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MRgFUS: cos’è, come funziona, applicazioni

Nel 1944 è stata scoperta la possibilità di focalizzare i fasci ultrasonori all’interno del cranio per poter scaldare un punto focale a scopo terapeutico. Tuttavia, questa possibilità era stata accantonata dopo essersi scontrata con la difficoltà che trovano le radiazioni sonore nell’attraversare il cranio. Invece, nel ventunesimo secolo, le nuove tecnologie e conoscenze in questo ambito, hanno permesso di correggere i problemi di attenuazione e scattering delle radiazioni, rendendo possibile l’utilizzo di fasci ultrasonori a fini terapeutici. Ad ora, infatti, si è raggiunta una precisione spaziale del millimetro. Vediamo la MRgFUS.

Cos’è e come funziona la MRgFUS

Un primo esempio di applicazione di questo principio è la tecnologia HIFU (High-intensity focused ultrasound, traducibile con “ultrasuoni focalizzati ad alta intensità”) capace di distruggere cellule tumorali grazie ad un effetto iper-termico. Tuttavia, il limite di questa tecnologia è l’incapacità di monitorare in tempo reale la temperatura e il sito del trattamento, che può comportare diversi rischi per il soggetto.

Questo problema viene risolto dalla MRgFus (Magnetic Resonance guided focused ultrasound, ultrasuoni focalizzati sotto guida della risonanza magnetica), che, con l’aiuto della RM, può effettuare un monitoraggio in tempo reale del procedimento.

In particolare, con la guida della risonanza si possono osservare le variazioni locali di temperatura. In questo modo, si ottiene la capacità di controllare la transizione tra riscaldamento di basso e alto livello, che produce una stimolazione, e un riscaldamento tale da produrre una coagulazione irreversibile. Il risultato di tutto ciò è che siamo adesso in grado di svolgere operazioni che erano possibili soltanto tramite operazioni chirurgiche molto invasive.

L’apparato utilizzato per la MRgFUS

MRgFUS

L’equipaggiamento per la radiazione ultrasonora consiste in un elmetto di 30 cm di diametro, contenente 1024 trasduttori. Utilizzando immagini provenienti da risonanza magnetica e tomografia assiale computerizzata, la TAC, è possibile stimare il percorso delle onde ultrasonore dovuto alla geometria del cranio.

Queste misurazioni permettono di correggere la fase dei vari trasduttori così da produrre un’interferenza costruttiva (se più radiazioni arrivano in fase, il loro contributo si somma), così da concentrarsi su un fuoco di dimensioni limitate. Per fare una similitudine, il principio è simile ad una lente di ingrandimento che raccoglie e focalizza i raggi del sole in un unico punto, riscaldandolo prepotentemente.

Anche da questo si capisce facilmente l’importantissimo contributo dato dalla guida della risonanza magnetica. Lo spazio libero tra la testa e l’elmetto viene riempito di acqu, ionizzata e degasata, alla temperatura di 15° centigradi, la quale ha due utilizzi: il primo è quello di facilitare la propagazione dell’onda ultrasonora (si propaga più facilmente in acqua che in aria); il secondo è quello di raffreddare il cranio, che, assorbendo grandi quantità di energia durante il processo, ha una forte tendenza a riscaldarsi.

Il fenomeno della cavitazione

All’interfaccia col tessuto possono venire a crearsi delle micro bolle, che, in risposta all’alternarsi di regioni ad alta e bassa pressione, causate dall’onda ultrasonora, tendono a crescere fino ad esplodere creando un’onda d’urto.

Quando si utilizzano gli ultrasuoni a scopo diagnostico, ecografia o ecodoppler, si cerca in ogni modo di evitare questo fenomeno, noto come “cavitazione”, perché crea inevitabilmente dei danni a livello tissutale. Appunto per questo, in questo tipo di procedimento, la cavitazione è un alleato, che aiuta a creare le microlesioni che si vogliono ottenere.

Il trattamento

Durante tutto il procedimento, con una durata media tra le 4 e le 5 ore, è possibile ricevere feedback sullo stato neurologico del paziente e mappe termiche del cervello, il tutto in tempo reale tramite la risonanza magnetica. In un primo momento, si attua un leggero riscaldamento, tale da poter guidare il posizionamento corretto del fascio.

Questo processo viene ripetuto almeno tre volte, per essere sicuri di colpire il punto corretto: un errore in questa fase potrebbe comportare importanti danni cerebrali e causare paralisi ed effetti simili. Successivamente, si scalda in maniera più decisa per un periodo di test, tale a stimolare certi effetti neurologici sul soggetto, che verranno verificati.

Solo a questo punto, se la posizione viene confermata e tutti i parametri verificati, si può passare al trattamento vero e proprio: il riscaldamento viene intensificato fino a causare una coagulazione irreversibile, obiettivo della terapia. Il monitoraggio effettuato dalla risonanza permette di evitare i possibili effetti avversi dovuti alla coagulazione. Solitamente il paziente viene ricoverato il giorno prima dell’intervento e dimesso il giorno successivo

L’applicazione principale della MRgFUS

MRgFUS

Finora, questa tecnologia è stata utilizzata principalmente per il trattamento del tremore essenziale e di alcuni casi, attentamente selezionati, di tremore dovuto alla Malattia di Parkinson. Negli ultimi anni sono stati pubblicati promettenti risultati sulla neuroablazione del VIM (nucleo ventrale intermedio mediale del talamo). Utilizzando questa tecnica è stato possibile migliorare il tremore nel lato controlaterale al trattamento, effettuando una piccola lesione a livello del VIM.

Al momento, si effettua esclusivamente in maniera unilaterale, bisogna concordare col paziente quale lato trattare, poiché non ci sono informazioni sugli eventuali effetti collaterali di un trattamento bilaterale.

Tremori che non rispondono alla terapia famacologica

In generale, questo metodo viene applicato per risolvere i tremori che non rispondono adeguatamente alla terapia farmacologica e che sono clinicamente rilevanti ed invalidanti nella vita quotidiana. Naturalmente, in ogni caso, il paziente non deve presentare delle controindicazioni alla procedura, come pacemaker o impossibilità di restare in posizione supina durante il tempo necessario.

La MRgFUS è una procedura mini-invasiva, ma pur sempre di natura lesionale, quindi non priva di rischi, primo fra tutti l’edema cerebrale, che può presentarsi dopo la procedura e persistere fino ai tre mesi successivi, durante i quali potrebbero manifestarsi disturbi del linguaggio, difficoltà motoria o movimenti involontari. Per questo motivo, vengono effettuati periodicamente controlli strumentali e valutazioni cliniche al fine di valutare efficacia e andamento della lesione.

Possibili applicazioni

MRgFUS
Magnetic resonance imaging machine control room with screens showing results

È stato studiato l’utilizzo di questa tecnologia anche per altri fini. Ad esempio:

  • Nel 2012 è stata attuata un’operazione di talamotomia centrale-laterale su 11 pazienti affetti da dolore neuropatico, riducendo, ad un anno dal trattamento, la sensazione di dolore del 42%
  • Nel 2014 è stata effettuata con successo, tramite MRgFUS, una capsulotomia per il trattamento di disturbo ossessivo compulsivo.
  • In uno studio del 2019 si è valutata la possibilità di un effetto analgesico per bambini colpiti da tumore osseo dovuto a metastasi, con risultati molto incoraggianti.

In conclusione, questa tecnologia consente di aprire nuove frontiere alla medicina, permettendo di effettuare operazioni molto importanti che, utilizzando le tecniche chirurgiche tradizionali, comportano rischi elevati, per invasività e possibilità di errore umano, in maniera sicura e poco impattante sullo stato psico-fisico del paziente.

A cura di Daniele Moglia