatia o danni al sistema nervoso a causa di vasi sanguigni che non trasportano abbastanza ossigeno. Secondo il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK), i problemi nervosi colpiscono il 60-70% delle persone con diabete. La forma più comune è la neuropatia periferica che provoca dolore e intorpidimento alle dita dei piedi, ai piedi, a gambe e braccia. Ci sono poi altre forme di neuropatia che possono influenzare il sistema nervoso involontario, gli organi interni o fianchi, e le cosce.
A lungo andare, la presenza di certi livelli di zucchero nel sangue danneggiano i vasi sanguigni nei reni. Ciò impedisce ai reni di filtrare lo scarto dal sangue. Secondo il NIDDK, il diabete è una delle principali cause della malattia renale. Allo stesso modo, l’American Diabetes Association (ADA) sostiene che il diabete è stata la causa principale del 44% dei nuovi casi di insufficienza renale nel 2011.
Il diabete, salvo casi particolari, è una malattia cronica che va curata per tutta la vita. Per minimizzare il rischio di complicanze croniche sono stati compiuti numerosi studi atti a personalizzare la terapia ed a massimizzare l’efficacia per il singolo paziente. Oltre alle varie metodiche ampiamente considerate sopra, di speciale interesse è l’impiego di “organoidi” pancreatici: grazie a queste piccole strutture riprodotte in vitro, partendo dalla struttura originale delle isole di Langerhans del paziente, è possibile testare farmaci, terapie ed approcci laterali, al fine di ottenere il migliore risultato possibile per ciascun paziente malato di diabete.
A mettere a punto questo nuovo metodo, descritto sulla rivista Nature Materials, è stato un team del noto Massachusetts Institute of Technology (MIT) in collaborazione con un team dell’Istituto di ricerca sul cancro di Manchester. In linea generale, gli organoidi, ovvero repliche semplificate e in scala ridotta degli organi veri, sono da alcuni anni alcuni dei migliori banchi di studio e di prova per la ricerca biomedica, ma non sempre realizzare organoidi è un’impresa facile. Si tratta solitamente di tessuti cellulari che vengono fatti crescere nelle 3 dimensioni, come una sorta di coltivazione, su delle ‘impalcature‘ biocompatibili.
Un lavoro complesso che non sempre porta a risultati apprezzabili. Per questo motivo, con l’obiettivo di semplificare il lavoro, i ricercatori hanno messo a punto una sorta di kit per produrre organoidi standard del pancreas a partire indifferentemente da cellule sane o da cellule malate. La principale innovazione di questo kit consiste nell’utilizzo di un particolare, nuovo, gel di coltura, ossia quello che deve sostenere la crescita delle cellule. I gel normalmente utilizzati sono solitamente una miscela complessa di proteine di varia natura e fattori di crescita cellullare derivati da cellule tumorali le cui caratteristiche però possono variare da lotto a lotto e presentare addirittura componenti indesiderate.
L’idea dei ricercatori è stata quella di produrre un gel interamente sintetico ed eliminare in questo modo qualsiasi fattore non controllabile. Grazie a questa ricerca, tutti possono usufruire di un dispositivo che sia standard, economico, facilmente riproducibile e che elimini i numerosi fattori incontrollabili o casuali legati al sistema precedente. Ma nello specifico, come si producono gli Organoidi del Pancreas?
Lo studio di questa affascinante parte della bioingegneria nasce sospinto soprattutto dalla necessità di trovare cure efficaci per contrastare i tumori umani. I modelli sperimentali in vitro, che catturano accuratamente le caratteristiche fisiopatologiche dei tumori, sono essenziali per la biologia del cancro di base e traslazionale.
Si parte da una matrice extracellulare idrogel completamente sintetica, specificamente progettata per suscitare tratti fenotipici chiave dell’ambiente pancreatico in coltura. Per consentire la crescita di organoidi pancreatici normali e cancerosi da modelli murini geneticamente modificati e pazienti umani, sono stati empiricamente definiti e incorporati nello scaffold dell’idrogel indizi adesivi essenziali. L’alterata rigidità dei tessuti, un segno distintivo del cancro del pancreas, è stata ricapitolata in coltura regolando le proprietà dell’idrogel per attivare la segnalazione meccanica e alterare la crescita degli organoidi. Questo modello quindi ricapitola un microambiente patologicamente rimodellato per studi di cellule tumorali, normali e pancreatiche in vitro.
Come osservato, gli organoidi sono degli aggregati cellulari 3D, generati in laboratorio. Possono essere definiti come organi in miniatura. Grazie a questa tecnica è possibile affrontare in modo più approfondito lo studio di patologie come il diabete o come l’ictus, tramite, rispettivamente, organoidi insulari (islet organoid) ed organoidi corticali. Questi “organi in miniatura” riproducendo in maniera del tutto fedele le condizioni e le caratteristiche dell’organo umano di partenza promettono di avere un ruolo molto importante nella medicina rigenerativa. Nel caso del diabete, è possibile studiare, testare e calibrare terapie specifiche su numerosi campioni del pancreas del paziente, senza dover interagire con lo stesso.
Recentemente sono stati progettati diversi modelli per la generazione di cellule beta ed organoidi insulari in vitro. Nella figura vengono evidenziate le vie di segnalazione per lo sviluppo in cellule sc-β (stem cell-derived β) da cellule staminali pluripotenti umane (hPSC), sequenzialmente differenziate in endoderma definitivo (DE), progenitori pancreatici (PP), precursori endocrini (EP) e cellule endocrine (EC), che mostrano i marcatori cellulari (un insieme di proteine specifiche che caratterizzano ogni tipologia di cellula in modo tale da renderne possibile l’identificazione, la classificazione e la visualizzazione).
Il primo passo per la generazione degli organoidi pancreatici rappresenta la disposizione di protocolli per l’induzione cellulare e a strutture 3D, come passo successivo, sono stati sviluppati metodi e protocolli per semplificare la maturazione e lo sviluppo degli organoidi.
La maturazione in vivo degli organoidi derivanti dalle hPSC genera complessi molto simili alle isole native. Tuttavia ci sono delle differenze. La rete vascolare, che rappresenta una caratteristica molto importante nel pancreas a motivo della elevata attività endocrina, in questo caso non viene adeguatamente sviluppata in vitro. Perché un approccio alla terapia del diabete mediante l’impiego degli organoidi pancreatici può essere vantaggioso?
Come si può applicare la tecnologia degli organoidi del pancreas alla terapia del diabete? Le possibili applicazioni degli organoidi in generale e degli islet-organoids nello specifico sono davvero molteplici ed interessanti. Come accennato, questi organi in miniatura nascono da un processo molto sofisticato di bioingegneria che, chiamando in causa genetica ed ingegneria tissutale, riesce a replicare in vitro le esatte caratteristiche del pancreas di ciascun paziente.
Ad una prima riflessione, risulta evidente che gli organoidi del pancreas rendono molto più facile testare diverse terapie farmacologiche al fine di isolare la più efficace per ciascun paziente specifico. Permettono di applicare screening molto raffinati e mirati e permettono anche di testare terapie geniche, terapie di rigenerazione tissutale o terapie di impianto o trapianto autologo. La combinazione di tecnologie di editing genetico come CRISPR/Cas9 e la elegante tecnologia basata su iPSC consentono di manipolare gli organoidi pancreatici per studiare i meccanismi evolutivi, funzionali e patologici delle isole umane sia in condizioni normali che affette da diabete. Consentono, inoltre lo sviluppo di piattaforme per lo screening di farmaci e terapie personalizzate.
Come ampiamente osservato, le isole di Langerhans sono agglomerati di cellule altamente sensibili alla glicemia e di conseguenza sono modulate nella attività di secrezione degli ormoni atti a regolarla. Le isole rappresentano circa 1-2% della massa del pancreas, distribuite nel parenchima e costituiscono la parte produttiva ormonale endocrina del pancreas. La patologia diabetica interferisce con il lavoro di queste isole compromettendo l’omeostasi glucidica. Questa anomalia spesso non viene avvertita da chi soffre di diabete, pertanto questa malattia a carattere fortemente degenerativo, agisce indisturbata danneggiando diversi organi fino a compromettere anche le funzioni cerebrali e dell’ipofisi.
Le terapie attualmente in atto per correggere l’omeostasi glucidica e contrastare gli effetti del diabete, sono ad oggi efficaci solo in alcuni casi. Spesso si deve ricorrere a continui screening per calibrare terapia farmacologica ed attività metabolica del paziente in modo da restituirgli una qualità di vita normale e soddisfacente.
Al fine di studiare una terapia sempre più rispondente e soprattutto efficace per l’individuo, gli organoidi pancreatici sono una vera frontiera da esplorare. Questi organi, rigenerati in vitro sul modello cellulare del paziente, promettono applicazioni sempre più interessanti in ambito di modellazione terapica e medicina personalizzata.
Gli organoidi isole derivati riprogrammati da individui sani sono in grado di servire come un sistema di riferimento per lo sviluppo delle isole umane e per la ricerca funzionale. Quelli derivati dal paziente possono essere utilizzati con o senza la correzione di eventuali mutazioni, fornendo fonti illimitate di isole per il trapianto autologo. Gli organoidi derivati da pazienti con diabete o geneticamente modificati offrono basi uniche per lo studio dei meccanismi legati alla patologia e per lo screening farmacologico personalizzato, perché riproducono fedelmente i difetti di sviluppo e funzionali delle cellule originali.
Considerando l’incidenza elevata di questa malattia tanto particolare e l’efficacia parziale dell’approccio terapico attuale, si capisce chiaramente il potenziale che può derivare dall’implementazione sempre maggiore di questa speciale scoperta nata dalla collaborazione tra bioingegneria, ingegneria genetica ed ingegneria tissutale. Gli organoidi pancreatici possono davvero segnare un punto di svolta nella cura del diabete e della medicina rigenerativa in generale.
A cura di Francesca Maria Iervolino.