L’emorragia intracerebrale (ICH) è una malattia devastante che presenta un’elevata mortalità ed un difficile recupero. Questa patologia porta ad una bassa qualità della vita e a gravi deficit neurologici in coloro che riescono a sopravvivere. Attualmente, gli studi dimostrano che tra i pazienti che ricevono una terapia fin dall’inizio, nel 50% dei casi si nota un peggioramento delle condizioni prima di 28 giorni. Perciò per i ricercatori risulta fondamentale lo studio di possibili terapie per tale disturbo.
L’emorragia intracerebrale è la seconda causa più comune di ictus. I vasi sanguigni trasportano il sangue da/verso il cervello; le arterie o le vene possono lesionarsi sia per una variazione di pressione che per un trauma. Il rapido accumulo di sangue all’interno del parenchima cerebrale porta all’aumento della pressione intracranica (ICP) e alla riduzione del flusso sanguigno che si traduce in danni cerebrali primari. Solo un quarto del deterioramento cerebrale correlato all’emorragia intracerebrale si verifica nelle prime 24 ore; mentre la maggior parte si verifica durante la fase secondaria, in cui accade la lisi delle cellule del sangue e la produzione di prodotti neurotossici. Quest’ultima fase, senza un trattamento efficace, diventa esponenzialmente mortale.
L’emorragia intracerebrale può essere caratterizzata da un’insorgenza linearmente progressiva di una durata da minuti ad ore. Purtroppo, a volte, l’evoluzione del disturbo può essere simile a quella di un ictus ischemico, con insorgenza improvvisa dei sintomi. In particolare i sintomi dipendono dall’area in cui si verifica l’emorragia ed includono:
Il trattamento si concentra prevalentemente sull’arresto del sanguinamento, sulla rimozione del coagulo e sull’alleviamento della pressione sul cervello. Tuttavia, il danno causato dall’aumento della pressione cerebrale per un lungo periodo può essere irreversibile. In breve, esistono due tipologie di trattamento: quello chirurgico e quello non chirurgico.
Dunque, tra i trattamenti non chirurgici sono inclusi:
Mentre, i trattamenti chirurgici comprendono:
Recentemente, un team di ricercatori ha rilevato che una proteina specifica ha la capacità di entrare essenzialmente nel sito della lesione e ripulire la zona cerebrale colpita. Si è presa in considerazione la proteina in questione, il fattore di crescita dopaminergico cerebrale (CDNF), per il suo potenziale utilizzo come trattamento per il morbo di Parkinson. In aggiunta i ricercatori hanno scoperto che CDNF aumenta anche la risposta delle cellule immunitarie dopo l’emorragia intracerebrale. Questa proteina incoraggia le cellule immunitarie nel cervello a consumare e rimuovere i rifiuti e i detriti dopo l’emorragia; perciò risulta fondamentale per un possibile recupero del cervello.
Dalle analisi eseguite in un modello animale è emerso che la proteina CDNF ha:
Il CDNF ha ridotto lo stress cellulare nell’area circostante il sito dell’emorragia cerebrale ed ha promosso la pulizia delle tossine grazie alle cellule immunitarie.
In altre parole si è scoperto che CDNF agisce sulle cellule immunitarie nel cervello colpito da emorragia intracerebrale. Questo aumentando i mediatori antinfiammatori e sopprimendo la produzione delle citochine proinfiammatorie che sono responsabili della segnalazione cellulare. In conclusione, si tratta di un passo significativo verso il trattamento delle lesioni causate da emorragia cerebrale, per le quali attualmente non esiste una cura.