Come ben si sa, praticare attività sportiva, ad ogni età, apporta enormi benefici non solo a livello fisico, ma anche mentale: aiuta a mantenersi in forma, a rafforzare i muscoli e le ossa, migliora l’attività cardiovascolare, aiuta a ridurre lo stress e migliora l’umore. Sono numerose le persone che praticano quotidianamente attività fisica ed il loro numero è aumentato drasticamente negli ultimi 10 anni, in particolare durante il periodo di chiusura verificatosi in seguito alla diffusione del COVID-19. Infatti, la “reclusione forzata” ha spinto differenti persone ad iniziare a praticare attività fisica per poter rimanere in forma e rafforzare il sistema immunitario e in generale il proprio corpo. Tuttavia, in alcuni casi l’amore e la passione per lo sport possono trasformarsi in una vera e propria dipendenza e ossessione: quando ciò succede, si parla di vigoressia.
La vigoressia, detta anche anoressia riversa, è un disturbo dell’ immagine corporea, che nel DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) rientra nella categoria “Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo”. Gli individui che presentano questo disturbo sviluppano un’elevata dipendenza sia nei confronti dell’esercizio fisico sia nei confronti del loro aspetto. Questi soggetti, inoltre, tendono a sviluppare una certa fissazione anche nei confronti dell’alimentazione, portandoli ad evitare il consumo di alcuni alimenti, soprattutto di quelli considerati poco sani per la salute.
Tuttavia, a differenza dell’ anoressia nervosa che interessa principalmente il genere femminile, la vigoressia è particolarmente diffusa nei maschi di età compresa tra i 15 e i 30 anni circa, che praticano attività sportive volte all’incremento della propria massa muscolare, come il football americano, il wrestling e, in particolar modo, il body-building. Si stima che circa 100 mila persone nel mondo soffrono di questo disturbo. Il numero è particolarmente alto tra i frequentatori delle palestre: circa il 10% presenti questo problema.
I fattori che possono portare allo sviluppo di questa ossessione nei confronti dell’ attività fisica e del proprio aspetto sono differenti e includono fattori sociali, psicologici e biologici. Generalmente, uno dei motivi principali è l’insoddisfazione nei confronti del proprio aspetto fisico. A differenza dei soggetti affetti da anoressia nervosa, che vedono il loro corpo sempre eccessivamente grosso, i soggetti affetti da vigoressia, si vedono troppo esili, “inadeguati” e, di conseguenza, cercano ossessivamente di incrementare la propria massa muscolare per potersi sentire più sicuri con loro stessi.
Inoltre, i social e i mass-media non fanno altro che incrementare questa ossessione, diffondendo una immagine di fisico abbastanza artificiosa e “poco” conforme alla realtà. Questo ovviamente spinge le persone che presentano già di per sé poca autostima a voler essere come qualcuno d’altro, mettendo a rischio la propria salute.
Affinché la vigoressia possa essere diagnosticata ad un individuo, è necessario che quest’ultimo mostri i sintomi delineati dal DSM-5. Infatti, non è detto che se un individuo è interessato al culturismo sia necessariamente da considerare malato. Secondo il DSM-5, i soggetti affetti da vigoressia possono presentare i seguenti sintomi:
Trattare la vigoressia non è affatto semplice, in quanto la maggior parte dei pazienti affetti pensano di non possedere alcun problema. Proprio per questo, una delle difficoltà principali sta nel riuscire a convincere il paziente che soffre di questa malattia e che quindi ha bisogno di aiuto. Una volta aver superato questo primo step, sarà possibile iniziare una terapia di psicoterapia cognitivo-comportamentale, anche associata ad una terapia farmacologica a base di psicofarmaci di tipo SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Di fondamentale importanza risulta essere anche il supporto da parte di amici e famigliari, che possono aiutare, motivare e supportare il paziente durante il suo percorso. La terapia può avere una prognosi positiva solo se il paziente accetterà di sottoporsi alle cure previste e di partecipare in maniera costante alle sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale.
A cura di Denise Zuccotti.