La malattia di Huntington, conosciuta anche con il nome di corea di Huntington, è una malattia neurodegenerativa. Essa colpisce il sistema nervoso centrale, intaccando la coordinazione muscolare e determinando un declino cognitivo, fino a portare il paziente ad avere problemi psichiatrici. Uno studio, pubblicato sul Lancet Neurology, condotto dalla University College di Londra in collaborazione con l’Università di Cambridge e l’Università dell’Iowa, rivela che le prime alterazioni cerebrali, dovute alla malattia di Huntington, si possano avere anche 24 anni prima dell’insorgere dei primi sintomi. Di fatto, quindi, la malattia di Huntington si muove silenziosa, prima di agire sul sistema nervoso centrale. A rivelare la sua probabile presenza sarebbe una proteina: proteina neuronale del neurofilamento leggero (NFL).
La misurazione dei livelli della NFL è già nota nel mondo medico per altre malattie neurodegenerative, come nel caso della sclerosi multipla, Parkinson e Alzheimer. Nei precedenti studi, infatti, alcuni studiosi hanno notato la presenza nel sangue di elevati valori della suddetta proteina nel liquido spinale. Nel presente studio relativo alla malattia di Huntington, due gruppi di pazienti sono stati presi in esame. Un gruppo di 64 persone con la mutazione genetica e un gruppo di controllo di 67 persone senza la mutazione. Il 47% delle persone del primo gruppo aveva i valori della proteina neuronale del neurofilamento leggero al di sopra del gruppo di controllo. I due gruppi presi in esame hanno una differenza di età media di 24 anni. Nessuno dei soggetti aventi le mutazioni genetiche, presentava disturbi o sintomi tipici della malattia di Huntington: movimenti involontari, danni nel comportamento, danni nel pensiero ecc. Nel caso in cui questo studio venga confermato, si avrebbe una vera e propria svolta nell’ambito delle malattie neurodegenerative, in quanto si potrebbe intervenire prima che avvenga il danno cerebrale. Infatti, per la malattia di Huntington non esistono ancora cure definitive. Sarah Tabrizi, la ricercatrice responsabile dello studio, afferma: “L’obiettivo è arrivare a fornire il farmaco giusto al momento giusto, per curare efficacemente questa malattia. Idealmente vorremmo ritardare o prevenire la neurodegenerazione quando la funzionalità dell’organismo è ancora intatta, dando ai portatori della mutazione genetica molti più anni di vita senza danni!”
Come anticipato, la malattia di Huntington è una malattia neurodegenerativa, che normalmente colpisce le persone di mezza età. E’ una malattia molto rara, colpisce tra le 5 e le 10 persone ogni 100000 individui ed ha un tasso di incidenza maggiore nelle popolazioni di discendenza europea occidentale. Non esiste ancora una vera e propria cura per la malattia di Huntington, nonostante questa patologia sia nota dal Medioevo. Lo scorso anno, la Food & Drug Administracion (FDA) approvò la sperimentazione della terapia per la riduzione della huntingtina (la proteina che provoca la malattia, uccidendo i neuroni). Ad oggi, non si hanno notizie su questa sperimentazione, ma esistono dei farmaci che possono controllare i disturbi psichici dei soggetti affetti dalla corea di Huntington, limitando dunque ansia, depressione e i disturbi della personalità. Per ciò che concerne i movimenti involontari del paziente, la còrea, non si può agire su di essi, in quanto le persone affette dalla malattia, spesso non si rendono conto di averli. Per questo motivo, se si agisse farmacologicamente, si limiterebbe l’autonomia del paziente.