L’infezione da HIV deriva dal virus SIV, virus da immunodeficienza delle scimmie. Tale virus venne contratto per la prima volta da individui che partecipavano ad attività di caccia e vendita di pelli di scimmie. L’infezione si sarebbe poi espansa per utilizzo di aghi non sterili, colonialismo, prostituzione e promiscuità sessuale.
I primi casi di AIDS, termine coniato nel luglio del 1982, sono stati poi documentati agli inizi degli anni ‘80 in 5 uomini a Las Vegas. Il virus, negli anni ’80 e ’90, fece moltissime vittime tra cui personaggi famosi come Freddie Mercury, frontman del gruppo rock dei Queen, morto il 24 novembre 1991, dopo un giorno dall’annuncio di positività alla malattia.
A livello epidemiologico, la patologia sembra aver avuto origine dal continente africano per poi diffondersi in tutto il mondo, sfruttando come vettori per la trasmissione sangue e derivati, rapporti non protetti ma anche la trasmissione verticale madre-figlio.
In assenza di una giusta terapia, l’infezione presenta una progressione veloce che interessa più organi contemporaneamente. Le strategie terapeutiche prevedono l’unione di un approccio preventivo e un trattamento farmacologico, quest’ultimo incentrato principalmente sull’utilizzo di tre inibitori virali al fine di migliorare il più possibile la qualità della vita, riducendo morbosità e mortalità.
La pecca principale dell’approccio terapeutico è che la terapia non comporta la cura definitiva della patologia e non evita una recidiva, ma va solo ad attenuarla. Quindi, qualora il trattamento venisse interrotto, si possono riscontrare nuovamente alti livelli di HIV.
Nella storia della ricerca per eradicare l’AIDS, sono stati tanti gli approcci volti allo sviluppo di un vaccino. Ad oggi, i due vaccini disponibili sono frutto della collaborazione tra l’ International AIDS Vaccine Initiative (Iavi) e la Bill and Melinda Gates Foundation. La tecnologia alla base del vaccino è simile a quella utilizzata nell’ultimo anno per sviluppare il vaccino per la pandemia da Covid-19. Si ha, quindi, l’mRNA, RNA messaggero, che consegna alle cellule le istruzioni necessarie per produrre due proteine chiave nell’ HIV: Env e Gag. Queste ultime vengono riscontrate di solito all’esterno del virus, con l’obiettivo di stimolare specifici linfociti B a produrre anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro.
Da quanto emerge dai dati riportati dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), questi vaccini presenterebbero dei risultati promettenti in topi e primati non umanoidi, in cui si è osservato che la vaccinazione è sicura e stimola una corretta risposta immunitaria contro il virus. Inizialmente, il vaccino è stato testato su topi in cui si è visto che con due iniezioni del vaccino mRNA si induceva neutralizzazione degli anticorpi in tutti gli animali trattati. Successivamente, il vaccino è stato testato sui macachi, in cui si è inoculato inizialmente una dose di vaccino modificato al fine di ottimizzare la formazione di anticorpi e successivamente delle dosi di richiamo effettuate a scadenze precise nell’arco di un anno.
Nonostante le dosi di mRNA fossero alte, la vaccinazione è stata ben tollerata da tutti i soggetti, producendo solo lievi effetti indesiderati nei macachi come la perdita dell’ appetito. Lo scopo dei ricercatori ora è quello di incrementare la qualità del vaccino, al fine di ridurre anche le dosi di richiamo necessarie per produrre una massiva risposta da parte del sistema immunitario. La strada per la commercializzazione del vaccino è quindi ancora lunga, ma quando questo sarà sul mercato, quante saranno le vite salve?
A cura di Alessia Taurino.