Il Papillomavirus (HPV) è un virus che causa il tumore al collo dell’utero. L’OMS ha dichiarato che nel 2020 sono state 342000 le vittime causate da questa patologia. Il 90% di queste provengono da paesi a basso e medio reddito. Attualmente donne e ragazze possono essere vaccinate contro l’HPV, ma le raccomandazioni parlano di una tripla somministrazione per avere un’efficacia adeguata. Tuttavia, un recente studio pubblicato su NEJM Evidence ha evidenziato che una singola dose di vaccino sembra avere risultati paragonabili per la prevenzione del tumore al collo dell’utero.
Lo studio è stato condotto in Kenya su 2275 donne e ragazze con un’età compresa tra i 15 e i 20 anni. Oltre all’età, sono stati imposti altri requisiti per la partecipazione allo studio. I criteri riguardavano ad esempio la negatività al virus da immunodeficienza, una vita sessualmente attiva e l’aver avuto al massimo cinque partner sessuali nel corso della loro vita. Ultimo, ovviamente, le donne e ragazze coinvolte non dovevano aver già ricevuto la vaccinazione.
Le pazienti selezionate sono quindi state suddivise in tre gruppi diversi:
Le partecipanti sono quindi state monitorate e a 18 mesi dalla somministrazione è stato verificato che l’efficacia dei vaccini bivalenti e nonavalenti è del 97.5%, simile a quella che si ottiene in seguito alla tipica tripla dose. La stessa cosa non si ottiene per il vaccino anti-meningococco, per il quale si sono trovati i tassi più alti di infezione da HPV nel corso del follow-up.
Come accennato, il 90% delle vittime del tumore del collo dell’utero proviene da paesi poveri. Qui la campagna vaccinale non sempre prosegue come programmato. In Kenya, ad esempio, il piano prevedeva di vaccinare tutte le bambine con un’età tra i 9 e i 14 anni a partire da ottobre 2019. A causa della scarsa disponibilità, però, la vaccinazione è arrivata solo fino alle bambine di 10 anni. Tra queste, poi, le statistiche parlano di un 10% di copertura per la prima dose e solo un 3% per la seconda.
Considerando questa e altre situazioni simili nel 2020 è stata lanciata un’iniziativa per l’eliminazione del cancro al collo dell’utero. Tra le sfide da vincere c’è quella di ridurre le disuguaglianze nell’accesso al vaccino per le donne dei paesi più poveri. Grazie a una singola dose, come proposto dallo studio, si potrebbe raggiungere più facilmente l’obiettivo di vaccinare il 90% delle ragazze under 15 entro il 2030.
La conferma sull’efficacia di una singola dose, infatti, potrebbe aumentare la velocità della campagna vaccinale che procede a rilento a causa del bisogno di avere più dosi per ogni paziente. I ricercatori hanno anche dimostrato che aumentando la copertura vaccinale il papillomavirus circola meno. Dunque la protezione si estenderebbe in parte anche a quelle ragazze che non hanno ancora potuto ricevere la propria dose.
Il Dr. Simelea, assistente generale dell’OMS, ha cercato di mettere il focus sull’importanza della questione. Il tema delle disuguaglianze in ambito sanitario è infatti particolarmente rilevante. Anche l’ottica politica incide sulla tematica sanitaria, data la disuguaglianza che è alla base del problema nell’accesso a delle cure eque. L’opzione della singola dose al posto delle tre consentirebbe di avere un risparmio non solo di costi, ma anche a livello di risorse necessarie per la campagna. Anche la somministrazione sarebbe facilitata, considerando che non sarebbe più necessario tracciare ragazze e donne per la loro seconda dose. La differenza di questa scoperta per noi occidentali è quasi minima, ma per le pazienti dei paesi poveri essa potrebbe cambiare radicalmente le cose, aggiungendo un piccolo tassello a una ancora distante equità.