Con il passare del tempo, un problema che affligge la popolazione è la presbiopia, difetto visivo per il quale si riscontra una perdita graduale, progressiva e irreversibile di mettere a fuoco oggetti a differenti distanze.
Le cause principali sono dovute a variazioni fisiologiche nell’occhio legate all’invecchiamento che comporta una perdita di elasticità del cristallino che, essendo più rigido, non riesce a mettere a fuoco gli oggetti vicini.
Tutt’oggi non esistono delle soluzioni ideali in quanto le lenti mono-visione e le progressive degradano la percezione della profondità e la qualità ai bordi dell’immagine.
Un progetto rivoluzionario e simile, presso l’Università di Leeds, era stato avviato nel 2016 e di cui avevamo parlato qui, alla cui base c’era l’utilizzo dei cristalli liquidi.
Ad oggi, un team dell’Università di Stanford ha ideato un prototipo di occhiali con lenti autofocali, in grado di aggiustare automaticamente il punto di fuoco delle lenti liquide basandosi su input ricevuti da un software di eye tracking che misura il punto di fissazione oculare e/o il moto di un occhio rispetto alla testa.
Il prototipo indossabile è costituito da una telecamera per la profondità di campo, delle lenti liquide a controllo elettronico e un sistema di tracciamento dell’occhio binoculare che invia gli input alle lenti che si adattano alla messa a fuoco necessaria.
Siccome è sufficiente che il sistema di eye tracking commetta un errore minimo di 0.5° nella direzione da acquisire per ottenere immagini poco nitide, è stato progettato un algoritmo che sfrutta la telecamera di profondità incorporata per correggere continuamente questi errori.
Durante la fase sperimentale, i ricercatori si sono soffermati su 3 parametri: l’acuità (capacità dell’occhio di vedere distintamente gli oggetti), sensibilità al contrasto e la performance di rimessa a fuoco.
I risultati, nonostante sia solo un’implementazione iniziale, hanno riscontrato prestazioni superiori rispetto alle lenti monovisione e a quelle progressive, specialmente a distanze medie-vicine che rappresentano le condizioni peggiori di acuità per un soggetto presbite.
Una sfida comune per le tecniche di correzione della presbiopia è il rapido passaggio tra diverse profondità: il processo di rifocalizzazione è ancora percettibile da chi indossa gli occhiali a causa del meccanismo di controllo elettronico.
Inoltre, la distanza di fissazione può essere stimata solo dopo che l’utente ha osservato un oggetto, perciò la soluzione ideale è quella di creare un sistema in grado di predire su quale oggetto atterreranno i loro occhi.
In aggiunta, la necessità di una batteria per il sistema di eye tracker, seppur possa sembrare uno svantaggio, in realtà apre le porte a diverse funzioni: è possibile incorporare differenti sensori come un’unità di misurazione inerziale a bassa potenza (IMU) che potrebbe essere utilizzata per rilevare la postura e chiedere aiuto in caso di caduta e/o per tenere traccia degli aumenti nell’instabilità posturale per rilevare l’insorgenza di un numero qualsiasi di malattie, tra cui il morbo di Parkinson.
Nonostante i requisiti energetici e le rimanenti sfide ingegneristiche, lo studio dimostra che un cambiamento di paradigma verso gli occhiali digitali è prezioso traendo benefici che vanno oltre la correzione della presbiopia.
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