L’ultima vittima del vaiolo è stata la fotografa medica Janet Parker a causa di un incidente di laboratorio avvenuto a Birmingham. La Parker morì l’11 settembre 1978. Due anni dopo, nel 1980, l’OMS dichiarò che “il mondo e i suoi popoli hanno ottenuto la libertà dal vaiolo” e nel 1981 fu abolita definitivamente la vaccinazione antivaiolosa.
Il vaccino contro il vaiolo fu il primo vaccino della storia, introdotto nel 1796 dal dottore Edward Jenner. Il medico inglese estrasse il contenuto delle lesioni cutanee da una donna infetta, inoculandolo poi in un bambino di otto anni: la prima persona mai esistita ad essere resa immune da un vaccino.
In quegli anni nelle campagne inglesi, numerosi contadini contrassero una malattia simile al vaiolo, ma con sintomi meno gravi, associata al Cowpox, il virus del vaiolo bovino. E.J. notò che i soggetti infetti da questo virus risultavano essere immuni al vaiolo che nei centri urbani stava decimando la popolazione. Da qui la grande intuizione: allestire il vaccino dal vaiolo delle vacche. Questo grande esperimento sugli esseri umani fu descritto da Jenner in un libro “An Inquiry into the Causes abd Effects of the Variolae Vaccinae”, dal cui nome Pasteur, in onore dell’ormai celebre medico inglese, coniò il termine vaccino (‘delle vacche’).
Il Vaiolo è una malattia di origine virale, tra le più distruttive per l’umanità. Il virus chiamato Variola fa parte della stessa famiglia del Monkeypox Virus (il virus delle scimmie) alla quale appartiene anche il virus del vaiolo bovino (Cowpox virus).
Il virus non sopravvive negli animali, ma solo negli uomini dove si manifesta in due forme: l’infezione da Variola Major, più comune e pericolosa con tasso di letalità è stimato intorno al 30%, e quella Minor il cui tasso di letalità si aggira attorno all’1%.
Si presenta con eruzioni cutanee simili alla varicella, con cui veniva spesso confuso, la cui comparsa è preceduta da un insieme di sintomi che ricordano quelli dell’influenza (febbre, malessere, cefalea). Le lesioni cutanee contenti il virus, cadono in circa un mese lasciando cicatrici permanenti su vaste aree del corpo. La mortalità è correlata ad un’importante risposta infiammatoria associata a shock e insufficienza multiorgano, che porta alla morte in circa due settimana dalla comparsa dei sintomi.
La trasmissione dell’infezione avviene per contatto diretto con il virus contenuto all’interno delle lesioni, oppure per via indiretta tramite biancheria da letto. Il contagio può avvenire anche attraverso la diffusione delle goccioline respiratorie emesse con tosse e starnuti.
Dopo quasi tre anni passati a preoccuparci del Covid, ecco un nuovo virus che, dopo il salto di specie, sta iniziando a creare nuove preoccupazioni: il Vaiolo delle Scimmie. Un virus che si presenta simile alla sua controparte umana, ma con le dovute differenze.
Il vaiolo delle scimmie a differenza di quello umano è meno pericoloso e si manifesta nell’uomo raramente e soltanto se questo entra a contatto diretto con saliva o fluidi corporei dell’animale infetto. Da uomo a uomo il virus si trasmette esattamente come quello del vaiolo umano, ma con minore facilità e soprattutto sembra non sia possibile infettarsi in maniera asintomatica.
Anche da un punto di vista clinico, i sintomi dei due virus tendono a sovrapporsi, ma a differenza di quello umano, il vaiolo delle scimmie regredisce in modo autonomo in circa due settimane, senza che sia necessaria una terapia specifica. Più grave il decorso della malattia nei bambini. Ricordiamo inoltre che le persone che in passato hanno ricevuto la vaccinazione contro il vaiolo, dovrebbero godere di una parziale immunizzazione contro l’odierna minaccia.
Con il termine spillover si definisce il momento in cui un patogeno (più frequentemente virus) passa da una specie all’altra, dando origine ad una zoonosi. Questi eventi sono sempre più frequenti per motivazioni puramente probabilistiche: l’habitat selvatici di specie animali tende sempre più ad essere invaso dall’uomo, prolungando i tempi di contatto tra l’uomo e l’animale portatore e aumentando la probabilità che il virus acquisisca mutazioni che lo rendano in grado di infettare l’uomo.
Nel corso della storia si sono verificati numerosi eventi di spillover che hanno dato luogo a zoonosi più o meno preoccupanti. Tra tutte ricordiamo l’Ebola, proveniente dai pipistrelli; l’influenza aviaria e, ovviamente, è impossibile non citare l’attuale Coronavirus.