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Vedere per credere? Scoperto il meccanismo alla base dei falsi ricordi

Vedere per credere? Il meccanismo alla base dei falsi ricordi

Quante volte l’abbiamo ripetuto: voglio vedere per credere. Associamo quindi la visione alla verità, ma se non fosse proprio così? Gli eventi di dissociazione tra la realtà e quello che crediamo di vedere non sono solo collegati a patologie cliniche, come ad esempio la schizofrenia. Esiste infatti anche il fenomeno dei falsi ricordi, detto anche di confabulazione. Si tratta di ricordi non autentici, del tutto irreali o alterati solo in parte rispetto alla realtà. Essenzialmente si realizza in noi una percezione errata di quello che accade. Gli studiosi si sono quindi interrogati sull’origine di questo fenomeno e hanno cercato di valutare se fosse possibile distinguere in due fenomeni la percezione visiva e la sua interpretazione soggettiva. Un gruppo di ricerca guidato dall’Università di Bologna in collaborazione con l’AUSL di Bologna e l’Università di Glasgow ha analizzato questi meccanismi, ricavandone interessanti risultati.

Vedere per credere? Il meccanismo alla base dei falsi ricordi

Come nascono i falsi ricordi? Il primo esperimento

Nello studio sono state coinvolte 92 persone, sottoposte a tre diversi esperimenti. Nel primo 24 partecipanti sono stati posti davanti a un riquadro in cui veniva proiettata una scacchiera bianca e nera per 60 millisecondi, in alcuni casi anche con dei cerchi grigi all’interno. Il compito assegnato era quello di riferire se avevano visto o meno questi cerchi. Nel frattempo, la loro attività cerebrale è stata monitorata tramite 64 elettrodi per ottenere un elettroencefalogramma (EEG).

Il segnale che ha colpito gli studiosi è stato quelle delle onde alfa: si tratta di oscillazioni nel range che va dai 7 ai 13 Hz che sono normalmente associate agli stati di rilassamento. In particolare, è stato osservato che a frequenze maggiori delle onde alfa sono associate risposte esatte, ovvero un rilevamento corretto del mondo esterno. La loro misura in ampiezza, invece, incide sulla rappresentazione soggettiva della visione, ovvero sull’interpretazione del mondo esterno. Il processo oggettivo è quindi legato alla frequenza delle onde alfa, mentre quello soggettivo alla loro ampiezza. In pratica più le oscillazioni erano veloci e più le risposte date dai partecipanti sono state corrette, mentre maggiore era l’intensità del segnale e minore era la sicurezza dei partecipanti nel dare la loro risposta.

Vedere per credere? Il meccanismo alla base dei falsi ricordi

Secondo e terzo esperimento

Nel secondo e terzo esperimento i ricercatori hanno voluto validare i risultati osservati nella prima prova. Per farlo è stata impiegata la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS). Si tratta di una tecnica con la quale è possibile manipolare le oscillazioni cerebrali. I partecipanti di queste due nuove prove hanno svolto lo stesso esercizio già proposto nel primo esperimento, ma in questo caso prima della presentazione dello stimolo visivo è stato somministrata una stimolazione ritmica di 5 treni di impulsi TMS di intensità fissata al lobo occipitale destroVariando prima la frequenza e poi l’ampiezza delle onde alfa gli studiosi hanno potuto confermare le ipotesi dedotte dai dati che avevano ricavato precedentemente. In pratica è stato confermato che modulando questi due aspetti sono variati anche accuratezza e sicurezza con cui i partecipanti percepivano l’immagine.

Vedere per credere? Il meccanismo alla base dei falsi ricordi

L’importanza dei risultati

I falsi ricordi, quindi, hanno un meccanismo ben preciso alla loro base. Tramite questa ricerca è stato infatti possibile dimostrare che l’immagine oggettiva e l’interpretazione soggettiva sono meccanismi distinti. Ovviamente i due fenomeni sono anche fortemente correlati, in quanto avvengono una serie di modulazioni reciproche dei due segnali. L’integrazione di questi due fenomeni deve quindi essere ulteriormente analizzata per capirne a pieno il funzionamento. 

Tuttavia già solo questa nuova scoperta apre potenziali possibilità di trattamento per pazienti psichiatrici o neurologici con disturbi di dissociazione. Gli studiosi hanno infatti dimostrato che tramite una stimolazione neurale non invasiva è possibile modulare selettivamente i due fenomeni. Oltre a ciò, si tratta di un altro importante tassello nella conoscenza del funzionamento del nostro cervello