Il diabete gestazionale è una patologia caratterizzata da un’alterazione della regolazione del glucosio, che viene diagnosticata durante la gravidanza e che, in genere, regredisce dopo il parto, ma può ripresentarsi a distanza di anni, come diabete di tipo 2.
Il diabete gestazionale, che causa un aumento di glucosio nel sangue, crea rischi sia per il bambino che per la madre: può portare a pressione alta, rischio di futuro diabete e una maggiore possibilità di taglio cesareo nella madre, nonché peso alla nascita eccessivo, parto prematuro e altri problemi nel neonato.
La diagnosi della condizione attualmente si basa sullo screening convenzionale alla fine del secondo e terzo trimestre. La capacità di prevedere la condizione in anticipo è una chiave per ridurne l’impatto.
Dato che le complicazioni della gravidanza continuano ad aumentare in tutto il mondo, ci sono stati sforzi crescenti per studiare con urgenza il primo trimestre di gravidanza come finestra di opportunità per l’identificazione e la diagnosi precoce del diabete gestazionale.
L’identificazione dei biomarcatori per il diabete gestazionale all’inizio della gravidanza potrebbe portare a un migliore monitoraggio e sviluppo di interventi e trattamenti sicuri e tempestivi che riducano la gravità della malattia, migliorando così le prospettive di salute a lungo termine per madre e figlio.
Per il presente studio, i ricercatori hanno studiato le vescicole extracellulari, “comunicatori” circolanti che trasportano e forniscono microRNA all’interno del sangue materno. Essi sono secreti dalla placenta e svolgono un ruolo chiave nella gravidanza e nelle complicanze della gravidanza, diabete gestazionale compreso.
I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue a 24 donne in gravidanza durante ogni trimestre e al momento del parto. In questi campioni è stata valutata l’espressione di microRNA nelle vescicole extracellulari. I ricercatori hanno notato un’espressione differente di microRNA nei campioni prelevati nel primo trimestre di gravidanza comparati con quelli prelevati a fine gravidanza. In particolare, nelle donne a cui è stato successivamente diagnosticato il diabete gestazionale, gli autori hanno notato cambiamenti nei microRNA prima ancora della diagnosi clinica, suggerendo che fossero coinvolti nello sviluppo della malattia.
I ricercatori hanno riscontrato differenze nel primo trimestre di gravidanza a donne a cui è stato diagnosticato successivamente il diabete gestazionale. In particolare, è stata notata una sovraregolazione in alcuni microRNA, suggerendo che essi (contenuti nelle vescicole extracellulari) potrebbero comunicare con diversi organi materni e tipi cellulari, interagendo con le vie di segnalazione coinvolte nel metabolismo e nell’infiammazione, i quali potrebbero influenzare gli adattamenti metabolici nella madre.
“Questo è un passo iniziale promettente nella ricerca di un pannello di biomarcatori robusto e accurato che funzioni nella previsione del diabete gestazionale durante l’inizio della gravidanza”.
Dott. Devaskar, Università della California
Questo studio fornisce ulteriori prove del fatto che il diabete gestazionale è una condizione che inizia a svilupparsi molto prima rispetto a quando viene attualmente diagnosticata clinicamente (dopo la metà della gravidanza). A questo punto della gravidanza purtroppo le complicanze potrebbero già essere irreversibili e diventa quindi fondamentale scoprire nuovi metodi per la diagnosi, in modo da fornire precocemente cure ed attenzioni alle future mamme.
Ulteriori studi si rendono necessari per indagare il ruolo meccanicistico delle vescicole extracellulari circolanti durante la gravidanza, per il loro ruolo nelle complicanze e per l’utilizzo dei microRNA associati alle vescicole extracellulari come predittori non invasivi di malattia in gravidanza.
“Come fornitori di cure per le pazienti in gravidanza ad alto rischio e i loro bambini, siamo entusiasti di questo passo verso una diagnosi più affidabile e precoce del diabete gestazionale. In questo modo si potrebbe intervenire prima dello sviluppo di condizioni avverse per madre e bambino che spesso durano per tutta la vita”.
Dott. Devaskar, Università della California