Glucometro: come funziona il dispositivo per l’auto monitoraggio del glucosio
Il glucometro, noto anche come misuratore di glicemia o riflettometro o SMBG (self-monitoring blood glucose) è un dispositivo medico che può essere utilizzato anche senza personale qualificato e permette di stimare in autonomia il tasso di glucosio nel sangue. È chiaramente un device che aiuta soprattutto i pazienti diabetici che seguono una terapia insulinica ed è un fedele alleato di chiunque vuole tenere sotto controllo i valori della glicemia.
Cos’è la glicemia
Per misura glicemica si intende la misura della concentrazione di glucosio nel sangue. Il glucosio rappresenta la principale fonte di energia per le cellule del corpo umano, comprese quelle del cervello che non riuscirebbero a vivere senza.
I carboidrati assunti con la dieta vengono trasformati in glucosio. A seguito della loro assunzione e dell’assorbimento che si verifica durante e dopo un pasto il tasso di glucosio circolante nel sangue aumenta e induce un rilascio di insulina che abbassa la glicemia. Chiaramente il picco varia a seconda del tipo di pasto e dalla distribuzione dei macro alimenti al suo interno. A contribuire all’omeostasi del glucosio sono anche fegato, pancreas, sistema nervoso, ipofisi, tiroide e reni.
Il diabete è un disturbo metabolico in cui il paziente non è in grado di regolare i livelli di glucosio per la mancanza di insulina e/o l’incapacità di rispondere correttamente. Questo porta ad alti livelli di glucosio nel sangue a cui seguono diverse complicanze, anche piuttosto gravi e debilitanti.
Le concentrazioni si misurano in in mg/dl o mmol/l. La normalità dei valori è relativa all’assunzione dei pasti e un’eventuale anormalità si analizza in tre metodiche:
- Test glicemico causale, si effetua esaminando la glicemia senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato, per cui si definisce normale un valore inferiore a 200 mg/dl.
- Glicemia a digiuno, si effettua lontano dai pasti esi definisce normale un valore tra 65-110 mg/dl. Per valori più alti si suggerisce il sospetto di alterata glicemia a digiuno.
- Curva da carico di glucosio, che analizza il metabolismo del glucosio in diverse fasce orarie intorno ai pasti
Applicazioni
Tramite il glucometro è possibile effettuare facilmente la misura in casa, anche più volte al giorno, senza dover ricorrere ad un laboratorio di analisi. Il paziente potrà valutare in prima persona i livelli glicemici, aggiustando all’occorrenza la terapia nutrizionale, l’esercizio fisico ed il trattamento farmacologico. Chiaramente non può e non deve sostituirsi all’interazione tra specialista diabetologo e malato quanto piuttosto rafforzare questa relazione.
Ci sono diversi vantaggi nel misurare autonomamente i valori glicemici come la possibilità di valutare l’appropriatezza dello schema insulinico adottato e l’efficacia nel tempo della terapia. Permette inoltre di prevenire episodi di ipoglicemia o iperglicemia e fornire un’educazione alimentare più completa al paziente.
Con un po’ di esperienza il paziente riuscirà anche a capire come la dieta, il livello dell’attività fisica e altri farmici influenzano i livelli glicemici. Arriverà a capire in prima persona come uno stile di vita corretto, con un’alimentazione sana e una costante attività fisica possano ridurre i livelli glicemici riducendo le dosi di insulina e come al contrario la sedentarietà, alcuni alimenti e lo stress innalzino i valori.
Come funziona il glucometro
Oltre al glucometro è necessario disporre di una penna pungi dito con aghi e strisce reattive. Tipicamente i glucometri comprendono un kit contenente tutti gli elementi necessari e le strisce reattive è anche possibile acquistarle separatamente una volta esaurite.
Il dispositivo analizza una piccola goccia di sangue, prelevata solitamente dalle punte delle dita, che risale per capillarità all’interno della striscia reattiva. Nella maggior parte dei dispositivi il glucosio si ossida in una reazione chimica e questo da origine all’effetto che si rileva e si traduce nella concentrazione di glucosio. Questo valore a seconda della tecnologia può essere una variazione cromatica o una corrente elettrica. Nei dispositivi moderni tipicamente la misura richiede tra i 5 e i 10 secondi a differenza dei primi modelli che impiegavano oltre 30 secondi.
Quando si sfrutta la variazione cromatica, si parla di riflettometro ovvero un dispositivo che misura l’intensità del colore del cromogeno che si genera nella reazione. Per il metodo riflettometrico sono necessari due enzimi: il GOD (glucosio ossidasi) e il POD (perossidasi). Il primo è una flavoproteina che catalizza la reazione che ossida il D-glucosio in gluconolattone e perossido di idrogeno (H2O2) utilizzando ossigeno molecolare come accettore di elettroni.
Successivamente il secondo enzima trasforma il perossido di idrogeno in acqua con l’ossidazione del cromoforo. Questa sostanza assume una colorazione la cui intensità varia proporzionalmente alla concentrazione di glucosio. È chiaro che per ottenere informazioni sulla concentrazione di glucosio è sufficiente applicare la legge di Lamber-Beer, che descrive i fenomeni di assorbimento della radiazione elettromagnetica. Dalla quantità di luce assorbita si risale facilmente alla concentrazione di glucosio.
La misura attraverso la corrente elettrica è molto più diffusa. Il sensore funziona in modo leggermente differente ed ha una storia più interessante. Ripartendo dalla reazione della glucosio ossidasi per misurare la quantità di glucosio possiamo intraprendere due strade diverse. Possiamo misurare la variazione di ossigeno consumato oppure la variazione di acqua ossigenata.
La prima versione del sensore si basava sulla misura dell’ossigeno in quanto il processo era stato studiato da Clark, lo stesso che sviluppò l’elettrodo per l’ossigeno. Il sensore misura la concentrazione di cariche O– che si generano dalla dissociazione di ossigeno a contatto con l’elettrodo nel punto triplo solido-elettrolita-ossigeno dove il platino (che deve essere ad alta temperatura) fa da catalizzatore per l’ossigeno che si dissocia in due ioni O2- e 4 elettroni. Gli elettroni vengono presi dal metallo e gli ioni carichi penetrano nell’elettrolita.
Un passaggio ulteriore e più efficiente è quello di misurare l’acqua ossigenata con la reazione amperometrica. Il sensore è costituito da un elettrodo di platino su cui avviene la reazione perossido di idrogeno. Sull’elettrodo si immobilizza l’enzima che in prossimità della superficie converte il glucosio in acido gluconico e produce acqua ossigenata che sulla superficie dell’elettrodo si dissocia e forma O2 e 2 H+. Quindi si misura il glucosio attraverso la misura dei prodotti della reazione. La misura si effettua analizzando il pH della soluzione (legato alla concentrazione di H+) o misurando la corrente degli elettroni che vengono raccolti da un secondo elettrodo.
Chiaramente la curva di risposta non è lineare ma segue la curva di Michaelis-Menten, tipica delle reazioni enzimatiche dove i siti di adsorbimento sono limitati ed arrivano a saturazione, tuttavia si calibra per avere una risposta lineare nel range di interesse.
La svolta in questi tipi di sensori è arrivata con l’introduzione di sensori allo stato solido che hanno portato allo sviluppo della terza generazione di SMBG. Il primo dispositivo, rilasciato nel 1987, conteneva l’enzima glucosio ossidasi e una sostanza nota come ferrocene, capace di rivelare H2O2 trasferendo elettroni. Questa sostanza, costituita da due anelli ciclopentadienici tenuti insieme da un ferro, reagisce con l’acqua ossigenata e libera due elettroni che inducono una corrente nell’elettrodo a stato solido.
Questo sensore è stato inventato da Turner negli anni 70 e ha dato il via a ogni glucometro attualmente sul mercato. In questi device si utilizzano delle strisce reattive usa e getta che permettono, attraverso una piccolissima quantità di sangue, di ottenere un risultato accurato in pochi secondi.
Nel 2003 sono stati introdotti dei criteri per l’accuratezza tra cui le norme ISO che attualmente raccomandano che almeno il 95% delle misure si discostino di massimo il 15% dal valore di riferimento. Questo ha portato ad una migliore accuratezza in caso di forte ipoglicemia che non era presente nei primi dispositivi.
L’accuratezza del glucometro può variare a seconda della glicemia e chiaramente un certo errore avrà un impatto clinico diverso a seconda della quantità stimata. A questo scopo si valuta un’analisi di errore nota come EGA (error grid analysis). Si divide il rapporto tra l’errore e la quantità di riferimento di glucosio ematico in diverse fasce di accuratezza clinica.
Ultimamente diversi studi tra cui una review di S. Bozen e W. Clarke sui SMBG hanno mostrato come quest’analisi sia più efficacie per rappresentare i risultati rispetto ad altri metodi statistici come coefficienti di correlazione o equazioni di regressione lineare.
Quando, come e quanto spesso effettuare la misurazione
Per utilizzare il glucometro è sufficiente igienizzare le mani e prelevare una striscia reattiva dal contenitore. Successivamente si inserisce la striscia nel misuratore e si attende la conferma dal glucometro che riconosce correttamente la parte reattiva.
Si preleva una goccia di sangue con gli appositi strumenti pungi dito e la si pone sulla parte reattiva libera della striscia. Il glucometro fornirà la conferma che il campione è adeguato e poi darà il valore di glicemia. Per i pazienti diabetici è raccomandato effettuare la misura prima di pasti e spuntini, a riposo, occasionalmente dopo pranzo, prima di esercizio fisico e quando sono sospetti dei valori di glicemia bassa. Questo può richiedere anche 6-10 misurazioni al giorno nel caso di controlli intesivi. In alcuni casi è consigliato di effettuare un controllo anche prima di guidare o manovrare macchinari pericolosi.
È opportuno annotare tutti i valori e adeguare la terapia come suggerito dal proprio medico. La misura va ripetuta più volte al giorno seguendo sempre le indicazioni del medico curante che possono variare a seconda del tipo di diabete e delle terapie farmacologiche in corso. Alcuni glucometri permettono di tenere in memoria più letture o i più moderni di salvare i dati all’interno dello smartphone nelle applicazioni dedicate.
Generalmente i valori di glicemia sono piuttosto accurati tuttavia non sono così precisi da poter utilizzare il glucometro per la diagnosi di diabete, alterata glicemia a riposo o ridotta tolleranza al glucosio. Rimane però un valido strumento per il monitoraggio della glicemia.
Per sfruttarlo al meglio è consigliabile verificare la compatibilità tra le strisce reattive e il glucometro e non utilizzare strisce reattive scadute. Si consiglia di utilizzarlo ad una temperatura ambiente e di non utilizzarlo in ambienti troppo freddi o molto umidi. Le strisce stesse vanno conservate in ambienti asciutti e lontano da fonte di calore. Chiaramente è possibile verificare l’esattezza della misura sfruttando particolari liquidi di controllo con concentrazione nota.
Alcuni consigli sul glucometro
Variazioni nell’attività fisica, presenza di altre malattie, la quantità di stress e le abitudini alimentari possono indurre variazioni nel numero di misure necessarie e nella necessità di ricorrere a insulina o altri medicinali. Un caso tipico è quando si affronta un viaggio.
È opportuno integrare l’automonitoraggio con le analisi della glicemia tradizionali effettuate tramite prelievo ospedaliero così da poter anche confrontare i dati. Tra i dispostivi attualmente più venduti troviamo ad esempio:
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