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Diagnosi tumore al seno comodamente da casa tua: dispositivo vince Dyson Award 2020

tumore seno diagnosi casa dispositivo blue box dyson award 2020

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Il James Dyson Award 2020 è stato vinto da una giovane ricercatrice laureata in ingegneria biomedica di soli 23 anni, Judit Giró Benet, che ha realizzato un dispositivo per la diagnosi a casa del tumore al seno che necessita solo di un campione di urina.

La competizione internazionale, che si tiene ogni anno da 16 anni, si pone l’obiettivo di incoraggiare e dare spazio ai giovani talenti (studenti o neolaureati in ingegneria) che vogliono affermarsi nel mondo del lavoro con un’idea innovativa che “risolva” un problema; un esempio è il dispositivo portatile “sKan” per la diagnosi del melanoma (tumore maligno della pelle), vincitore nel 2017.

I giovani ingegneri hanno l’abilità di sviluppare tecnologie concrete capaci di cambiare la vita delle persone. Il James Dyson Award premia coloro che hanno la perseveranza e la tenacia di dare vita alle proprie idee

James Dyson

Ma torniamo al dispositivo, vincitore di quest’anno e cerchiamo di capire come funziona e da dove è nata l’idea.

Un semplice campione di urina per la diagnosi del tumore al seno

The Blue Box, vincitrice James Dyson Award 2020

È esattamente così; il dispositivo, chiamato “Blue Box”, necessita di un campione di urina posizionato all’interno e in circa 30 secondi, tempo necessario affinchè i suoi 6 sensori chimici inizino a reagire ai biomarcatori del tumore al seno, i dati verranno acquisiti e inviati a un server cloud che li elaborerà tramite algoritmi di apprendimento automatico per fornire la diagnosi, comunicata attraverso App collegata.

Un primo prototipo è stato realizzato nel 2017, testato su 90 campioni di urina, ha ottenuto diagnosi accurate al 75%, per migliorare tale dato è stato realizzato un secondo prototipo con intelligenza artificiale capace di classificare correttamente con un tasso >95%.

Come sappiamo, il tumore al seno ha un’incidenza elevata, si stima che 1 donna su 8 è colpita da questa malattia e rappresenta quasi il 30% dei tumori che colpiscono le donne, perciò una diagnosi precoce può essere di aiuto per sconfiggerlo.

Sicuramente visite di controllo, ecografia e l’autopalpazione sono strumenti validi e importanti per monitorare la nostra salute, tuttavia, in tutti questi casi avremo esito positivo solo quando la malattia si è ormai già presente con i primi sintomi; dunque, ricercatori di tutto il mondo lavorano per trovare soluzioni che siano in grado di darci informazioni prima che il tumore al seno si manifesti effettivamente.

Ed ecco qui l’idea di Benet; la presenza di un cancro comporta degli scompensi dei metaboliti (prodotti intermedi sintetizzati dal metabolismo cellulare) e, nel nostro caso nelle urine, l’estradiolo, ormone estrogeno prodotto dalle ovaie, produce due ormoni chiamati estrone 2 (E2) ed estrone 16 (E16); il rapporto fra questi due metaboliti estrogeni indica un indice di rischio del tumore della mammella.

Nello specifico, l’ormone E16 ha una forte azione oncogena in quanto stimola la replicazione cellulare in generale, al contrario, l’ormone E2 ha un’azione protettiva rispetto al tumore della mammella: se prevale E16 abbiamo un rischio maggiore di sviluppare la malattia, viceversa se prevale E2.

Questo meccanismo è alla base di un test delle urine già noto, Estramet, però ci permette di capire che il nostro corpo manda segnali quando qualcosa non va e il grande passo in avanti è dato dall’idea che questo risultato lo possiamo avere comodamente da casa nostra tramite intelligenza artificiale, senza recarci in clinica snellendo anche i tempi di diagnosi. Un dispositivo dai numerosi vantaggi: diagnosi non invasive senza radiazioni, a basso costo perchè il prototipo è costato circa 60$, riutilizzabile e user-friendly per via della comodità d’uso.

Dal fiuto dei cani al futuro di The Blue Box

Ricercatrice Judit Benet con il dispositivo The Blue Box

Cosa c’entrano i cani? Sono stati la fonte d’ispirazione per Benet che ha pensato “Se i cani riescono a fiutare quando qualcosa non va, perché non esiste un dispositivo che sia in grado di farlo?

Infatti, l’olfatto canino è fino a 100.000 volte più potente del nostro, grazie alle centinaia di ciglia presenti sulla superficie di ogni singola cellula olfattiva del cane, e non sono recenti i diversi studi che hanno dimostrato la capacità di “avvertire” non un tumore (attenzione!) ma alcune molecole prodotte dai tessuti tumorali.

Ad esempio, nel 1989 è stato pubblicato su The Lancet, uno studio sulla diagnosi di melanoma sulla gamba grazie al proprio cane che annusava insistentemente quella parte del corpo; o più recentemente nel 2019, è stato pubblicato uno studio in cui 4 beagles sono stati addestrati per riconoscere nel sangue soggetti affetti dal tumore al polmone; un ruolo significativo lo hanno anche nella lotta al Covid 19.

Dunque, l’idea e il prototipo c’è ora inizia la lunga strada caratterizzata da test clinici su un gruppo di pazienti più ampio, approvazioni da parte della FDA e EMA per garantirne efficacia e sicurezza per poter avere questo dispositivo a casa nostra. Tra 5-10 anni, a che punto saremo con Blue Box? Risponde la ricercatrice: “Vogliamo presentare The Blue Box non solo come un dispositivo biomedico ma come un cambiamento nel modo in cui combattiamo il cancro al seno. Quindi, vogliamo avere un prodotto sul mercato ma anche avere una comunità di donne che si preoccupano davvero della loro salute e che si preoccupano davvero l’una dell’altra”