Celine Dion è una cantante canadese divenuta famosa negli anni ’80, quando ottenne i primi riconoscimenti internazionali con la vittoria al Festival mondiale della canzone popolare e all’Eurovision Song Contest, in cui rappresentò la Svizzera. Negli anni successivi arrivano altre riconoscenze che permettono alla cantante di raggiungere una certa fama: la pubblicazione di diversi album tra cui Falling Into You e Let’s Talk About Love, entrambi certificati dischi di diamante. Alla fine degli anni ’90 annuncia di voler prendere una pausa dal suo lavoro per stare accanto a suo marito impegnato in quel momento a sconfiggere una grave malattia, il cancro faringeo. Dal 2002 ritorna in scena fino ai giorni d’oggi quando, con un comunicato stampa, annuncia di essere affetta dalla sindrome ella persona rigida e decide di annullare il suo Tour in Europa.
Fu descritta per la prima volta nel 1956 da Frederick Moersch e Henry Woltman a seguito di uno studio condotto su 14 pazienti con rigidità progressiva dei muscoli spinali, addominali e della coscia. Questa condizione era precedentemente chiamata sindrome dell’uomo rigido ed è anche nota come sindrome di Moersch-Woltman. La sindrome della persona rigida (SPS) è una rara malattia immuno-mediata e spesso sotto diagnosticata del sistema nervoso centrale; un raro disturbo del sistema nervoso centrale che provoca:
Le persone affette da quest sindrome, mostrando i sintomi sopraelencati, a lungo andare potrebbero non essere più in grado di camminare o muoversi, oppure provare disagio anche semplicemente nell’uscire di casa per timore di possibili spasmi o cadute a seguito di rumori.
Innanzitutto, la sindrome della persona rigida è una malattia rara e nella maggior parte dei casi i sintomi si manifestano dai 20 ai 60 anni. Questa condizione è molto più comune nelle donne rispetto agli uomini e solitamente è associata ad altre malattie autoimmuni come:
In particolare, la causa principale può essere una reazione autoimmune, ovvero il corpo produce anticorpi diretti contro i propri tessuti; gli anticorpi attaccano le cellule nervose del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli. Per la precisione, le persone con sindrome della persona rigida presentano anticorpi diretti contro la decarbossilasi dell’acido glutammico. Questo è un enzima coinvolto nella produzione del neurotrasmettitore utile a prevenire un’iperstimolazione muscolare a carico dei nervi. Infatti, quando la produzione di questo enzima viene meno i nervi iperstimolano i muscoli e si verifica un irrigidimento ed una contrazione dei muscoli.
La caratteristica fondamentale dei sintomi di questa condizione è la progressione graduale nell’arco di pochi mesi rendendola una malattia invalidante. L’esordio della malattia è caratterizzata da rigidità dei muscoli del tronco, soprattutto nella zona toracolombare che impedisce alla persona affetta di piegarsi e girarsi. Successivamente, progredisce e la rigidità muscolare colpisce anche gli arti (gambe e braccia). La rigidità corporea nel tempo influenza negativamente la postura, infatti, si verificano:
In aggiunta, come già accennato, compaiono spasmi muscolari e maggiore sensibilità a stimoli tattili, visivi o acustici che possono causare improvvise cadute.
Diagnosticare questa malattia senza alcune esame specifico potrebbe condurre ad una diagnosi errata; spesso, infatti, viene confusa con altre malattie come ad esempio, il morbo di Parkinson. Si ricorre, pertanto, ad esami specifici come:
A questi esami vengono associati anche:
Quando parliamo di trattamento della SPS è bene precisare che ci sono due diverse “strade” che solitamente possono essere intraprese in combinazione in base alla gravità della malattia:
La terapia sintomatica è la terapia iniziale volta a diminuire la rigidità e gli spasmi muscolari, ovvero tende a ridurre i principali sintomi. Questa terapia viene effettuata somministrando al paziente farmaci che facilitano il legame del neurotrasmettitore inibitorio GABA sui recettori; ovvero promuovono gli effetti del GABA. I farmaci GABA stimolanti più usati sono le benzodiazepine.
L’immunoterapia, invece, è un trattamento immunomodulante che mira a ridurre o eliminare gli auto- anticorpi. Ad oggi, l’immunoglobulina endovenosa ha dimostrato di essere l’immunoterapia più efficace nel trattamento della SPS, promuovendo un miglioramento clinico che dura fino a 1 anno dopo un ciclo di cinque somministrazioni.
Contro ogni iniziale convinzione, i corticosteroidi invece mostrano un’azione controversa nel trattamento di questa sindrome. Altri agenti immunomodulatori, invece, presentano effetti variabili e restano ancora oggetto di studi.
La prognosi nei pazienti affetti da SPS dipende da molteplici fattori come:
Ancora una volta, la diagnosi tempestiva è fondamentale per poter agire il prima possibile e cercare di prevenire o ridurre la progressione ed evitare ulteriori complicazioni a lungo termine. Il trattamento farmacologico si è visto essere di grande aiuto, ma la malattia genera quasi sempre:
L’SPS, come già accennato, è spesso una condizione sotto diagnosticata o mal diagnosticata per la similitudine con altre patologie che può portare alla compromissione perenne della salute fisica e mentale se non trattata tempestivamente. Pertanto, gli operatori sanitari dovrebbero mirare a riconoscere e gestire la malattia il prima possibile il tutto con la costante presenza di un neurologo. L’ideale sarebbe se il paziente fosse gestito da un team professionale, tra cui un fisioterapista, uno psichiatra e un chirurgo ortopedico per aumentare le loro possibilità di guarigione e preservare la loro qualità di vita. Inoltre, è fondamentale monitorare i pazienti che ricevono l’immunoterapia per possibili effetti collaterali.