Da qualche mese l’India ha registrato un aumento nel numero di casi di mucormicosi, o più comunemente conosciuta come malattia da fungo nero. Si tratta di una patologia piuttosto rara, con un alto tasso di letalità, che si sta diffondendo molto tra le persone con basse difese immunitarie, in particolare pazienti debilitati dai sintomi causati dal coronavirus. Le autorità sanitarie indiane parlano addirittura di epidemia dentro la pandemia, a causa dell’aumento repentino di diagnosi effettuate negli ultime settimane.
I funghi sono dei microrganismi, invisibili all’occhio umano, che crescono praticamente ovunque in natura. Li troviamo nel terreno, nell’acqua, nell’aria e, persino, nel nostro stesso organismo. Ad ogni tentativo di invasione da parte dei funghi, il nostro corpo schiera difese immunitarie che, nel caso di buona salute, sono sufficienti a boicottare l’attacco fungino. In presenza di problemi congeniti, di assunzione di farmaci che riducono l’attività immunitaria, o di pazienti con sistema immunitario compromesso, è possibile che questi microrganismi riescano a battere le difese e ad iniziare a proliferare, causando delle infezioni più o meno gravi.
Le infezioni fungine, o micosi, possono essere più superficiali, riguardando soprattutto il tessuto cutaneo, oppure più profonde, quando sono a carico di altri tessuti. La severità con cui si manifestano dipende anche dal tessuto che viene colpito. Le forme più comuni sono quelle che si localizzano nelle pieghe cutanee, nella superficie compresa tra le dita dei piedi e nelle unghie. Altre coinvolgono le membrane mucose, quali bocca e genitali. I funghi che riescono a penetrare più in profondità tramite lesioni a livello cutaneo possono essere piuttosto aggressivi e causare infezioni nei muscoli, nel tessuto connettivo, nelle ossa, fino ad arrivare ai polmoni e, nei casi più gravi, al sangue.
L’infezione da fungo nero, o mucormicosi, è causata da funghi che fanno parte della famiglia dei Mucorales, che comprendono le specie Rhizopus, Rhizomucor, e Mucor.
Le infezioni vengono provocate dalla crescita di questi funghi all’interno e intorno ai vasi sanguigni. Esistono diversi tipi di infezioni: le più frequenti colpicono la zona rinocerebrale, ovvero i seni nasali e il cervello, altre invece attaccano la zona polmonare e gastrointestinale. Tendenzialmente, la mucormicosi diventa riconoscibile quando colpisce le mucose nasali e il palato, provocando delle lesioni necrotiche che causano dolore, febbre, proptosi, perdita della vista e secrezioni nasali purulente. L’infezione può aggravarsi e progredire fino a colpire la zona cerebrale, causando trombosi, attacchi epilettici, alterazione del linguaggio e paralisi di uno dei due lati del corpo, spesso con esito letale.
Che legame c’è quindi tra COVID-19 e questo fungo?
Tra le varie cure utilizzate per i pazienti COVID ci sono anche gli antinfiammatori steroidei (cortisonici). Sebbene possa sembrare poco intuitivo, queste sostanze hanno la principale funzione di bloccare parte dell’azione del sistema immunitario. Considerando che sono proprio le cellule del sistema immunitario quelle responsabili nei processi di difesa da batteri e virus, per quale ragione dovrebbero essere somministrati dei farmaci per ridurre la loro azione? Può succedere che la risposta del sistema immunitario sia così violenta da causare infiammazioni alle vie respiratorie, dove si è insinuato il coronavirus. Queste reazioni sono così severe che possono danneggiare ulteriormente i tessuti e, per questa ragione, si può ricorrere all’utilizzo di steroidi per modulare questa risposta e renderla più tollerabile per l’organismo.
Tuttavia, la conseguenza più intuitiva all’utilizzo di questo tipo di farmaci è che si espone il corpo a possibili infezioni batteriche secondarie, ragion per cui ai pazienti ricoverati per COVID-19 vengono somministrati spesso antibiotici in via preventiva. Nel caso di infezioni fungine, i medici lavorano modulando steroidi e antimicotici, in modo tale che il corpo sia in grado di superare l’infezione senza generare ulteriori danni ai tessuti. Tuttavia, è comunque possibile che le difese siano così basse da permettere a batteri e funghi di penetrare e infettare l’organismo.
Per quanto sia un’infezione particolarmente aggressiva e con un tasso di letalità molto alto, la mucormicosi è piuttosto rara. L’India registrava un numero di casi superiore rispetto a molti altri Paesi già prima della pandemia. La situazione si è poi inasprita in seguito alla seconda ondata del coronavirus, colpendo in particolare i pazienti diabetici, più a rischio di incorrere in quest’infezione.
La diagnosi di infezione da fungo nero richiede estrema prudenza e prevede il prelievo di campioni di tessuto per accertarne la presenza. Molto spesso l’esame deve essere effettuato più volte perchè le aree di tessuto necrotico non contengono tracce di microrganismi. Quindi, a causa dei tempi e dei costi della procedura, quest’operazione in molti Paesi non sempre viene applicata come diagnosi di routine.