Decreto 77: ecco la nuova assistenza territoriale per la Medicina di popolazione
Il 7 Luglio 2022 entra in vigore il Decreto n. 77 del 23 Maggio 2022. Il decreto regolamenta la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale, dando una nuova immagine alla sanità italiana incentrata sulla Medicina di popolazione.
Il 7 Luglio 2022 entra in vigore il Decreto 77 del 23 Maggio 2022. Il decreto regolamenta la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN, dando una nuova immagine alla sanità italiana incentrata sulla Medicina di popolazione.
La Medicina di popolazione come protagonista dell’assistenza socio-sanitaria territoriale nazionale
La Medicina di popolazione è incentrata sulla promozione della salute della popolazione di riferimento. Grazie al Decreto n.77, dal 7 Luglio 2022 entra in vigore l’utilizzo di una assistenza socio-sanitaria territoriale definita su modelli di stratificazione ed identificazione dei bisogni di salute.
Per la prima volta in Italia nasce una stretta collaborazione tra assistenza sociale e assistenza sanitaria per affrontare il lascito della pandemia, ridurre l’ospedalizzazione non urgente, gestire la cronicità e la non autosufficienza.
Lo strumento di raccolta dati socio-sanitari (come il numero di pazienti in entrata ed in uscita) è chiamato ‘Progetto di Salute’. Il Progetto di Salute utilizza piattaforme di telemedicina e sistemi digitali sanitari per stratificare la popolazione in base alla classificazione del ‘bisogno di salute’. Ciò permette di riconoscere gli standard essenziali delle risposte cliniche socioassistenziali, diagnostiche, riabilitative e di prevenzione.
Ad oggi sono stati sottoscritti tutti i Contratti istituzionali di sviluppo tra il Ministero della Salute e le singole Regioni e Province autonome. Per la realizzazione dei primi interventi previsti dalla missione 6 del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sono stati assegnati i primi 8 miliardi di euro dei 20 disponibili. Entro il 2026 dovranno essere realizzate 1.350 Case di comunità; 400 Ospedali di comunità; 600 Centrali operative territoriali e garantita l’assistenza domiciliare al 10% della popolazione over 65 anni.
Tutte le Regioni italiane entro sei mesi devono adottare i provvedimenti di programmazione e di riorganizzazione dell’assistenza socio-sanitaria territoriale
Il Decreto n. 77, composto da 4 articoli e 3 allegati, definisce la riforma e la riorganizzazione dell’assistenza socio-sanitaria territoriale introducendo il concetto di Medicina di popolazione nell’ambito del SSN: gli standard qualitativi; strutturali; tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all’assistenza territoriale e al sistema di prevenzione.
L’allegato 1, avente valore descrittivo, definisce la riorganizzazione dell’assistenza territoriale in maniera dettagliata, descrivendo i ruoli e le mansioni dei protagonisti del decreto. L’allegato 2, avente valore prescrittivo, definisce ciò che devono fare le Regioni.
Le Regioni italiane, comprese quelle a statuto speciale, entro sei mesi devono adottare i provvedimenti di programmazione e di riorganizzazione dell’assistenza territoriale. È previsto un monitoraggio semestrale dell’Agenas per verificarne l’attuazione che servirà ai fini dell’accesso integrale al finanziamento del PNRR.
Le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità sono i protagonisti dell’assistenza socio-sanitaria territoriale del SSN
Le Case di comunità (CdC) sono i nodi centrali della rete dei servizi territoriali sanitari e socio-sanitari. All’interno di esse lavoreranno equipe di medici di medicina generale; pediatri di libera scelta; infermieri; assistenti sociali; farmacisti e altri professionisti con l’obbiettivo di promuovere modelli di intervento integrati e multidisciplinari.
Le CdC si distinguono in Case di comunità “hub” (una ogni 40-50 mila abitanti) e “spoke”. Le prime assumono il ruolo di strutture di riferimento centrale, dove il cittadino potrà trovare assistenza h24. Le CdC spoke sono strutture dove i medici di medicina generale hanno i loro ambulatori medici.
Le CdC devono garantire il presidio medico, l’assistenza infermieristica e altri servizi come il punto unico di accesso; il servizio di assistenza domiciliare; servizi diagnostici di base (cardiologi, pneumologi, diabetologi, ecc); servizi infermieristici preventivi (come i programmi di screening) e di promozione pubblica (come l’integrazione con i servizi sociali), ecc.
L’ospedale di comunità (OdC), uno con 20 posti letto ogni 100 mila abitanti, è la struttura sanitaria che si pone in una posizione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero. Lo scopo è quello di evitare ricoveri impropri e di favorire dimissioni.
Il Decreto n.77 definisce la Telemedicina come strumento di comunicazione territoriale
Oltre alle strutture territoriali, all’interno del Decreto n.77 sono definite le figure professionali che lavorano all’interno delle CdC e degli OdC. Vicino ai MMG e ai PLS nascono nuove figure professionali, come l’infermiere di famiglia o di comunità (riferimento per l’assistenza infermieristica) e l’equipe mobile distrettuale.
Sta di fatto che tutta l’assistenza socio-sanitaria territoriale per la medicina di popolazione è basata su reti di telemedicina. Infatti, si vogliono sfruttare servizi digitali utili per l’individuazione di persone da assistere e per la gestione dei loro percorsi. Ciò è utile per l’assistenza a domicilio e per l’integrazione della rete professionale che opera sul territorio e in ospedale. Non a caso la telemedicina rappresenta il principale investimento del PNRR.
La mancata chiarezza del Decreto n.77 porta preoccupazione e perplessità nei confronti di una nuova medicina di popolazione
Molte sono le perplessità che rimangono e che nascono da una non completa chiarezza nel Decreto n.77. Uno dei problemi più grandi è nato durante la pandemia, cioè la grandissima carenza di personale. Si sono resi evidenti limiti ed errori nella programmazione della formazione di alcune figure sanitarie fondamentali. Da ciò è nata la necessità di un piano di assunzione di personale per dare una concreta realizzazione alle strutture previste dal decreto e per sopperire alla mancanza di professionisti sanitari.
Oltretutto, è necessario rendere maggiormente appetibili le professioni sanitarie. Per iniziare si potrebbe rimuovere completamente il tetto di spesa per il personale imposto dalla vigente normativa L. 234/2021. In questo modo si consentirebbe un’adeguata definizione dei relativi piani di assunzione compresa la stabilizzazione del personale precario.
Il secondo grande problema è quello del pericolo concreto della privatizzazione da parte del sistema. Ciò che suscita più perplessità è che nell’allegato 1 il Distretto, centro della futura assistenza territoriale, venga definito come “committente”. In questo modo viene data l’idea che il Distretto non eroghi direttamente le prestazioni, ma si assicura che altri soggetti (privati profit o non profit) lo facciano. In questo modo si favorirebbe la completa privatizzazione dell’assistenza.