Una notizia che non avremmo mai voluto ricevere quella di questo pomeriggio: Diego Armando Maradona è morto all’età di 60 anni in seguito ad un attacco cardiorespiratorio, mentre si trovava nella sua abitazione di Tigres, nella periferia di Buenos Aires. Ad annunciarlo è il quotidiano argentino ‘Clarin’, in base al quale a soccorrere l’ex Pibe de oro sono arrivate sei ambulanze, che hanno tentato di rianimarlo senza successo. Una vera e propria leggenda del calcio mondiale che il Governo argentino commemorerà con l’istituzione di tre giorni di lutto Nazionale.
Le condizioni di salute dell’ ex-campione non erano ottimali: un quadro definito dagli specialisti come complesso e delicato, uno stato fisico provato da un passato segnato dall’abuso di droga e alcol, oltre all’aver subito due attacchi di cuore e contratto l’epatite. Poi il 30 ottobre 2020 l’ennesima spia di malessere a causa della quale era stato ricoverato inizialmente per quella che sembrava fosse soltanto una forma di anemia, caratterizzata da ansia persistente e stati depressivi. Tuttavia in seguito ad approfondimenti diagnostici, era stata riscontrata la presenza di un ematoma cerebrale riconducibile ad una caduta.
A seguito della diagnosi, Maradona è stato poi sottoposto il 3 novembre ad un intervento d’urgenza per la rimozione dell’ematoma subdurale, ossia il versamento di sangue nello spazio tra la dura madre e l’aracnoide dell’ex –campione, eseguito dal dottor Leopoldo Luque, specialista dell’equipe medica personale di Diego Maradona. È stato proprio il neurochirurgo Luque a rassicurare i fan sulle condizioni di Maradona, in seguito all’intervento eseguito in anestesia generale: ” Per soggetti senza patologie rilevanti si sarebbe trattato di un’operazione quasi di routine, ma nel caso di Maradona è stato differente. “L’ematoma emerso dagli esami strumentali non era particolarmente grande. L’intervento in sé non presentava alcuna complicazione, ciò che preoccupava di più – ha spiegato Luque – era la tenuta fisica del paziente sottoposto a un’anestesia generale, perché il quadro clinico di Maradona indicava un sensibile indebolimento aggravato dall’anemia e da un alto livello di disidratazione. Ma è andato tutto per il verso giusto, l’operazione è stata un successo. Adesso Maradona è sotto drenaggio, ma verrà rimosso nelle prossime ore. Finora ha reagito benissimo, è stato forte. Dopo essersi risvegliato, ha parlato e scherzato mostrandosi di buon umore. Ma logicamente è molto stanco e resta sotto osservazione”, ha concluso Luque.
Maradona è stato poi dimesso l’11 novembre dopo la buona risposta all’intervento, ma lo staff medico che lo ha operato aveva avvertito circa le condizioni delicate del paziente a causa di un quadro clinico generale complesso, difatti è stato seguito nella sua casa di periferia da un’equipe medica specializzata per l’avvio di un percorso riabilitativo. Ma il cuore del Pibe de oro non ha retto e oggi sui giornali il suo nome è accompagnato dalla parola “arresto cardio-respiratorio”.
L’arresto cardiaco (AC), noto anche come morte cardiaca improvvisa, è una grave situazione d’emergenza, caratterizzata dall’improvvisa e repentina cessazione dell’attività di pompa del cuore, dalla perdita di conoscenza e dall’assenza di respiro. Comunemente si parla di arresto cardiaco ma sarebbe più corretto parlare di Arresto Cardio-Respiratorio (ACR) in quanto la funzione respiratoria e cardio-circolatoria sono strettamente interconnesse fra di loro e alla cessazione di una qualunque delle due fa rapidamente seguito l’arresto dell’altra. Infatti ad un arresto primitivamente circolatorio fa rapidamente seguito un arresto respiratorio; viceversa ad una cessazione dell’attività respiratoria segue invariabilmente il rapido deterioramento dell’attività cardiaca con conseguente arresto. L’arresto improvviso della circolazione è seguito entro 30-45 secondi da gasping respiratorio, apnea e dall’inizio della dilatazione delle pupille; entro altri 45 secondi le pupille si dilatano completamente. Quando l’evento primario è l’arresto respiratorio, il sangue diviene progressivamente più povero di ossigeno e nel giro di alcuni minuti si arriva all’asistolia o alla fibrillazione ventricolare con conseguente cessazione dell’attività di pompa del cuore. Si comprende quindi come le misure rianimatorie per ognuna di queste due emergenze debbano comprendere sia la ventilazione che la circolazione.
Oggi purtroppo nove persone su dieci che subiscono un arresto cardiocircolatorio fuori dell’ospedale muoiono. La sopravvivenza dopo un arresto cardiaco avvenuto in sede preospedaliera dipende dalla corretta realizzazione di una serie di interventi che devono susseguirsi ordinatamente senza interruzioni. Se una delle fasi del soccorso viene a mancare le possibilità di sopravvivenza sono ridottissime. I quattro anelli della catena di sopravvivenza sono costituiti da: