“Se tutti indossassero una mascherina, potremmo fermare fino al 99% delle goccioline prima che raggiungano qualcun altro. In assenza di un vaccino o di un farmaco antivirale, è l’unico modo comprovato per proteggere gli altri oltre a te stesso”. Queste le parole di Eric Westman, professore di medicina della Duke University, in merito all’utilizzo delle mascherine. Strumento indispensabile nella lotta al coronavirus, la mascherina è stata messa al centro di un nuovo studio volto a dimostrare come, utilizzando un sistema costituito da elementi a basso costo e facilmente reperibili online, sia possibile valutarne l’efficacia in base alla tipologia presa in esame.
Grazie a un sistema del genere, sarà possibile incoraggiare la sperimentazione di nuovi materiali o nuovi prototipi e fornire, anche a chi non è esperto, uno strumento di effettiva valutazione, ad esempio da parte di un’azienda, al momento dell’acquisto di un lotto di mascherine per i propri dipendenti.
Per raggiungere lo scopo, i ricercatori del dipartimento di fisica della Duke University, guidati dal professore Martin Fischer, hanno selezionato e testato 14 diversi tipi di mascherine. Tutti i dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.
Il test è stato condotto con un set up sperimentale abbastanza semplice: una scatola, un laser, una lente e la fotocamera di uno smartphone. Un operatore indossa una mascherina e parla nella direzione di un raggio laser fatto passare attraverso due fori praticati sulla scatola. Le goccioline, emesse parlando, si propagano attraverso il raggio laser, che viene registrato con la fotocamera. Infine, viene impiegato un algoritmo per contare le goccioline presenti nel video.
Gli esperimenti sulle varie mascherine sono stati eseguiti tutti con lo stesso protocollo: una registrazione video dalla durata totale di 40 secondi, per valutare le goccioline emesse durante la conversazione, di cui i primi 10 utilizzati come riferimento. Nei successivi 10 secondi, il portatore della maschera ha ripetuto cinque volte la frase “Stay healthy, people” (“Rimanete in salute, gente”), dopodiché la telecamera continua a registrare per altri 20 secondi. Come controllo, la stessa registrazione è stata effettuata senza indossare alcuna mascherina. Per ciascuna mascherina e per la prova di controllo, questo protocollo è stato ripetuto 10 volte.
“Abbiamo confermato che quando le persone parlano, piccole goccioline vengono espulse, quindi il virus può essere diffuso parlando, senza tossire o starnutire”, afferma Fischer. “Abbiamo anche potuto vedere che alcune mascherine hanno funzionato molto meglio di altre nel bloccare le particelle espulse.”
Il seguente grafico mostra i risultati dell’esperimento, ovvero il conteggio relativo delle goccioline rilevate per ogni tipo di mascherina, normalizzato con il risultato del trial di controllo.
Come era prevedibile, i risultati migliori sono stati forniti dalla mascherina N95 (FFP2) senza valvola, subito seguita da quella chirurgica. Buoni risultati sono stati ottenuti anche con mascherine in polipropilene e con quelle in cotone fatte in casa. La protezione di gran lunga peggiore viene invece offerta da bandane e scaldacollo che, oltre a non trattenere affatto le goccioline, rischiano addirittura di favorire il contagio. Ciò è probabilmente causato dal fatto che il tessuto poroso dello scaldacollo va a scomporre le particelle più grandi in molti frammenti più piccoli che hanno maggiori probabilità di rimanere in aria più a lungo.
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