Innovazione

La nuova diagnosi parte dalle lacrime: iTEARS

Una sfida sempre più interessante per il mondo della ricerca riguarda la distinzione e la diagnosi di malattie, insieme al monitoraggio della progressione delle stesse, per via non invasiva. Una ricca fonte di queste informazioni è fornita dagli esosomi. Si tratta di piccole vescicole che rivelano funzioni specifiche in processi biologici come l’immunoregolazione, l’angiogenesi, la proliferazione tumorale o la migrazione cellulare. Questi complessi si trovano nei fluidi corporei, ma un gruppo di ricercatori si è concentrato sulla loro presenza nelle lacrime per condurre il nuovo studio. Il risultato è un dispositivo che sarebbe in grado di aiutare nella diagnosi proprio grazie all’analisi delle lacrime.

Come eseguire una diagnosi tramite le lacrime? L’idea alla base del dispositivo

Le lacrime, come accennato, sono una preziosa fonte di esosomi. Esse condividono una serie di componenti con il sangue, motivo per cui sono così ricche di importanti informazioni su patologie correlate agli occhi e all’intero corpo. Alcuni esempi già dimostrati riguardano il glaucoma, la sindrome dell’occhio secco e la sclerosi multiplaIn tutti questi casi è infatti stata osservata la possibilità di osservare le proteine correlate alla risposta immunitaria o altre molecole segnale indici di queste condizioni. Anche per il tumore alla mammella sono stati individuati indicatori simili, oltre a delle potenziali vie per controllare gli effetti dei trattamenti di cura.

Nonostante tutte queste potenzialità, la strada dell’analisi di esosomi non è stata seguita. Il processo è infatti complicato e la raccolta dei campioni laboriosa. Il gruppo di ricerca è quindi partito da un dispositivo da loro precedentemente sviluppato. Esso si basava su una serie di piattaforme con nanofiltri in grado di isolare e analizzare esosomi prelevati da plasma e urina. Per passare all’applicazione sulle lacrime, però, è stato necessario modificare il progetto.

Il dispositivo, chiamato iTEARS (Incorporated Tear Exosomes Analysis via Rapid-isolation System), si basa quindi su una pressione negativa oscillante, che riduce le eventuali ostruzioni del sistema. La separazione utile dei campioni è quindi ottenibile in soli 5 minuti e utilizza lacrime prelevate tramite il semplice test di Schirmer per eseguire la diagnosi di una serie di malattie. Nel dispositivo è anche possibile marcare particolari proteine con sonde che ne permettono la quantificazione tramite altri strumenti di analisi.

I test sul dispositivo: diagnosi di sindrome dell’occhio secco e retinopatia diabetica usando le lacrime

I ricercatori sono riusciti a testare il funzionamento del dispositivo nella distinzione tra pazienti sani e pazienti con varie tipologie di sindrome dell’occhio secco. Questo è stato possibile grazie alla quantificazione di alcune proteine rivelatesi particolarmente utili: CALML5, KRT6A e S100PInoltre, anche la retinopatia diabetica è risultata chiaramente individuabile tramite questo tipo di test. In particolare, i microRNA miR-145-5p, miR-214-3p, miR-218-5p e miR-9-5p appaiono sregolati nell’avanzamento della malattia, e sono quindi anche potenzialmente utilizzabili nel monitoraggio della progressione di questa condizione. Ulteriori sviluppi e analisi, poi, potrebbero ampliare le possibilità di utilizzo di iTEARS. 

Ricerca scientifica e innovazione tecnologica

La ricerca scientifica è al continuo lavoro per introdurre innovazioni in grado di risolvere problematiche aperte. In questo caso un dispositivo come questo riesce infatti a svolgere il compito della diagnosi con una via del tutto non invasiva, ovvero tramite la semplice raccolta di lacrime. Questa funzione è particolarmente importante. Ad ora, infatti, questo tipo di processo si basa solitamente su dei sintomi di partenza, riportati dal paziente, cui seguono lunghi e complicati iter di analisi di campioni spesso difficili da raccogliere. Le tempistiche sono dunque estese, ma iTEARS potrebbe rivoluzionare questo processo velocizzando e semplificando gli step necessari. Ovviamente il dispositivo è solo a una prima fase del suo sviluppo. Esso richiede quindi ulteriori perfezionamenti e analisi per poter essere impiegato nella pratica clinica. Tuttavia solo questi risultati sono promettenti e possono ispirare l’innovazione scientifica e tecnologica anche per nuovi device simili.

Published by
Linda Carpenedo