Esistono svariate cure sperimentali che ci permettono quantomeno di intuire quanto la ricerca mondiale stia concentrando gran parte dei suoi sforzi e delle sue risorse nella lotta contro i tumori. Basti pensare alle CAR-T cells nella terapia genica, a un possibile vaccino, a esami rapidi per predire recidive e alla crioterapia.
Rappresentano tutte sfide innovative e promettenti volte ad aprire nuovi orizzonti nella cura e nella diagnostica: la radioterapia flash, invece, cambierebbe alla radice un paradigma ormai consolidato della prassi terapeutica antitumorale. Infatti, nella radioterapia Flash un intero ciclo di radioterapia verrebbe sostituito da una singola somministrazione di un secondo.
Alcuni ricercatori a livello mondiale stanno investendo tempo e risorse in questa speranza: negli USA l’Università di Pennsylvania e in Italia un team di risorse sinergiche dall’Istituto nazionale di ottica e l’Istituto di fisiologia clinica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana e l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).
Premesso che ogni tumore richieda un approccio paziente-specifico, con tempi di cura differenti, si possono brevemente distinguere i seguenti strumenti messi a disposizione dalla medicina per un iter terapeutico:
Più nello specifico, la radioterapia convenzionale è un trattamento ciclico che si avvale di radiazioni ionizzanti per la distruzione delle cellule delle neoplasie. In genere le radiazioni sono rappresentate dai raggi X oppure gamma.
Cosa sono dunque le radiazioni ionizzanti? Onde elettromagnetiche a elevata energia in grado di uccidere le cellule danneggiando il loro DNA. Le radiazioni vengono prodotte da un’apparecchiatura sofisticata detta LINAC (Acceleratore lineare) che permette di dirigerne il fascio verso una regione precisa e limitata, evitando di irradiare le cellule sane circostanti.
Le radiazioni impediscono alle cellule colpite di moltiplicarsi a causa dei danni irreversibili al DNA, inducendo così il tumore a regredire progressivamente. Obiettivo chiave: evitare, per quanto sia possibile, la distruzione delle cellule sane poste vicino alla zona malata. Infatti, le cellule sane riceverebbero lo stesso trattamento distruttivo, portando a lesione dei tessuti e all’insorgenza degli effetti collaterali.
I ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno scoperto che la radioterapia a dose ultraelevata, detta “FLASH”, mantiene invariata la risposta tumorale rispetto a quella convenzionale a fotoni, riducendo però il danno tissutale.
Infatti, come già accennato, l’intero ciclo radioterapico viene somministrato in un’unica seduta nel giro di un tempo brevissimo: un solo secondo. Il risultato? I tessuti sani vengono “risparmiati” grazie alla brevissima esposizione.
La chiave è stata la capacità di generare una dose ultraelevata con i protoni: è la prima volta che vengono pubblicati risultati che dichiarano la fattibilità dell’uso di quest’ultimi a discapito degli elettroni. Questo studio dimostra che gli acceleratori di protoni possono essere utilizzati, con opportune modifiche, per ottenere dosi FLASH di radioterapia con gli effetti attuali.
Il team ha dovuto sviluppare ad hoc gli strumenti necessari per rilevare le dosi di radiazioni in quanto quelli standard apparivano rapidamente saturi. Il Roberts Proton Therapy Center, che comprende una sala dedicata a questo tipo di ricerche, ha reso possibile la sperimentazione di questa radioterapia.
La Fondazione Pisa ha finanziato con 1,3 milioni di euro il progetto di ricerca “Electron Flash Therapy” condotto dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa, il CNR e l’INFN. La loro linea di ricerca si pone come obiettivo di approfondire l’effetto FLASH: è l’effetto radiobiologico, sperimentato sugli animali, che rende possibile risparmiare i tessuti sani somministrando la dose di radioterapia in tempi di frazioni del secondo, ottenendo gli stessi effetti terapeutici della convenzionale, come già accennato.
In questo studio l’attenzione è rivolta a fasci di elettroni ad alta energia prodotti con alcuni nuovi acceleratori basati su laser intensi. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports, aprendo così la strada a nuovi protocolli radioterapici anche in Italia.
Se la radioterapia flash sarà confermata e approvata per l’uso ospedaliero, i presidi sanitari dovranno dotarsi di nuove macchine in grado di erogare radioterapia in regime flash, attualmente non disponibili, se non a livello sperimentale. Si apre quindi una fase cruciale di sviluppo che vedrà il CNR al centro di collaborazioni multidisciplinari con la partecipazione di aziende di alta tecnologia
Responsabile dell’Istituito nazionale di ottica del CNR sezione di Pisa, Leonida Gizzi
È stato recentemente costituito anche il Centro Pisano Multidisciplinare sulla Ricerca e Implementazione Clinica della Flash Radiotherapy (CPFR) che permette di coniugare sinergicamente le competenze cliniche e scientifiche sul suolo pisano per lo sviluppo di questo promettente progetto.