The Last of Us Parte II è uscito il 19 giugno 2020 dopo 7 anni di attesa dal primo titolo ed è già stato etichettato come uno dei più grandi videogiochi della generazione. La qualità del prodotto sviluppato dal team di Naughty Dog salta immediatamente all’occhio – e all’orecchio – con un lavoro magistrale del reparto grafico e sonoro. Ma l’aspetto che questo articolo vuole approfondire è quello dell’accessibilità. The Last of Us Parte II è stato definito “il gioco più accessibile di sempre” da Steve Saylor, content creator e giocatore ipovedente nonché consulente per la Video Game Accessibility.
Saylor ha voluto filmare la sua reazione nel visionare per la prima volta la schermata dedicata al settaggio dell’accessibilità presente in The Last of Us Parte II. Il content creator è stato colto di sorpresa e non è riuscito a trattenere la commozione. “Questo è quello che io e altri nella community attiva sul fronte dell’accessibilità sosteniamo da moltissimo tempo: c’è così tanto qui.” ha singhiozzato Saylor. “Questa è la ragione per cui lavoro così tanto per promuovere l’accessibilità. Questo è il motivo, perché tutto questo è importante“. Lo stesso Neil Druckmann, Director di The Last of Us Parte II, ha risposto a Saylor, ringraziandolo del suo commosso apprezzamento per il lavoro svolto dal team e per l’ispirazione offerta loro.
Steve Saylor è albino e affetto da nistagmo. Le due condizioni hanno una correlazione poiché lo sviluppo del sistema ottico è fortemente dipendente dalla melanina e la riduzione o assenza di questo pigmento può portare nei soggetti albini a soffrire di difetti visivi come la fotofobia, l’astigmatismo e il nistagmo.
Il nistagmo è una condizione caratterizzata dal movimento involontario, rapido e ripetitivo dei bulbi oculari. Solitamente, la traiettoria va da un lato all’altro (nistagmo orizzontale), ma può anche essere dall’alto al basso (nistagmo verticale) o circolare (nistagmo rotatorio). La complicanza più comune del nistagmo è la riduzione della funzione visiva, che colpisce le persone in modi diversi: alcune possono presentare solo una lieve riduzione dell’acuità visiva, mentre altre presentano una grave disabilità, come nel caso di Steve Saylor che è ipovedente.
L’accessibilità è la caratteristica di un dispositivo, di un servizio, di una risorsa o di un ambiente di essere fruibile con facilità da una qualsiasi tipologia d’utente. Il termine è associato alla possibilità anche per persone con ridotta capacità sensoriale, motoria, o psichica – permanente o temporanea – di accedere e muoversi autonomamente in ambienti fisici (per cui si parla di accessibilità fisica), di fruire e accedere autonomamente a contenuti culturali (accessibilità culturale) o fruire dei sistemi informatici e delle risorse a disposizione attraverso l’uso di tecnologie assistive o tramite il rispetto di requisiti di accessibilità dei prodotti. Le rampe agli ingressi per le persone in sedia a rotelle, le mappe tattili nei luoghi pubblici per i non vedenti, i sottotitoli per i non udenti sono solo alcuni degli esempi – forse i più noti – di accessibilità.
L’interazione uomo-computer (in inglese human-computer interaction, HCI) è lo studio dell’interazione tra utenti e computer per la progettazione e lo sviluppo di sistemi interattivi che siano usabili, affidabili e che supportino e facilitino le attività umane. Il principale obiettivo di questa disciplina è l’usabilità. L’usabilità, secondo la norma ISO 9241, è la misura con cui un prodotto può essere usato da specifici utenti per raggiungere specifici obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso. I motivi per cui l’usabilità è importante sono:
L’accessibilità è un concetto distinto dall’usabilità. Un sistema informatico è accessibile se può essere usato da tutti, compresi i disabili. Accedere all’informazione tuttavia non basta, il sistema deve poi essere anche utilizzabile: pertanto, l’accessibilità è un prerequisito all’usabilità. Un sistema non si può usare se non è accessibile. Nel campo dell’HCI, un sottocampo dell’accessibilità è l’accessibilità ai videogiochi. Con un numero crescente di persone interessate a giocare ai videogiochi e con l’utilizzo dei videogiochi in ambiti diversi dall’intrattenimento come l’istruzione, la riabilitazione, la terapia, l’accessibilità ai videogiochi è diventata un campo di ricerca emergente.
In un post sul Play Station Blog pubblicato a pochi giorni dall’uscita del titolo, Matthew Gallant, Lead System Designer di Naughty Dog, ha svelato una lunga serie di personalizzazioni tutte incentrate sull’accessibilità di The Last of Us Parte II, delle quali aveva già parlato in un’intervista a The Verge Emilia Schatz, Lead Gameplay Designer. Come si legge nell’introduzione l’obiettivo degli sviluppatori “era consentire a una platea di appassionati più ampia possibile di vivere l’esperienza di gioco, offrendo un livello di accessibilità senza precedenti. Capitalizzando l’esperienza maturata nel corso dello sviluppo di Uncharted 4: Fine di un ladro, abbiamo incluso in The Last of Us Parte II oltre 60 impostazioni dedicate, con funzionalità di gioco assistito per giocatori con disabilità visive, uditive e motorie. Speriamo che queste soluzioni tecniche consentano a tutti di dare forma a un’esperienza di gioco adatta alle proprie condizioni e capacità.”
Gli sviluppatori hanno creato tre preset di accessibilità dedicati a vista, udito e abilità motoria permettendo comunque ai giocatori di modificare ogni singola opzione al loro interno. “Siamo ansiosi di vedere i giocatori che personalizzano queste funzionalità per migliorare la loro esperienza, sperando di poter garantire una sempre maggiore inclusività dei videogiochi.” dice Matthew Gallant.
È stata implementata la possibilità di personalizzare completamente i comandi di gioco. Ogni azione può essere assegnata a un input diverso. Per esempio, pensando all’esigenza di alcuni giocatori con disabilità motorie, è stata inserita la possibilità di sostituire la pressione ripetuta o continuata di un tasto con una pressione singola e viceversa.
Per giocatori con disabilità visiva testi, interfaccia ed elementi di gioco troppo piccoli o difficili da leggere possono rendere l’esperienza frustrante. Per bypassare questi problemi, gli sviluppatori di The Last of Us Parte II hanno inserito impostazioni per regolare le dimensioni, il colore e il livello di contrasto di ogni elemento dell’interfaccia.
Sono state inserite anche alcune impostazioni per permettere ai giocatori non vedenti o ipovedenti di orientarsi e interagire con lo scenario. Due tra queste sono la “navigazione assistita” – che permette di proseguire la storia grazie all’indicazione del percorso – e “modalità ascolto migliorata” – che permette di esaminare l’ambiente alla ricerca non solo di nemici ma anche di oggetti. Sono state anche ideate numerose funzioni per veicolare informazioni visive attraverso suoni e vibrazioni del controller. Inoltre, i menu e gli atri testi presenti all’interno del gioco possono essere letti usando la funzione di sintesi vocale.
Le indicazioni di gioco veicolate dagli effetti audio potrebbero sfuggire parzialmente o totalmente ai giocatori con problemi di udito. Per ovviare a questo problema, il team di Naughty Dog ha convertito le informazioni sonore in elementi grafici. Inoltre, è possibile attivare uno sfondo scuro per aumentare il contrasto dei sottotitoli.
Utilizzare la tecnologia per migliorare la vita delle persone con disabilità, studiando strategie e dispositivi per semplificare le azioni quotidiane, è l’obiettivo al centro di molti progetti che guardano al futuro. Abbiamo già parlato di Dot, il primo smartwatch Braille al mondo, e di BLITAB, il primo tablet su cui è implementata una tastiera Braille. Abbiamo parlato anche di uno studio che si sta occupando di tradurre i segnali cerebrali in parole per aiutare le persone che non possono più parlare ad esprimersi in modo più chiaro e fluido. Studio che ha suscitato l’attenzione di Facebook, che ha deciso di finanziare il team di ricerca per portare avanti lo sviluppo di un dispositivo indossabile capace di “leggere il pensiero”. L’obiettivo comune vedrebbe da una parte lo sviluppo delle tecnologie in grado di migliorare la vita delle persone affette da paralisi e altre forme di compromissione delle parole e dall’altra la possibilità di Facebook di cambiare il modo in cui interagiamo con la tecnologia.
L’interesse verso una tecnologia più accessibile e inclusiva cresce sempre di più. I progetti e i dispositivi per abbattere le barriere tecnologiche aumentano di anno in anno. Anche il mondo dei videogiochi si è posto – già da tempo – il problema di estendere la possibilità di avere un’esperienza videoludica soddisfacente anche agli utenti disabili. Naughty Dog con The Last of Us Parte II ha spalancato le porte dell’accessibilità ai videogiochi. La speranza è che questo particolare approccio al game design possa fare scuola, incoraggiando altre software house a riflettere sul vero significato della parola inclusione.