Covid-19

Quanto sappiamo sul vaccino contro la COVID-19?

Nella corsa contro il tempo, porsi un obiettivo è oltremodo importante. Ciò è innegabile, perché le sfide con noi stessi sono il punto di partenza per migliorarci e rappresenta il leitmotiv di scienziati, industrie e altre organizzazioni in tutto il mondo che, da quando è stata resa nota la sequenza genetica del virus SARS-CoV-2, causa della COVID-19, hanno collaborato per sviluppare il prima possibile un vaccino sicuro ed efficace.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fa sapere che al 22 gennaio 2021 i vaccini candidati in corso di sviluppo erano 237, di cui 173 in fase pre-clinica e 64 in fase clinica. Fino ad oggi in Europa sono stati autorizzati tre vaccini. Di questi, due vaccini sono a mRNA: il primo prodotto dalle aziende farmaceutiche BioNTech/Pfizer e approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) il 21 dicembre 2020, il secondo prodotto da Moderna e approvato dall’EMA il 6 gennaio 2021; in ultimo quello sviluppato dall’Università di Oxford-AstraZeneca. Restano in fase di approvazione il vaccino prodotto da Johnson&Johnson e dal CNR epidemiologica e microbiologica N. F. Gamaleja, Sputnik V. Alcuni vaccini sono realizzati sulla base di tecnologie già note, altri sono realizzati utilizzando nuovi approcci oppure sulla base di approcci impiegati recentemente nello sviluppo di vaccini contro SARS e Ebola.

Vaccino Pfizer-BioNTech: caratteristiche, efficacia e sicurezza

Il 21 dicembre 2020 è stato autorizzato dalla Commissione Europea il primo vaccino per il COVID-19, nominato mRNA BNT162b2 (Comirnaty) e prodotto da Pfizer e BioNTech. Successivamente, il 22 dicembre 2020 il vaccino è stato autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per l’immissione in commercio in Italia, per le persone di età pari o superiore a 16 anni. Il 31 dicembre 2020, viene autorizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per uso d’emergenza, consentendo così di poter avviare i programmi di vaccinazione in molti paesi. Comirnaty è basato sulla tecnologia a RNA messaggero (mRNA) che non prevede di inoculare l’antigene verso il quale si vuole indurre una risposta immunitaria ma di inoculare la sequenza genetica con le istruzioni per produrre l’antigene. L’antigene prodotto viene quindi indirizzato nelle cellule di chi ha ricevuto il vaccino. L’RNA messaggero del vaccino codifica la proteina spike di SARS-CoV-2, una proteina presente sulla superficie esterna del virus, utilizzata per entrare nelle cellule e replicarsi.

Credits: L’EGO-HUB

Le molecole di mRNA sono protette da una microscopica struttura lipidica chiamata nanoparticella, che permette loro di entrare nelle cellule. Quando una persona viene vaccinata, l’mRNA contenuto nelle nanoparticelle entra nelle cellule. I ribosomi, che leggono le istruzioni genetiche contenute nella struttura dell’mRNA, avviano la sintesi delle proteine spike. Queste proteine vengono quindi rilasciate sulla superficie della cellula e vengono identificate dal sistema immunitario come corpi estranei, stimolando la produzione di anticorpi ed attivando le cellule T. Il sistema immunitario è così pronto a neutralizzare le proteine spike del virus, impedendo il suo ingresso nelle cellule. L’mRNA interagisce con i ribosomi e non con il nucleo delle cellule, quindi non interagisce né modifica il nostro DNA. Inoltre, si degrada naturalmente in pochi giorni non lasciando tracce nel corpo umano.

È prevista la somministrazione in due dosi, solitamente con una iniezione intramuscolare nella parte superiore del braccio. La seconda dose viene somministrata a distanza di almeno 21 giorni dalla prima. Non è ancora nota con certezza la durata degli anticorpi e della protezione contro il virus: il periodo di osservazione sull’efficacia del vaccino è stato di pochi mesi, ma si stima che la protezione dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi. In ogni caso, anche dopo la somministrazione dei vaccini, le direttive prevedono che i vaccinati e i loro contatti debbano comunque continuare ad adottare tutte le misure di prevenzione attualmente in essere (distanziamento, igiene delle mani, dispositivi di protezione individuale, ecc). Il vaccino Comirnaty (BNT162b2) si è dimostrato capace di prevenire con un’efficacia del 95% il numero di casi sintomatici di COVID-19 confermata in laboratorio, nelle persone dai 16 anni di età in su. Lo studio ha mostrato che il numero di casi sintomatici di COVID-19 confermata in laboratorio, si è ridotto del 95% nei soggetti senza evidenze di precedente infezione da SARS-CoV-2 che hanno ricevuto il vaccino (con un intervallo di confidenza da 90,3 a 97,6%).

Tra gli effetti indesiderati, il più comune segnalato da chi ha ricevuto il vaccino è stato un dolore lieve-moderato a livello del sito di iniezione, che comunque si è risolto in pochi giorni; meno dell’1% dei soggetti di entrambi i gruppi ha sviluppato un dolore di forte intensità. Il dolore è stato riscontrato meno frequentemente dai partecipanti di età superiore a 55 anni rispetto a quelli più giovani. Sono state poco frequenti le segnalazioni di arrossamento o gonfiore nel punto di iniezione. A livello sistemico, le controindicazioni più comuni sono stanchezza e mal di testa (59% e 52%, rispettivamente tra i più giovani; 51% e 39% tra i più anziani, febbre alta (≥38°C) (16% dei giovani e l’11% dei più anziani) che si è comunque risolta in pochi giorni, linfoadenopatia, probabilmente dovuta a una consistente risposta immunitaria, che si è comunque risolta entro non più di 10 giorni. Altri effetti gravi che si sono registrati in seguito alla somministrazione sono stati problemi alla spalla, aritmia ventricolare parossistica, parestesia alla gamba destra. Sono stati registrati anche 6 decessi durante la sperimentazione: 2 tra le persone che hanno ricevuto il vaccino (decessi attribuiti aterosclerosi e arresto cardiaco rispettivamente) e 4 tra le persone che hanno ricevuto il placebo (due decessi attribuiti a cause sconosciute, uno ad infarto del miocardio e uno ad ictus emorragico).

Credits: Ministero della Salute

Vaccino Moderna: caratteristiche, efficacia e sicurezza

Il vaccino sviluppato da Moderna è stato autorizzato in data 7 gennaio 2021 dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per le persone di età pari o superiore a 18 anni. L’autorizzazione è arrivata a valle di una analisi dei dati raccolti nell’ambito del COVE trial, ovvero lo studio clinico di fase 3 del vaccino, i cui risultati sono stati resi pubblici il 30 dicembre 2020 sulla rivista New England Journal of Medicine. Analogamente al vaccino sviluppato da Pfizer/BioNTech, il vaccino mRNA-1273 di Moderna si basa su tecnologia a RNA messaggero: l’mRNA codifica per la proteina spike del virus SARS-CoV-2. Così come il vaccino Pfizer, non introduce nelle cellule il virus vero e proprio, viene vettorizzata solo l’informazione genetica utile alle cellule a replicare la proteina spike con la quale il virus penetra nel nostro organismo. Anche in questo caso l’mRNA utilizzato si degrada poco dopo la vaccinazione non lasciando tracce nell’organismo. Anche il vaccino moderna, così come il vaccino Pfizer prevede due somministrazioni da 0,5mL con iniezione intramuscolare a 28 giorni di distanza l’una dall’altra.

Durante la fase di test si sono registrati nel gruppo che ha ricevuto il vaccino 11 casi di COVID-19 ad almeno 14 giorni di distanza dalla somministrazione della seconda dose, sono stati invece 185 i casi registrati nel gruppo che ha ricevuto la somministrazione del placebo: il vaccino ha quindi dimostrato un’efficacia del 94,1% nel prevenire l’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 rispetto al placebo, in linea con l’efficacia del Comirnaty di Pfizer/BioNTech. Gli effetti indesiderati più diffusi sono stati dolore nel sito di iniezione, stanchezza, emicrania, mialgia, artralgia, nausea/vomito, ingrossamento dei linfonodi ascellari dello stesso braccio nel quale è avvenuta l’iniezione, febbre, gonfiore e arrossamento nel sito di iniezione. Non si sono registrati effetti indesiderati gravi, le controindicazioni sono state tutte generalmente di lieve o moderata entità e si sono risolte in pochi giorni dopo la vaccinazione. Le reazioni sono state più frequenti dopo la seconda dose e nei partecipanti più giovani (dai 18 ai 65 anni), meno frequenti nei soggetti di età superiore a 65 anni.

Credits: AIFA

Vaccino AstraZeneca: caratteristiche, efficacia e sicurezza

Dopo un’attenta valutazione dei dati di qualità, sicurezza ed efficacia, il 29 gennaio 2021 l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha raccomandato il rilascio di un’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio del vaccino sviluppato da Università di Oxford e AstraZeneca, per le persone di età pari o superiore a 18 anni e inferiore ai 55 anni, successivamente poi esteso a tutte le fasce di età. È stato il terzo vaccino anti COVID-19 approvato e autorizzato alla commercializzazione dalla Commissione europea, dopo il parere positivo di EMA.

Caratteristica che lo distingue dai vaccini di Pfizer/BioNTech e Moderna, entrambi a base di mRNA, è una filosofia di approccio diverso per indurre la risposta immunitaria dell’organismo verso la proteina spike. In particolare, il vaccino ricade tra i vaccini a vettore virale, che utilizzano una versione modificata di un vero e proprio virus al fine di indurre la risposta immunitaria dell’organismo. Nel caso del vaccino AstraZeneca viene utilizzata una versione modificata di un adenovirus diffuso tra scimpanzé, reso incapace di replicarsi, utilizzato come vettore per fornire le istruzioni alle cellule per sintetizzare la proteina spike di SARS-CoV-2. Una volta prodotta, la proteina può stimolare una risposta immunitaria specifica, sia anticorpale che cellulare.

La tecnologia è la stessa che è alla base del primo vaccino approvato per Ebola alla fine del 2019. I dati relativi alla sicurezza si basano su un’analisi ad interim di dati raccolti nei quattro studi clinici di riferimento. Nel complesso, l’efficacia vaccinale di COVID-19 Vaccine AstraZeneca è risultata pari al 59,5% nel prevenire la malattia sintomatica. Nei partecipanti che presentavano una o più comorbilità, l’efficacia del vaccino è stata del 58,3%. Dopo la seconda dose, somministrata dopo 12 settimane dalla prima, l’efficacia dopo 14 giorni, è stata dell’82,4%. Gli effetti indesiderati osservati più spesso sono stati di entità che vanno da lieve a moderata e si sono risolti entro pochi giorni dalla vaccinazione. I più comuni sono stati: dolore nel sito di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari, sensazione generale di spossatezza, brividi, febbre, dolore alle articolazioni e nausea.

Credits: Corriere della Sera

Qual è il vaccino migliore contro la COVID-19?

Non esiste una certezza assoluta che ci permette di definire quale sia il vaccino migliore. È invece possibile propendere maggiormente verso quello di Pfizer: ha una maggiore efficacia rispetto a tutti gli altri e inoltre può essere somministrato ad una platea maggiore di persone. L’unico aspetto negativo di questo siero è relativo alla sua conservazione che necessita di temperature estremamente basse. Nonostante l’efficacia sia in percentuale un po’ inferiore, la formulazione AstraZeneca è più semplice da gestire, e decisamente più economica: il costo di ciascuna dose dovrebbe aggirarsi poco sotto i 2 euro. Considerate le sue caratteristiche, il vaccino AstraZeneca sembra ad oggi essere più difficilmente adattabile alle nuove varianti del virus. A tale proposito l’azienda ha annunciato una nuova versione del vaccino ad hoc per le nuove varianti entro il prossimo autunno.

Articolo a cura di Francesca Maria Iervolino.

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