Tumori: perché molti sono resistenti alle terapie mirate?
Un team di ricerca italiano ha studiato la resistenza alle terapie a bersaglio molecolare da parte di alcuni tumori con modelli matematici ed esperimenti di laboratorio. Prove convincenti dimostrano che le cellule persistenti dei tumori rappresentino un limite importante all’efficacia a lungo termine delle terapie mirate. Tuttavia, il fenotipo e la dinamica della popolazione delle cellule persistenti del cancro rimangono poco chiare.
Le basi di partenza dello studio su un tumore del colon-retto
Il team di ricerca ha scoperto che, nel cancro del colon-retto, una frazione di cellule persistenti si replica lentamente. Le cellule persistenti sono delle sottopopolazioni che resistono al trattamento, diventando resistenti agli antimicrobici e passando ad una situazione di quiescenza. Le terapie mirate inducono il passaggio a cellule persistenti tolleranti ai farmaci e un temporaneo aumento fino a 50 volte del loro tasso di mutazione aumentando così le cellule resistenti. Questi risultati rivelano che il trattamento influenza la persistenza e la mutabilità nelle cellule tumorali e individua l’inibizione delle DNA polimerasi soggette a errori come strategia per limitare la recidività tumorale.
Lo studio effettuato
Quando i pazienti con tumori vengono trattati con agenti mirati, la ricaduta tumorale viene spesso osservata dopo una risposta iniziale. L’emergere di resistenza, dopo una risposta prolungata e la stabilizzazione della malattia, è frequente. Quando le cellule tumorali sono esposte a dosi letali di terapie mirate, l’emergere di una sottopopolazione di cellule tolleranti ai farmaci impedisce l’eliminazione del tumore.
A differenza delle cellule geneticamente resistenti, le cellule persistenti tollerano la pressione dei farmaci attraverso meccanismi di resistenza reversibili, non genetici e non ereditabili. L’esposizione delle cellule del cancro del colon-retto (CRC) a terapie mirate induce danni al DNA e compromissione della competenza nella riparazione del DNA. Il trattamento farmacologico porta alla replicazione del DNA con errori nelle cellule tumorali, suggerendo che la mutevolezza delle cellule persistenti aumenta durante lo stress indotto dalla terapia. Si è presentata una metodologia quantitativa generale per caratterizzare la transizione delle cellule tumorali a cellule persistenti e studiarle durante il trattamento farmacologico. Si è implementato un test di fluttuazione in due fasi per quantificare i tassi di mutazione fenotipica delle cellule CRC.
Analisi dei dati raccolti dalla ricerca sulla resistenza dei tumori
Per prima cosa si è analizzato come i parametri della crescita delle CRC siano stati influenzati dal trattamento farmacologico. Gli esperimenti di laboratorio includono:
- tassi di crescita in condizioni standard,
- dinamiche demografiche in trattamento
- e dinamiche demografiche delle cellule persistenti.
Si è cercato di chiarire le dinamiche della proliferazione persistente e della morte sotto trattamento farmacologico. Per quantificare la dinamica della popolazione cellulare durante il trattamento farmacologico, si è creato un modello matematico: il “transizione-persister” (TP). Questo incorpora i parametri nascita-morte e la commutazione fenotipica nel limite deterministico (cioè trascurando le fluttuazioni dovute agli effetti demografici stocastici).
I risultati dello studio sui tumori
Questa ricerca, oltre ad una maggiore comprensione, ha aperto a nuove possibilità per prevenire la resistenza e impedire lo sviluppo di metastasi. I dati preliminari ottenuti dagli esperimenti in corso sembrano molto promettenti. Anche dal punto di vista dei modelli matematici, nel tempo potrebbero portare a trattamenti mirati e calibrati su ciascun tumore e paziente; infatti, i medici potrebbero modulare le dosi e i tempi di somministrazione dei farmaci in modo da minimizzare la probabilità di recidiva di malattia. Il prossimo passo che vedrà impegnati i ricercatori sarà di trasferire il protocollo a esperimenti pre-clinici più significativi, come colture cellulari in 3D derivate da campioni tessutali ottenuti da pazienti.