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Nuovo vaccino per la lotta al Covid-19: questa volta è plant-based

Ha superato la fase 3 dello studio clinico il primo vaccino plant-based contro il Covid-19. Primo ed unico nel suo genere, il vaccino è stato sviluppato da un azienda biofarmaceutica con bandiera canadese, la Medicago, in collaborazione con GlakoSmithKline (Gsk).  
Il vaccino, attualmente ancora senza nome, è ora in attesa dell’autorizzazione da parte della Health Canada, autorità regolatoria canadese, per poter essere autorizzato nelle fasce d’età dai 18 in su.
L’OMS sta attualmente intrattenendo la discussione preliminare sul farmaco che, se autorizzato, rappresenterebbe il primo vaccino al mondo a base vegetale approvato per uso umano.

Il vaccino

La tecnologia alla base del vaccino prevede l’utilizzo delle piante, in particolare nella Nicotiana benthamiana, come bioreattori per produrre delle particelle non infettive che però sono in grado di simulare il virus bersaglio senza attivare quello effettivo. Nativa dell’Australia, la Nicotiana veniva utilizzata come stimolante grazie alla presenza di nicotina e altri alcaloidi. Ad oggi è una delle piante più utilizzate nell’ambito della ricerca a causa dell’ampio numero di virus in grado di infettarla. Le strutture prodotte da Medicago sono quindi strutture non infettive che prendono il nome di Vip (Virus-like particles). Con il sistema sviluppato le proteine crescono e si sviluppano attraverso la pianta, una volta raggiunto il quantitativo desiderato si procede all’estrazione e alla purificazione. La scelta dell’azienda canadese è stata quella di produrre la proteina Spike del CoronaVirus, in questo modo i Vip imitano la struttura nativa dei virus permettendo quindi il riconoscimento da parte del sistema immunitario che è quindi in grado di indurre una risposta immunitaria simile alla normale infezione. I Vip tuttavia, pur emulando la proteina Spike, mancano di materiale genico di base, non sono perciò infettivi e quindi non sono in grado di replicare.

vaccinati Covid-19

Efficacia del vaccino

Per l’autorizzazione le autorità competenti hanno valutato i dati di sicurezza ed efficacia ottenuti dallo studio di 24 mila volontari di età maggiore ai 18 anni. I risultati hanno indicato un’efficacia contro i sintomi  del Covid pari al 75,3% nei casi di variante Delta e del 71% se prendiamo in esame tutte le altre varianti, fatta eccezione per la Omicron diventata prevalenti dopo la conclusione dello studio. La maggior parte degli effetti collaterali, da quanto riportato dai ricercatori, rappresentano sintomatologia di entità lieve, tra cui stanchezza e febbre. Il vaccino viene poi somministrato in due dosi, a distanza di 21 giorni, con un adiuvante che contribuisce ad aumentate la risposta immunitaria e a ridurre la quantità di antigene richiesta per dose, consentendo dunque la produzione di un maggior numero di dosi. La vaccinazione è stata indicata per fasce d’età comprese tra i 18 e i 64 anni: questo perché i dati per le persone con più di 65 anni sono ancora troppo limitati.

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È importante avere vaccini diversi, per raggiungere con la vaccinazione sempre più persone e per percorrere nuove strade di ricerca che potrebbero rivelarsi utili anche in futuro

-Massimo Andreoni

Questa tecnologia quindi permette lo sviluppo di una nuova tipologia di vaccino, che differisce completamente da quello ad mRNA prodotto da Pfizer o Moderna, che permette una maggiore differenziazione nelle proposte di vaccinazione e apre nuove speranze per raggiungere la copertura globale di popolazione vaccinata.